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Ambizioso e malriuscito film di Massimo Pirri mosso dal desiderio di mettere in evidenza la decadenza dei rapporti familiari attraverso uno sguardo oltremodo disincantato e nichilista, traboccante egoismo e insensibilità. L'improbabilità dell'intreccio è una debolezza non trascurabile ma non poi così determinante,a lasciare maggiormente insoddisfatti è lo spessore di personaggi sulla carta interessantissimi eppure trattati in maniera scellerata. La bimba solitaria e bisognosa di attenzioni,il padre paralitico e disilluso,la madre ninfomane e serpe,dulcis in fundo, l'assassino pedofilo,che poi tanto cattivo non è (e sulla sua figura ingentilita ci sarebbe da discutere),sono tutti caratteri di grossolana consistenza,imperdonabile per una pellicola che ambisce a sondare gli aspetti psicologici lasciando sullo sfondo la componente thriller. "L'immoralità" patisce un forte immobilismo in una parte centrale interminabile,con personaggi limitati a ripetere il loro ruolo come fossero dischi incantanti.L'erotismo punteggia senza graffiare uno script che a un certo punto si gioca la carta dello shock, con una scena di sesso che proposta oggi scatenerebbe un putiferio di immane portata e francamente appare stonata anche per il contesto di allora con un Pirri che avrebbe fatto meglio a lasciare che il fattaccio si intuisse solamente.Quasi senza senso il branco di volontari che con metodi da Klu Klux Klan e con il benestare della polizia dà la caccia all'assassino,mentre il commissario è figura di patetico spessore,spesa in un finale spietato e senza speranza che finalmente regala qualche sussulto. Il rapporto tra madre e figlia è ricollegabile a "La seduzione" di Fernando Di Leo,sarà anche per la presenza di una Lisa Gastoni matura ma sempre affascinante,contrapposta alla giovanissima Karin Trentephol poi scomparsa dagli schermi.