Recensione subconscious cruelty regia di Karim Hussain Canada 1999
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Recensione subconscious cruelty (1999)

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locandina del film SUBCONSCIOUS CRUELTY

Immagine tratta dal film SUBCONSCIOUS CRUELTY

Immagine tratta dal film SUBCONSCIOUS CRUELTY

Immagine tratta dal film SUBCONSCIOUS CRUELTY

Immagine tratta dal film SUBCONSCIOUS CRUELTY

Immagine tratta dal film SUBCONSCIOUS CRUELTY
 

Il cervello umano è diviso in due metà, unite al centro della cavità cerebrale da un tessuto (corpo calloso). Per curare certe anomalie,come l'epilessia, qualche volta le due metà del cervello venivano separate chirurgicamente. Dalle esperienze e dalle osservazioni fatte dalle persone che si sono sottoposte a questo tipo di intervento, si è scoperto un fatto notevole. Da un punto di vista generale, la metà sinistra del nostro cervello funziona in maniera diversa da quella destra. Ciascuna di esse vede il mondo in maniera differente.
La metà sinistra percepisce il mondo in maniera lineare [...].
L'emisfero destro, invece, percepisce schemi interi [...].
Per dare una definizione approssimativa si potrebbe dire che l'emisfero sinistro è quello RAZIONALE, mentre quello destro è IRRAZIONALE.
- Gary Zukav -

"Destroy the left brain. Destroy your lies." - Subconscious Cruelty -

Il film di Hussain inizia così: con una premessa neuroanatomica a cui fa seguito un invito all'uccisione della ragione.
Uhm... Carne fresca per il fuoco surrealista? Purtroppo no... Oddio; per onestà intellettuale si deve dire che di carne in questo titolo ce n'è, e in abbondanza, ma è sul controllo freschezza che si riservano dei dubbi. Il regista canadese, infatti, si limita a riprendere il discorso "onirico" iniziato, e sostanzialmente esaurito, dalle avanguardie cinematografiche degli anni '20, ci aggiunge violenza a badilate e una spruzzata di retorica da discount... Il risultato? Già visto.

Dal punto di vista narrativo "Subconscious cruelty" si presenta come il classico film a episodi.
Il primo, dal titolo "Ovarian eyeball", è una simpatica rivisitazione del programma "sala parto", mentre "Human Larvae" dipinge l'orrore come fosse parte dell'amore, chiamando in causa il tema trattato nel primo episodio: un uomo tormentato accudisce la sorella gravida ma al momento del parto il suo amore diviene pazzia.
Con "Rebirth" Hussain si rifà ad un concetto abbozzato dal personaggio Olmo nel film "Novecento", a sua volta debitore della tribù dei Kuru descritta in "Mondo Cane". Il problema è che senza l'innocenza fanciullesca di Bertolucci o gli intenti documentaristici di Jacopetti e Prosperi, vedere qualcuno che "incula la terra" lascia un po' indifferenti.
"Right Brain/Martyrdom", infine, è la più blasfema, sconcertante e culturalmente superficiale critica al cristianesimo che si sia vista su schermo.

Tecnicamente parlando siamo dinanzi ad un prodotto ben realizzato: ottima fotografia ed eccellenti effetti speciali. Sul piano contenutistico, invece, è meglio tacere.
Il problema principale di questo titolo è che il suo regista non accetta compromessi. L'accostamento veemenza/delicatezza, già di per sè arduo, è voluto a tal punto da rendere nauseante la semplice forzatura. Pensate a pellicole come "Audition" o "La mosca"; ciò che conferisce loro perfezione è l'equilibrio tra le parti, e non l'esagerazione.
Bene: voi con cosa riequilibrereste la sodomia di Cristo divorato da tre prostitute che non paghe gli pisciano pure addosso? Hussain lo fa con un fiore. L'ossessione di "dover" creare un prodotto artistico ha fatto precipitare il film nel baratro della banalità. Non solo: la volontà di porvi morali assolute allontana la pellicola da quella che avrebbe dovuto essere la sua vera natura.

"Subconscious cruelty" mira a razionalizzare l'incubo, preso in esame come entità tangibile nella vita quotidiana. I chiari vuoti della logica sono riempiti dalle pesanti tinte dell'istinto; la verità è finzione e la follia è lucidità.
Solo attraverso l'inversione delle capacità percettive l'uomo libera sè stesso.
Un titolo cupo, disperato e sostanzialmente finto... Puro exploitation sotto un manto d'autore.

Provocazione, arte e contenuto sono premesse decisamente ambiziose, soprattutto considerato il livello a cui il regista le trascina. Difficile pensare a una pellicola, diversa dal Salò di Pasolini, che sia riuscita a tener fede a questi intenti senza scadere nella banalità.
A ben pensarci è il problema di tutti coloro che si prendono sul serio: molti lo fanno, pochi ne sono in grado.
Hussain, dobbiamo dirlo, fallisce miseramente.

Se il tutto si fosse mantenuto sul mero piano estetico probabilmente ci ritroveremmo a tessere le lodi di un progetto coraggioso e riuscito. Ma, viste le premesse, non ci resta che optare per una "quasi bocciatura".

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Recensione a cura di Aenima - aggiornata al 26/03/2007

Il contenuto di questo scritto esprime il pensiero dell'autore e non necessariamente rappresenta Filmscoop.it

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