sugarland express regia di Steven Spielberg USA 1974
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sugarland express (1974)

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locandina del film SUGARLAND EXPRESS

Titolo Originale: THE SUGARLAND EXPRESS

RegiaSteven Spielberg

InterpretiGoldie Hawn, Ben Johnson, Michael Sacks, William Atherton, Gregory Walcott, Steve Kanaly, Louise Latham, Harrison Zanuck, A.L. Camp, Jessie Lee Fulton, Dean Smith, Ted Grossman, Bill Thurman, Buster Daniels, James N. Harrell, Frank Steggall, Roger Ernest, Guich Koock, Merrill Connally, Gene Rader, Gordon Hurst, George Hagy, Big John Hamilton, Kenneth Crone, Charles Conaway, Robert Golden, Rudy Robbins, Charlie Dobbs, Gene Lively, John L. Quinlan III, Ralph E. Horwedel

Durata: h 1.49
NazionalitàUSA 1974
Generedrammatico
Al cinema nel Novembre 1974

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Trama del film Sugarland express

Lou Jean (G. Hawn) va a far visita in carcere al giovane marito (W. Atherton) e lo convince a evadere per accompagnarla a recuperare il loro bambino, affidato a due anziani coniugi di Sugarland. L'inseguimento alla coppia, con un poliziotto che hanno in ostaggio, si trasforma in mastodontico schieramento di forze e suscita uno spropositato clamore...

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Voto Visitatori:   7,19 / 10 (32 voti)7,19Grafico
Miglior sceneggiatura (Hal Barwood, Matthew Robbins, Steven Spielberg)
VINCITORE DI 1 PREMIO AL FESTIVAL DI CANNES:
Miglior sceneggiatura (Hal Barwood, Matthew Robbins, Steven Spielberg)
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Voti e commenti su Sugarland express, 32 opinioni inserite

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  Pagina di 1  

Gruppo REDAZIONE amterme63  @  23/03/2010 21:26:23
   7 / 10
Film discreto, divertente, ben fatto. Si tratta del tipico film americano che mira a divertire con scene spettacolari o ironiche, ma che allo stesso stimola la riflessione sui valori fondanti della comunità americana (il contrasto diritto individuale – legge, famiglia naturale – norme legali). Lo stampo è classico, in quanto i protagonisti, anche se vivono fuori dalla "normalità", vengono però compresi e quasi giustificati. Alla fine però la norma ha il sopravvento su tutto e l'ordine viene ristabilito.
C'è da evidenziare la cautela e la prudenza da parte di Spielberg, il quale evoca i problemi, i mali, ma poi non ha il coraggio di trarne le conseguenze e lascia i contrasti irrisolti. Peccato, perché avrebbe potuto diventare un film memorabile.
Curiosamente questo film sembra una specie di rivalsa verso il film di Peckinpah "Getaway".
Siamo in piena provincia americana (Texas – proprio come in Getaway), nelle classi sociali basse, dove per sopravvivere è inevitabile commettere piccoli crimini e frequentare le prigioni. Bisogna dire che Spielberg edulcora molto. La prigione è una prigione modello, bella, accogliente e liberale (altro che quella di Getaway). I "criminali" sono dei giovani sbandatelli, ma tutto sommato buoni, normali, con comportamenti e vizi medio-americani, che tengono alle istituzioni tradizionali come la famiglia.
Ed è proprio l'esigenza di formare una famiglia, il motore di tutta la vicenda. I genitori sentono la sentenza di un giudice che ha tolto loro la podestà sul loro bambino come una profonda ingiustizia ad un loro diritto naturale (tipico contrasto americano). Per questo si sentono autorizzati a sfidare la legge e a usare maniere non legali, perché agiscono in nome di un'altra legge più fondante di quella scritta. Il regista li tratta in maniera molto rispettosa, con l'ironia che crea simpatia e con i loro atti di forza che creano ammirazione. C'è da dire che hanno dei caratteri contraddittori, alternando debolezze e ingenuità ad astuzie e ardore. Si vede che sono "personaggi", più che persone.
Lo stesso atteggiamento edulcorante, ironico-ammiratorio, Spielberg ce l'ha anche con le forze dell'ordine. I poliziotti sono buoni, educati, simpatici e a volte anche buffi. Si vuole riscattare questa istituzione rispetto ai film di Peckinpah; guarda caso il paterno commissario di polizia ha la stessa faccia del corrotto e perfido giudice di Getaway.
La polizia ha insomma un comportamento piuttosto ambiguo verso i due "criminali" fuggiaschi. Li deve fermare, ma quasi li favorisce e li comprende. Addirittura un poliziotto che viene preso come ostaggio, entra in grande simpatia con i suoi rapitori e si crea un rapporto di amicizia fra i tre, pur mantenendo inalterati i ruoli. Come spesso succede in America, i criminali "giustificati" diventano dei beniamini della gente e dell'opinione pubblica che quasi parteggia per loro.
Allo stesso tempo si fa vedere l'esistenza di gruppi di esaltati e fanatici che vogliono sostituirsi alla polizia e fare giustizia da soli. Questi gruppi di persone sono aspramente condannati da Spielberg, come pure l'invadenza e la curiosità della televisione.
L'esigenza di non scalfire il sacro principio della legalità ha la preminenza su tutto alla fine. C'è da dire che i due "criminali" fanno un grave errore quando confessano di voler fuggire in Messico (altro parallelo con Peckinpah), dimostrando scarso amore di patria e scatenando il palese contrappunto del commissario. A questo punto cadono tutte le ipocrisie e si mette allo scoperto l'inumanità e la crudeltà delle "forze dell'ordine".

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In una scena finale visivamente bellissima (un tramonto in controluce), il povero poliziotto "amico" sta lì colpito e meravigliato. Un regista coraggioso lo avrebbe fatto ribellare, buttare via schifato i segni del suo essere poliziotto per protestare contro l'ingiustizia, la durezza e l'inumanità. Invece no, sta lì a farsi quasi rimproverare per essersi fatto rubare la pistola. Una didascalia fornisce poi una conclusione consolatoria.
Peccato per questo epilogo neutro volutamente pro-ordine, pro-legge a tutti i costi.
Per il resto il film è un ottimo road movie (a volte sembra Convoy), divertente, ottimamente girato (l'esperienza di Duel è servita). Spielberg da questo punto di vista non delude di certo.

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