In una guerra futura tra la razza umana e le forze dell'intelligenza artificiale, Joshua, un ex agente delle forze speciali in lutto per la scomparsa della moglie, viene reclutato per dare la caccia e uccidere il Creatore, l'inafferrabile architetto dell'intelligenza artificiale avanzata che ha sviluppato una misteriosa arma con il potere di porre fine alla guerra e all'umanità stessa.
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Certamente citazionista, narrativamente non proprio solidissimo, tendente a ricercare un certo pietismo lacrimevole in alcuni momenti (vedi scene con il bambino-arma), cedevole ad un facile spettacolarismo tipicamente hollywoodiano nel finale: eppure il tema dell'A.I. che porta l'umanità ad una guerra più o meno totale e transicontinentale mi sembra di un'attualità cinematograficamente pregnante. E mi sembra coraggiosa, anche se forse semplicistica nella sua raffigurazione, la narrazione di un mondo extra-occidentale che per una volta non è schiaccato nella classica categoria interpretativa del "dispotismo orientale" ma semmai letto nella prospettiva taoista (ma anche shintoista) dell'armonia con le cose, siano macchine come in questo caso: gli Usa si pongono alfieri della distruzione dell'intelligenza artificiale senza chiedersi cosa è questa intelligenza, cosa c'è veramente dietro (la propaganda dice l'arma per distruggere l'umanità, gli altri dicono l'arma che pone fine a tutte le guerre per la pace finale): la chiava di lettura, neanche così velata, è che gli Usa puntano su un militarismo per imporsi in quanto grande potenza al di là di qualsiasi reale cognizione umanista e morale. Edwards sembra riprendere questo direttamente dalla nostra attualità: una guerra "a prescindere" con il mondo asiatico (o almeno con una parte di esso) senza lo sforzo minimo di parlarsi e comprendersi. Interessante anche il fatto che il film ribadisca che macchine o intelligenza artificiale che siano, mai bisogna perdere i legami con gli altri. Sentimenti, da quelli partire.