Intellettuale russo viaggia in Italia sulle tracce di un compatriota, musicista del Settecento morto suicida. Gli fa compagnia una bionda italiana, ma la nostalgia per la madrepatria lo consuma.
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Da grande estimatore di Tarkovskij, questo film mi ha deluso enormemente. Noioso, senza idee, confuso, autoreferenziale. Siamo lontani anni luce dai fasti di Andrej Rublev, Zerkalo, Stalker. Purtroppo la mano del sopravvalutato Guerra si sente eccome, trasformando quello che potenzialmente poteva essere un grandissimo film (e mi riferisco per esempio alle scene dei sogni, della Russia che riprendono in modo originale il discorso cominciato con Lo Specchio) in una stanca e vuota copia del peggior Antonioni. Blow Out aveva un senso però.
"Nostalgia, per noi russi, non è un sentimento leggero come per voi, ma una malattia mortale che spinge a viaggiare, alla ricerca della propria patria perduta.."
Allora, i russi se ne devono dare meno. La Nostalgia non è una loro prerogativa e l'arroganza russoide traspare perfettamente nel discorso fra Eugenia (co.glione lui che non si è fatto una tipa del genere) e Andrej sulla traduzione. Ma datevene meno retrogradi ubriaconi. Tarkovskij avrebbe fatto meglio a rimanere in casa sua, perché uscir di casa è stato un risultato per nulla felice. Nonostante ciò rimango sul sette perché non tutto è da buttare. Potrei essere molto più severo, ma in qualche sequenza ho apprezzato l'intento.
Bisogna arrivare preparati prima di guardare questo film. Prima di tutto si differenzia dagli altri per il mezzo di espressione che utilizza, cioè quello della poesia, del simbolo, della suggestione. Ogni immagine, dialogo, scena che viene presentata non deve essere considerata per quello che superficialmente rappresenta o significa, ma per i movimenti sentimentali, estetici, riflessivi che riesce a suggerire. La scansione e la durata temporale vengono tolti dal ritmo quotidiano (frenetico, consequenziale) a cui siamo abitutati, per assumere una dimensione astratta e contemplativa. Siamo nell’ordine delle idee universali e non nell’accadere dei singoli fatti in sé. Nell’espressione poetica delle idee, bisogna dire che Tarkowskij è un vero maestro: le sue immagini hanno una grande suggestione ambientale e coloristica, creando un’atmosfera incantata in cui ci si perde volentieri. Quindi con la cinepresa crea lo spirito giusto per entrare nel suo mondo di assoluti e sensazioni pure. Un mondo non facile da comprendere e, bisogna dire, molto più complesso e astratto rispetto ai suoi film precedenti. Tarkowskij si è ormai creato un suo mondo mitologico in cui si è rifugiato sempre di più, perdendo forse lo sguardo totale sullo spirito umano per chiudersi in se stesso, nelle sue considerazioni sempre più pessimistiche, aggrappandosi alla sua fede. Certamente ci sono vicende autobiografiche che hanno inciso nel film. Uno dei temi è infatti quello dello straniamento, di trovarsi lontano dalla propria terra e dalla propria cultura, in un mondo bello e culturalmente ricco ma che non è il proprio. Ci sono quindi le barriere linguistiche e culturali che impediscono uno scambio proficuo di idee negli uomini. In ogni caso, seguendo le indicazioni simboliche tipiche di Tarkowskij, si riesce a inquadrare abbastanza bene i tre personaggi e il loro significato. Eugenia rappresenta l’atteggiamento moderno di vita: scettico, egoistico, curioso della spiritualità ma che si rifiuta di viverla. E’ chiaro che lei non riesce a entrare in sintonia con il sublime e lo spirituale, perché non vuole sottostare a una legge sopra di lei o ritornare ai ruoli tradizionali che venivano riservati alla donna (fare figli). Anche lei viene fatta parlare, espone le sue ragioni, ma rispetto agli “scettici” di Stalker, ha una connotazione più negativa, meno dignitosa, con un’accusa velata di opportunismo. Domenico, il pazzo di Bagno Vignoni, rappresenta il parossismo della spiritualità, quando arriva a rovesciarsi e a diventare (auto)distruttiva nel suo contrasto con il mondo materiale e convenzionale. La sua figura è il fallimento del realizzarsi della spiritualità sulla terra. E’ circondato da molti simboli, fra cui il cane, il classico rappresentate della fede (il cane è “fedele”), l’acqua che penetra nella sua dimora che è il flusso vitale delle idee e infine il fuoco, che è l’intensità della propria passione interiore, la quale finirà per bruciare il personaggio stesso. Altro significato del rogo finale è forse un’allusione ai roghi che bruciavano gli eretici, gli unici forse che avevano visto chiaro nell’(in)evoluzione umana e che perciò dovevano essere eliminati. Il russo rappresenta forse il regista stesso, nel suo difficile percorso esistenziale pieno di incertezze, contraddizioni, speranze deluse. Il suo contrassegno è una piuma scesa dal cielo, ben stampata sui suoi capelli: è perciò il testimone, l’evangelista, lo scrittore di ciò che puro, spirituale e poetico. La sua missione si risolve simbolicamente nel tentativo di attraversare la piazza d’acqua di Bagno Vignoni con una candela accessa; tentativo riuscito a costo pure di sacrificare la propria vita. In questo atto ci sta tutta la sua missione di tramandatore e salvatore della flebile fiammella della fede, della speranza nella spiritualità umana. Una piccola e tenue speranza. Si tratta di un film meraviglioso nella sua resa visuale e poetica, segnato però da un triste sentimento pessimistico. Rappresenta senz’altro un’involuzione, un chiudersi e un ripiegarsi di Tarkowskij nei suoi valori, ma bisogna ammirare il suo eroico sforzo nel tradurli e nel cercare di tramandarli.
1 esplosione di noia . concordo al 100% cn cash. conformisti del ca22o, votate cn la testa e nn seguendo il nome del regista(evitare insulti prego tanto nn risponderò )
1983. Ormai tarkovskij può contare su una nutrita schiera di fanatici delle sue opere che sarebbero pronti a gridare al miracolo anche se il nostro riprendesse per due ore la polvere che lentamente si accumula su un mobile. In verità è già stato fatto da qualcuno che pensava di essere all''altezza dei geni delle avanguardie, ma tant''è. Sta di fatto che questo film è la prova lampante che anche uno svogliato tarcovskij riscuote comunque successo. la dilatazione temporale di stalker era più che motivata; le lunghe inquadrature contobilanciavano i tempi di comprensione della vicenda, del "punto della situazione". In nostalghia ci sono solo carrellate fini a se stesse e sinceramente inutili, vuote e ridondanti. I pochi dialoghi potrebbero sembrare, se ascoltati in stato d''arorazione, un qualcosa di epifanico, di trascendemtale, ma in reltà si tratta sempre degli stessi concetti triti e ritriti. Il costante conflitto tra natura e civiltà, la sensazione di aver scelto la via sbagliata (senza però mai indicare una valida alternativa, perchè quelunque alternativa è impossibile; il corso dell''evoluzione ha già decretato quale sia la via, l''unica), il riscatto del "folle" e la condanna del "normale", che assiste inutilmente e incuriosita al rogo, al sacrificio compiuto in nome della comprensione. Come il bonzo che si dà fuoco per protestare contro la guerra in vietnam. Se io prendo una poesia di caproni e ci monto sopra delle immagini per due ore non ho prodotto un capolavoro. il capolavoro rimane sulla carta, e io ho compiuto un''operazione assolutamente inutile. E la cosa più incredibile è che tarkovskij continua a prendere una sfilza di 10 a mio parere grazie ad un nome, mentre un autentico genio come kieslovski sembra essere dimenticato dagli utenti di questo sito. ma davvero vi basta una carrellata di mezz''ora e qualche sterile linea di dialogo che si vorrebbe eterna e cristallina (e invece non riesce a nascondere la pochezza degli intenti) per mandarvi in sollucchero? boh, però io vorrei sempre vedervi mentre guardate questi film, col lo stupore negli occhi e non con lo sguardo che volge all''orologio. per chi pensa che la noia sia arte.
Penultima tessera del mosaico filmografico del regista, Nostalghia è con Sacrificio uno dei film simbolo dell'ambiguità tarkovskiana, a metà strada tra i novelli implosivi de "Lo specchio", le lacerazione dello STalker e l'esplosione del gsto irrazionale di Alexander. Se è vero che Nostalghia non è un film sulla nostalgia è però soprattutto un film sull'ossessione dell'espulsione di questa nostalgia russa attraverso l'idea della negazione sulla quale appare ruotare l'intera opera. Un capolavoro. (Fabrizio Borin, L'arte allo specchio)
Tarkovski esce per la prima volta dal suo paese e si porta in Italia per girare un film complesso e geniale, malinconico e struggente. finale da brividi.