Recensione il sorpasso regia di Dino Risi Italia 1962
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Recensione il sorpasso (1962)

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Migliore attore protagonista (Vittorio Gassman)
VINCITORE DI 1 PREMIO DAVID DI DONATELLO:
Migliore attore protagonista (Vittorio Gassman)
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locandina del film IL SORPASSO

Immagine tratta dal film IL SORPASSO

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Immagine tratta dal film IL SORPASSO
 

Da dieci anni a questa parte, "Il Sorpasso" di Dino Risi è considerato il capolavoro della commedia all'italiana, l'affresco più riuscito dell'Italia del boom economico con tutte le sue contraddizioni.

Dalla sua uscita fino a poco tempo fa, la critica non era stata troppo benevola con questa pellicola, considerandola l'ennesima commedia di costume interessata più che altro a riunire "macchiette", in un periodo ricco di mostri sacri che da soli reggevano la scena (da Mastroianni a Tognazzi a Totò fino allo stesso Gassman) ma, a distanza di quarant'anni, quasi a riparare l'errore commesso, è arrivato il riconoscimento della mostra di Venezia, che ha onorato Dino Risi con il Leone d'Oro alla carriera.
In precedenza, pochi critici intuirono che Risi aveva preso le distanze dai canoni delle classiche commedie, analizzando con una minuzia davvero encomiabile gli anni '60, l'epopea del miracolo economico, e regalandoci due personaggi studiatissimi, incredibilmente intensi come il gradasso romano, Bruno Cortona, e il timido e impacciato studente universitario, Roberto Mariani.
Dopo il riconoscimento, l'opera sta vivendo una seconda vita: viene diffusa (mentre prima era semisconosciuta), viene studiata e apprezzata da tutti gli appassionati cinefili e anche da quei rappresentanti del cinema colto che solitamente trascurano la cultura popolare delle commedie di costume.
La vicenda dei due amici che viaggiando in auto vivono avventure avvincenti e alla fine traggono un insegnamento, una lezione di vita che li eleva e cambia la loro esistenza ricalca molti dei road movie americani; ciò che sorprende è la forza e l'originalità della sceneggiatura, scritta di concerto da Dino Risi, Ettore Scola e Ruggero Maccario, l'ottima fotografia e la vitalità dei dialoghi tra i due strepitosi protagonisti, Gassman e Trintignant (in una delle loro migliori interpretazioni di sempre), che si muovono nell'Italia delle scampagnate, delle auto sportive e delle minigonne.

La storia che Risi ci racconta è quella di Bruno (Vittorio Gassman), romano fanfarone e opportunista che vive alla giornata, e Roberto (Jean Louis Trintignant), introverso studente in giurisprudenza.
Alla vigilia di ferragosto i due s'incontrano casualmente in una Roma deserta, e da allora iniziano il loro viaggio a bordo della potente Lancia Aurelia Sport di Bruno, alla ricerca di una tavola calda dove mangiare; durante la giornata, la meta cambia continuamente e i due toccano varie località laziali dove gli italiani, che ormai possono permettersi un'auto, passano le loro vacanze estive.
Bruno è uno spaccone, sicuro di sé e spensierato, e Roberto, subendone il fascino, non ha il coraggio di farsi riportare indietro e così si fa accompagnare anche dai vecchi zii che abitano nei paraggi, scoprendo grazie alla sfacciataggine di Bruno che i suoi ricordi d'infanzia erano solo delle illusioni.
Disilluso dalla sua infanzia a cui teneva tanto, comincia a mettere in discussione tutte le sue certezze che fino ad allora lo avevano guidato: prima la laurea, poi un lavoro sicuro e redditizio e infine una bella moglie.
Cala la notte e, non avendo alcun posto in cui dormire, Bruno si dirige verso Castiglioncello, dove vivono l'ex moglie Gianna e la figlia quindicenne, Lilli (una graziosa Catherine Spaak); Roberto rimane sorpreso dal fatto che il rubacuori Bruno fosse in realtà sposato, ma scopre poi che il matrimonio era finito prestissimo proprio per l'immaturità e l'inaffidabilità di quest' ultimo.

I due amici passano la giornata ferragostana insieme, ma mentre Bruno si diverte e fa il "piacione" con le belle donne che affollano la spiaggia, Roberto è silenzioso, sempre defilato e guarda disincantato gli altri che se la spassano.
Il ferragosto passa lento e Roberto comincia a chiedersi se la sua vita la desidera davvero cosi com'è, programmata e razionale in ogni momento, oppure se lo scapestrato Bruno abbia ragione a cogliere l'attimo, a vivere alla giornata e non perdere nessuna occasione per sentirsi vivo.
Roberto comincia a sentirsi diverso, si rende conto di aver sprecato gran parte della sua esistenza programmando un futuro di cui non si può sapere nulla e ora vuole rimediare emulando il suo compagno di viaggio: chiama Valeria, la ragazza di cui è segretamente innamorato e a cui non ha mai avuto il coraggio di dichiararsi. Non trovandola in casa, convince Bruno ad accompagnarlo a Viareggio, dove la giovane si trova in vacanza.
La pellicola si conclude con Bruno e Roberto, entrambi euforici e spensierati, che a bordo della rombante Aurelia Sport si divertono a sorpassare le varie auto che si trovano davanti.
Ma un colpo di scena finale interrompe il viaggio e lascia lo spettatore senza parole.

Gli spunti di riflessione offerti da quest'opera sono innumerevoli. Innanzitutto la cura dei due personaggi principali, Bruno e Roberto, rappresentati con un'indagine introspettiva davvero degna di nota; l'adorabile gradasso Gassman (che qui raggiunge forse l'apice della sua maestria) impersona lo stereotipo del romano opportunista che nel dopoguerra vivacchia tra varie attività.
Se su Gassman è sempre stato detto molto, sulla grazia del personaggio di Roberto invece non sono mai state spese troppe parole; Trintignant è stato spesso visto più come spalla del "mattatore" che come figura capace di brillare di luce propria.
Proprio il timido Roberto sembra essere la vera sorpresa della pellicola; certo, il "topos" del giovane impacciato e insicuro non è sicuramente una novità, anzi è stato spesso usato in maniera quasi bozzettistica dal cinema italiano e non, proprio come contrappeso ad un personaggio istrionico e totalizzante che tiene in pugno la scena.
Il personaggio interpretato da un eccellente Trintignant invece è studiato in tutte le sue sfumature psicologiche e riesce perfettamente a trasmettere l'autentico imbarazzo causato dalla timidezza.

Ottima la trovata della voce fuori campo che fa "parlare" i pensieri di Roberto il quale, come tutti i timidi, si vergogna ad esporsi e fa di tutto per non essere notato. Quindi, spesso e volentieri tace.
Noi sappiamo cosa egli pensa ma per non deludere i suoi interlocutori dà la risposta più scontata, quella che lo mette meno in difficoltà (come quando rimane chiuso nel bagno del bar e fa finta di nulla, o quando si trova da solo con Gianna e vuole andarsene perché non sa cosa dire); insomma, vediamo la realtà dalla sua prospettiva e ci rendiamo conto di come anche piccoli imprevisti per una persona timida possano trasformarsi in ostacoli insormontabili.
A proposito della timidezza di Roberto, Dino Risi mette in evidenza un aspetto assolutamente interessante: la diffidenza della società nei confronti di coloro che per loro natura sono introversi e poco loquaci, come se fossero dei reietti di un corpo sociale che fa coincidere essere e apparire.
Sebbene affascinato dalla filosofia del carpe diem predicato da Bruno, Roberto non riesce a ignorare nella società che lo circonda una superficialità latente fatta di status symbol (elencati puntualmente dal cugino Alfredo: laurea, bel lavoro, bella moglie, bella auto), senza valori morali e senza il minimo progetto per il futuro.
Roberto non vuole uniformarsi ad una società in cui non si riconosce, ma l'esperienza maturata con l'amico Bruno ha aperto una breccia nella sua rigida razionalità e, pur rimanendo fermo nelle sue convinzioni etiche e morali che si porta dietro dall'infanzia, scopre che la vita è fatta di possibilità infinite, imprevisti, gioie passeggere e attimi di sconforto, ma in ogni modo vale la pena di essere vissuta.

Ciò che rende "Il Sorpasso" così importante per il nostro cinema è la sua funzione di (dettagliata) fonte storica da cui estrapolare spunti interessanti a distanza di oltre quaranta anni. Innanzitutto si nota una standardizzazione dei giovani, rapiti dalle mode del momento: frequentano le spiagge, le sale da ballo, i locali notturni. Insomma iniziano a godersi appieno la vita; tuttavia sono giovani colti che vedono nella laurea il lasciapassare per intraprendere un lavoro di successo.
D'altra parte invece la famiglia sembra incapace di dare il necessario sostegno ai giovani: il boom economico crea molteplici attività che coinvolgono i genitori che man mano si allontanano dai figli, lasciando loro solo pochi ritagli di tempo.
La donna inizia ad emanciparsi, sia nel lavoro che nelle attività di tutti i giorni e, come l'uomo, vive fino in fondo questo periodo ricco di stimoli; la ricerca edonistica del piacere, i tradimenti, i divorzi lampo diventano all'ordine del giorno e il nucleo familiare perde la sua sacralità lasciando spesso i figli con due genitori divisi (com' è successo alla famiglia di Bruno).
E' interessante notare come tutto nella società sembri invitare a consumare, a spendere i soldi in oggetti ormai divenuti cult: pensiamo alle auto sportive che i nuovi ricchi prendono ad emblema della loro agiatezza, o alle barche ormeggiate a Portofino. Ovviamente anche la classe media è invitata a spendere: deve avere un'auto per le scampagnate nelle località di villeggiatura, deve mangiare nelle trattorie a buon mercato e ascoltare le canzoni (pagando) nei juke box e inoltre la moda impone di fumare e di conseguenza tutti i locali fanno bella mostra di un bel distributore di sigarette.
In una fase di cosi marcati cambiamenti sociali, possiamo leggere nel titolo del film un'allusione non solo al sorpasso stradale, ma soprattutto ad un sorpasso culturale.
Con Bruno Cortona e Roberto Mariani il regista non solo ha avuto l'idea vincente di far incontrare (e confrontare) due generazioni diversissime, ma ha anche dipinto uno scenario sociale dai colori vivaci, che rende benissimo le ansie, le attese e le inquietudini di tutta un'epoca (il finale in tal senso è emblematico).

Numerose sono le immagini, le musiche, le battute rimaste impresse indelebilmente nella memoria collettiva; basti pensare all'Aurelia Sport di Bruno (e al suo fastidiosissimo clacson che annunciava un'interminabile serie di sorpassi) e alle avventure tragicomiche dei due amici a cui fanno da sottofondo le canzonette dei vari Peppino Di Capri ed Edoardo Vianello.
Tutto ciò contribuisce a rendere "Il Sorpasso" un'opera eccellente dall'altissima valenza storico-artistica, degna di occupare un posto d'onore nel cinema nostrano.

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Recensione a cura di Antonio Cocco - aggiornata al 26/05/2006

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