Geppetto, un vedovo falegname che vive nella grigia Italia fascista, costruisce una marionetta in onore del figlio perduto: Pinocchio. Pinocchio prende vita e, per rendere il padre fiero di lui, intraprende un viaggio in compagnia di Sebastian, il grillo che viveva nel tronco da cui è stato ricavato.
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Guillermo Del Toro ribalta la favola di Collodi e tutti quelli che, fin qui, sono stati gli adattamenti di Pinocchio. E finalmente, dopo tanti anni, il racconto Pinocchio perde per la prima volta quella sua aria punitiva, quel senso di educazione colpevolizzante, costrittiva, legata a un mondo di secoli fa. E' un film più sfaccettato di quanto si potrebbe credere: affronta temi come la perdita, l'amore, il dono della vita, la morte e le imperfezioni di un rapporto padre-figlio. "Chi ha detto che per diventare un bambino vero Pinocchio deve trasformarsi per forza in un umano in carne e ossa? Per essere considerato umano, deve semplicemente comportarsi come tale", così del Toro parla del burattino più famoso del mondo: l'importante è essere sé stessi, amare il prossimo per ciò che è – persino nella sua stranezza – non per ciò che vorremmo che fosse. Un finale insolito, dolceamaro e filosofico, perfetto per costruzione drammatica, musiche e dialoghi commoventi, chiude il cerchio consegnando allo spettatore molteplici messaggi su cui riflettere. Questa nuova iterazione è un film adatto a tutti, che dovrebbe soppiantare ogni altro lungometraggio dedicato al buon Pinocchio, presente e futuro. Guillermo del Toro consegna alla storia del cinema una pellicola di raro splendore, imperdibile.