La Sposa (Uma Thurman) subisce una terribile imboscata durante la sua cerimonia di nozze nella quale tutti gli invitati, suo marito nonchè il figlio che aveva in grembo vengono brutalmente assassinati. Dopo essersi svegliata da un lungo coma di quattro anni, la donna intende vendicarsi a spese delle vite dei responsabili di questo massacro...
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Si tratta senza dubbio di un’opera di Cinema con la C maiuscola. A prescindere dal tema, dal significato e dallo svolgimento della storia, le immagini prendono, colpiscono, entrano nel cervello e nell’animo con una prepotenza inusitata. Dal primo all’ultimo fotogramma una forte tensione prende e non molla mai la presa. E’ questa la forza delle opere maggiori di Tarantino (quelle che indulgono meno sul parlato e più sul visuale), la forza di catturare l’animo e il punto di vista dello spettatore per condurlo dentro, al cuore dell’immagine, facendola letteralmente esplodere nella testa di chi guarda. Questa corrispondenza e pienezza di immagine e sensazione è il grande pregio stilistico di questo film. Si potrebbero citare innumerevoli sequenze in cui il punto di vista svaria dal carnefice, alla vittima, all’oggetto dell’azione, con una varietà rappresentativa e una fantasia fuori del comune. La mano dell’autore è sempre presente e visibile ovunque. E’ lui che ci guida in ciò che dobbiamo vedere e sentire. E’ lui che decide basandosi sulla propria talentuosissima immaginazione e sulla mirabile dote di saperla realizzare. Divertimento e godimento estetico nella sua purezza e pienezza, questi sono i fini della sua opera. Non è qualcosa di disinteressato comunque. Tarantino vuole mostrare a ogni pie’ sospinto la sua bravura. Con le sue citazioni vuole fare sfoggio di conoscenza cinematografica e di come riesce a fare meglio dei suoi “modelli”. Anche questo film è molto egocentrico, con continue richieste di “apprezzamento” nei confronti dello spettatore, per la sua profonda conoscenza cinematografica e per come tratta le situazioni utilizzando soluzioni già conosciute in maniera più fantasiosa e ingegnosa dell’originale. Se lo scopo è quello di “catturare” e conquistare lo spettatore (non di arricchirlo interiormente o di “istruirlo”) cosa c’è di meglio che utilizzare i temi e le forme dei cosiddetti film di serie B post anni ’60? Si prestano bene in quanto erano film che si basavano totalmente sulla sublimazione dei desideri di potenza, caratteristici della persona “comune”, soprattutto adolescente. Si presentava un “eroe” fuori del comune (o anche un “mostro”) che vinceva tutto e tutti e soprattutto era “libero” di impiegare la violenza. Verosimiglianza, umanità, realismo valevano meno di zero, visto che lo scopo era mostrare le gesta del “superuomo”, in cui lo spettatore si identificava e tifava. Tarantino, per il suo fine (la conquista completa ed egocentrica dello spettatore), sceglie proprio la strada del supereroe (anzi della supereroina) sfidando convenzioni, inverosimiglianze, coincidenze grazie anche all’appoggio stilistico dei film sopraccitati, con cui stuzzica pure la nostalgia dello spettatore, usandoli a mo’ di “graffiti”. C’è però una profonda differenza fra i personaggi di KB e quelli dei film di serie B. In KB hanno anche una profonda umanità e dei sentimenti che si cerca di rappresentare. Soprattutto Uma Thurman dà al suo personaggio una umanità molto intensa, spontanea e naturale. Ma del resto anche tutti i personaggi maciullati hanno talvolta una loro fisicità, gemono, fanno pervenire un briciolo di pietà e di considerazione nello spettatore. La contraddizione scoppia brutale nella prima scena, in cui lo spettatore impreparato si trova davanti uno scoppio di violenza brutalissima e inspiegabile, una cattiveria senza attenuanti; il tutto in una tranquilla situazione domestica e sotto gli occhi innocenti e non partecipi di una bambina. E’ una scena fortissima, la più intensa di tutto il film, il quale nel suo svolgimento non è altro che il tentativo di giustificare e dare un senso alla prima scena. Anche se non voluto e intenzionale un certo messaggio esce dalle scene di questo film. La persona “eccezionale” (il modello in cui identificarsi) agisce esclusivamente per fini egoistici e per sopravvivere non cade mai nelle trappole della pietà o del perdono, ma usa nella maniera più fredda e impersonale possibile la violenza e il potere a propria disposizione. Non ci sono eccezioni o alternative (il film non ne mostra). La triste considerazione è che non si potrà mai uscire da questo circolo vizioso: La sposa alla bambina: “Capisco che da grande ti vorrai vendicare (!!!). Sarò lì ad aspettarti”. La più grande critica al cinema di Tarantino è tutta nello sguardo di quel bambino che guarda attonito tutta quella distruzione e tutto quel sangue. Quentin, hai fatto un errore imperdonabile a mettere quel personaggio in quella scena. E’ riuscito a far crollare tutto il castello di carte della tua finzione e a sbugiardare i tuoi eroi di celluloide.