La Sposa (Uma Thurman) subisce una terribile imboscata durante la sua cerimonia di nozze nella quale tutti gli invitati, suo marito nonchè il figlio che aveva in grembo vengono brutalmente assassinati. Dopo essersi svegliata da un lungo coma di quattro anni, la donna intende vendicarsi a spese delle vite dei responsabili di questo massacro...
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Dopo la profonda delusione di Jackie Brown, Tarantino torna a incantarmi gli occhi con la sua sfrontata emanazione di voglia di ridere e irridere. Questo film dalla trama ridotta all’osso non rappresenta un mero sfoggio d’abilità tecnica ma pura goduria nell’infrangere ogni cliché cinematografico. Tutto è all’eccesso, dalle sue inquadrature trabocca la fiera volontà di schernire la verosimiglianza e glorificare l’amore per il cinema attraverso la scultura del montaggio, i voli di macchina, la pittura degli sguardi, l’irrilevanza dei dialoghi e la voluta improbabilità dell’intreccio. Il “plagio” diviene arte o semplicemente gioco d’autorità, divertissement dell’incongruo stilistico, che sfiora il clone caricaturale per farsi semplice atto d’amore. Ogni singolo componente si fa licenza poetica. La violenza viene minimizzata divenendo orgiastica, la sovrabbondanza di sangue si sublima in un grottesco anestetico… tutto è lecito in quanto smaccatamente eccessivo e assoluto, per arrivare a un perfetto equilibrio. Quello di Tarantino è un delicato sfavillio di escamotage stilistici, che vengono utilizzati in un gioco sarcastico che nobilita la trama da mattatoio (ennesima strizzata d’occhio ai suoi tanto amati b-movies) ed eleva la sposa ad eroina epica, perfetta incarnazione di Nemesi. Tarantino mescola le carte della narrazione col suo sottile cinismo e ci regala di nuovo un grande, incredibile brivido cinematografico.