la febbre dell'oro regia di Charles Chaplin USA 1925
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la febbre dell'oro (1925)

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locandina del film LA FEBBRE DELL'ORO

Titolo Originale: THE GOLD RUSH

RegiaCharles Chaplin

InterpretiCharles Chaplin, Georgia Hale, Mark Swain, Tom Murray

Durata: h 1.22
NazionalitàUSA 1925
Generecommedia
Al cinema nel Marzo 1964

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Trama del film La febbre dell'oro

Charlot è nel Klondike sulle tracce del prezioso metallo, ma su di lui hanno più presa gli occhi di una ballerina. Dopo una tempesta di neve Charlot si ritrova in una capanna in bilico sul baratro, in compagnia di un altro cercatore, il corpulento Giacomone che, affamato, lo scambia per un gigantesco pollo e tenta di divorarlo. Charlot si deve poi accontentare di una scarpa e dei suoi lacci come spaghetti.

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Voto Visitatori:   9,08 / 10 (80 voti)9,08Grafico
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Voti e commenti su La febbre dell'oro, 80 opinioni inserite

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Gruppo COLLABORATORI SENIOR Invia una mail all'autore del commento pompiere  @  14/01/2011 15:58:08
   9 / 10
Quali coordinate ha la fortuna? Qual è la direzione da prendere per raggiungerla, trovare pepite d'oro, diventare ricchi e dare uno schiaffo alla miseria? Basta disegnare una bussola su di un foglio di carta, girarsi alla bell'e meglio e come più ci conviene, e dirigersi a Nord, sempre a Nord, fino ad arrivare sulle piste innevate del Klondike, oltre l'Alaska.
E' questa la condotta del geniale Charlot, sconclusionato "cercatore per caso" di prosperità. In un momento storico di affrettata crescita del capitalismo, Chaplin inizia a burlarsi delle possibili (e così tremendamente prossime) conseguenze economiche, rappresentandole in una quintana che all'apparenza non riesce mai a raggiungere una piena gioia, contraddistinta al momento dall'unione di emotività e ironia.

Il grande autore edifica una pellicola più vasta di quanto sia percepibile all'apparenza e la muove su due linee narrative fondamentali: le peripezie dell'esploratore sprovveduto, e il rapporto tra questi e una sbarazzina protagonista di tabarin.
La forma predominante è quella della dialettica del qui pro quo: gag a profusione si avvicendano tra loro in un susseguirsi vertiginoso (la baracca in bilico sul dirupo in primis) senza sosta, che passa dalla ingombrante e simpatica figura di Giacomone/Big Jim all'orso bruno che arriva provvidenzialmente in scena, dal ballo nel salone con la giovane Georgia alla corda legata a mo' di cintura che coinvolge un cane scattante, dalla gallina pennuta (allucinazione dovuta alla fame) alla scarpa cucinata per alleviare gli appetiti impellenti. Traversie tragicomiche e romantiche che tengono avvinti dalla prima all'ultima scena.

La vita viene effigiata come dominata dal caso, senza discipline, metodi o prassi. In questa confusione Chaplin ritrova e svela gli usi di un celato equilibrio, comandato dai soldi, dall'inammissibilità di un amalgama tra ricchi e poveri, e da un desiderio di felicità, per alcuni agognata e per altri raggiunta fortuitamente.
La realtà è dolorosa, ed esibirne l'aspetto farsesco simboleggia proprio il divulgarne la drammaticità. Ecco l'importanza del ricorso al sogno e dell'appisolarsi in beata solitudo: per tenere lontano il dolore di un Capodanno tradito dall'assenza, dal languore dovuto alla mancanza di cibo, e dal freddo climatico e dell'anima.

L'epilogo è spensierato, e deciso ancora una volta dalla fatalità: il ritrovamento del giacimento aurifero grazie a una tempesta, e l'incontro con Georgia sulla nave. Charlot è diventato miliardario, ma resta verosimile agli occhi degli altri e a se stesso quando veste ancora i panni del pezzente vagabondo, quell'omino coi baffi credulone e dolce che tiene sulle spalle il peso dei vizi altrui e dei loro dubbiosi intenti.

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