la legge del mitra (1958)

Le debolezze di un gangster mitologico come Machine Gun Kelly raccontate con buona resa spettacolare ed un fine lavoro psicologico in cui risaltano tutte le sfaccettature di un personaggio complesso. Molto più che un B movie - come Corman ci ha spesso abituati - ed una delle prime, convincenti prove da protagonista di Charles Bronson.

Con uno stile secco e coinciso Corman racconta in fondo cosa c'è dietro un nome altisonante come "Machine gun" Kelly. Un ganster spietato? Un eroe romantico? Nulla di tutto ciò. Solo un uomo debole e manovrabile che si nasconde dietro un mitra, un uomo in preda a paure ed idiosincrasie quasi infantili. Cerca in ogni modo di superarle ma l'istinto di conservazione glielo impedisce. Il mito del gangster a pezzi, ma non solo. Un film scorrevolissimo e ricco di vivacità nei dialoghi e nelle situazioni. Merita un recupero.

Grandioso davvero questo b-movie di Roger Corman, che prende tutto quello che di meglio è stato fatto nei generi fino allora e fonderli. "Machine-Gun Kelly" è un gangster-movie tinteggiato di noir, violento come Aldrich, ma anche con i connotati psicologici di un Roul Walsh cadenzato da un logorìo jazzistico. Kelly - un Charles Bronson in forma - è un uomo ossessionato dalla Morte e dalla visione delle bare, una forma di angoscia presente in altri personaggi cormaniani. Probabilmente una delle fobie più importanti del regista. Un gioiellino.

Corman riesce a disegnare giottescamente il cervello degli interpreti de "La legge del mitra" creando una pellicola noir di rara bellezza. Machine-Gun Kelly è come una spugna gettata sulla superficie di un lago free jazz, pronta a inzupparsi epiletticamente di fumo, sparatorie, sgherri, proto-pulp, arti mozzati e, non di meno, Freud. La donna è una grossa figura geometrica tutta spigoli che si infrange sulla base sabbiosa di un Charles Bronson in progressiva rovina mentale. Inutile dire altro, capolavoro. Guardatelo!