romanzo criminale regia di Michele Placido Italia 2005
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romanzo criminale (2005)

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locandina del film ROMANZO CRIMINALE

Titolo Originale: ROMANZO CRIMINALE

RegiaMichele Placido

InterpretiStefano Accorsi, Kim Rossi Stuart, Luigi Angelillo, Toni Bertorelli, Roberto Brunetti, Giorgio Careccia, Antonello Fassari, Claudio Santamaria, Pierfrancesco Favino, Anna Mouglalis, Riccardo Scamarcio, Jasmine Trinca, Elio Germano, Franco Interlenghi

Durata: h 2.30
NazionalitàItalia 2005
Generedrammatico
Tratto dal libro "Romanzo criminale" di Giancarlo de Cataldo
Al cinema nel Settembre 2005

•  Altri film di Michele Placido

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Trama del film Romanzo criminale

Il Libanese, il Freddo, il Dandi, sono i capi della banda della Magliana, che per 15 anni ha sparso il terrore in Italia. Durante questo periodo, attraverso tutte le vicende italiane come il terrorismo degli anni '80 e Mani Pulite, il commissario Scialoja si mette alla caccia della banda.

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Voto Visitatori:   7,66 / 10 (323 voti)7,66Grafico
Voto Recensore:   7,50 / 10  7,50
Miglior attore non protagonista (Pierfrancesco Favino)Migliore sceneggiaturaMiglior fotografiaMigliore scenografiaMigliori costumiMiglior montaggioMigliori effetti specialiDavid giovani
VINCITORE DI 8 PREMI DAVID DI DONATELLO:
Miglior attore non protagonista (Pierfrancesco Favino), Migliore sceneggiatura, Miglior fotografia, Migliore scenografia, Migliori costumi, Miglior montaggio, Migliori effetti speciali, David giovani
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Voti e commenti su Romanzo criminale, 323 opinioni inserite

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Gruppo COLLABORATORI SENIOR Invia una mail all'autore del commento kowalsky  @  05/10/2005 02:38:09
   8 / 10
Quel nome, Freddo, che sembra camuffare l'alleanza, che costringe i tuoi occhi ad osservare un criminale mentre recidivamente tenta di non essere cio' che è, la bestia che si placa davanti alla purezza di una donna ingenuamente innamorata dell'arte e dell'amore, Madre spirituale e Amante ferita (ma leale). Quel nome, Freddo, scelto non a caso, che esprime realmente una lacerante frustazione, un brivido profondo, null'altro che il desolante autocontrollo del Male... Rossi Stuart è il fulcro della vicenda, e nondimeno il personaggio piu' "romanzato" insieme al viscido commissario Sciajola di Accorsi (finalmente un'interpretazione misurata e rigorosa), probabilmente fin troppo ammiccante nel suo scabroso doppiogiochismo (ricorda vagamente il poliziotto di In the cut)...
"Romanzo criminale" - addattamento del celebre e vendutissimo libro ononimo - è un'autentica ventata di freschezza in un panorama generalmente stanco come quello del cinema italiano. Tanto si è detto a Placido come autore, e quanto poco si è rinosciuto il coraggio anche quando si è lanciato in operazioni ambiziose e irrisolte che magari un giorno verranno sicuramente rivalutate ("pummaro'", "ovunque sei"). Conosco gente che dopo il delirante "un viaggio chiamato amore" avrebbe volentieri inseguito la filmografia intera di Zeffirelli pur di non incappare in un'altro suo film. Errore clamoroso, anzi guai a perdersi un solo fotogramma di quest'ultima sua opera. Placido tributa omaggi al cinema di Scorsese e Coppola (indimenticabile l'agguato di Freddo all'ex-amico dopo un perdono impossibile), a Fernando di Leo e alla migliore letteratura italiana,da Scerbanenco (caro il ricordo del buon vecchio Duca Laurenti cdi cui Accorsi è la caricatura vile e corrotta) a Cassola (dice niente "la ragazza di Bube"?).
Come tutti i film di un certo peso artistico e sociale, anche questo è imperfetto, con qualche sbavatura di troppo (fin troppo vaga la cospirazione tra servizi segreti deviati e attentato al Papa) e, forse, un'ambigua dose di romanticismo che rimanda ai posteri l'agiografia cinematografica di un fronte del crimine comunque efferato e violento come quello della banda della Magliana. L'incipit tardo-romantico del film piacerà sicuramente molto a un immenso cultore come Tarantino.
Ma, al di là di tutto, ci resta un film che non solo racconta lo squallore di una parte della nostra storia contemporanea, ma OSA finalmente rivelare la tesi che tutti conoscono e fingono di ignorare, ovvero il massiccio predominio dei servizi segreti sui malaffari di Stato e (guardacaso) di Crimine.
"I politici fanno questo? I politici fanno di peggio"
In una Roma splendidamente fotografata dall'eccellente Luca Bigazzi, quest'opera molto Pasoliniana nello stile e nella lugubre decadenza dei suoi personaggi (ci sono moltissime affinità con "La notte brava" per es.) ha il merito di consegnare ai posteri il germe della corruzione su cui spicca la figura allampanata e canuta di un ripugnante, efficacissimo Gianmarco Tognazzi. Quella frase, "io lavoro per lo Stato", sortisce davvero l'effetto amarissimo di aver tracciato le basi di una Repubblica condannata al peggio di se stessa.
C'è davvero da augurarsi che il cinema italiano rinsavisca presto, grazie a opere come queste, o perchè no? a documentari eversivi e graffianti come "W Zapatero".
Anzi a ben pensarci, non è tanto questione di qualità, ma di verità che si parla, la nostra ancora di salvezza.
Nondimeno, sarà triste constatare quanto purtroppo per i molti difensore del proprio delirio, questo film non sortirà alcun effetto, anzi ne proveranno fastidio, e l'irritazione non è altro che la dimostrazione tangibile di un'obiettivo concreto portato a termine nel migliore dei modi.
E' ammirevole la capacità di Placido di ricavare da alcuni fra i migliori attori italiani il meglio di se stessi, finalmente consapevoli della propria autonomia rispetto allo script: coinvolti cioe' unicamente da se stessi, o dalla propria costruzione dei personaggi. Placido talvolta sembra distaccarsene quasi a voler plasmare l'equilibrio e lasciare che ognuno esprima emotivamente i personaggi, dal sempre piu' eccelso Claudio Santamaria ("dandi") all'altrettanto nobile aderenza di Pierfrancesco Favino nei panni (e nella disperazione anarchica) del Libanese. Le immagini di repertorio seguono la linea del film di Giordana "la meglio gioventu'", ma stavolta qualcosa cambia, la linea di demarcazione è effimera, specialmente quando non diventa la celebrazione un po' qualunquista di riti e fatti di cronaca, e l'immagine di Aldo Moro massacrato a via Fani suscita ancor oggi uno spaventoso conflitto empatico-nazionale, secondo forse solo a kennedy ucciso a Dallas circa 15 anni prima. E apparentemente "freddo" è lo stile del film, con la mdp che sancisce ogni evento nella dimensione dove la carne è morte lacerante e l'umanità ha anch'essa la forma "astratta e laica" della sua condanna. I corpi diventano labili sopravvivenze, e si lasciano corrodere dal sangue infetto, dall'abbraccio mortale di un amico, trafiggere da un coltello, o logorarsi, come Libero, in una piazza di Trastevere. C'è tutto il segno di una rinuncia che pur tra incongruenze e sbavature ci mette davanti al ventre lacerato di questa nazione, nonostante qualche critico abbia superficialmente espresso una riserva sull'incapacità dell'autore di indicare le ragioni del branco, sulla sua esteriorità tutta tesa ad elevare la violenza al rango del romanticismo di genere. Puo' darsi: da parte mia reclamo le ragioni per cui questa amata Repubblica continua a tradire il suo popolo e a rigirare lo specchio per non vedere l'orrida immagine che la deprime, l'omissione di tutta quella scomoda verità che tutti conoscono e nessuno, tranne in questi rari casi, ha la forza e il coraggio di raccontare

17 risposte al commento
Ultima risposta 15/10/2006 19.15.54
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