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Cupissimo corto in cui Roy Andersson (regista svedese da poco tornato alla ribalta dopo un lungo periodo sabbatico) mette in scena la vita di un uomo dai sentimenti ibernati attraverso una serie di inquadrature (semi)statiche, cartoline di un orrore dell'anima, squarci depressi di vite grige come le tonalità che caratterizzano la pellicola. Surreale, a tratti venato da un sottile humor nerissimo, è munito di sequenze crude -a tal proposito quella di apertura lascia il segno- , presumibile parodia dell'uomo e del suo approccio asettico ad un ben preciso contesto sociale di natura medio-borghese. Misurato ma pregevole il trucco, che dona un'aura quasi cadaverica al protagonista con ovvia metafora servita alla perfezione.