Nick, agente di cambio, abita vicino alla lussuosa villa di Jay Gatsby, arricchito in modo misterioso. Daisy, sua cugina, è stata un tempo amante di Gatsby, ma ora è sposata al ricco e cinico Tom. Gatsby riesce a incontrarla, proprio grazie a Nick, e le chiede di divorziare. Lei rifiuta ma Tom, convinto dell'infedeltà della moglie, minaccia il rivale. Infine, sarà proprio Daisy, investendo una donna con la macchina di Gatsby, a provocare l'intervento del marito, che lo ucciderà credendolo responsabile.
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Constatata l'impossibilità di emulare l'opera da cui è tratta senza snaturarla troppo, ad emergere è la cosidetta parte tecnica del film, le scenografie ricreate minuziosamente,i costumi altilocati dell'epoca e le musiche evocative, non si fa mancare proprio nulla. Clayton la sua bella carriera l'ha fatta principalmente toccando temi tabù, da buon mestierante badando sempre al sodo, in quest'opera manca diradata nella lunghezza della pellicola la poetica di un regista, perchè se a conti fatti è impossibile non trascurare sottigliezze sui caratteri dei protagonisti, piccoli episodi che arricchiscono il bagaglio caratteriale del personaggio, a nobilitarla doveva pensarci la regia che invece ha anteposto la forma alla sostanza. Emerge l'asetticità borghese nello spendere, nel non farsi mancare nulla, sopratutto in Redford con un'impostazione molto (troppo?) controllata, apparenza e la diffidenza della stessa borghesia nei confronti di chi ce l'ha fatta, ma nel confronto melodrammatico prevale quest'ultimo, tante tematiche sacrificate all'altare per il dramma che poi è quello che prende al cinema, basta vedere come è stata più volte ridotta la trasposizione di 'Anna Karenina', trinomio adulterio-amore-tragedia sulla quale viene poi pacchianamente ridotto anche questo.
Un film molto difficile da votare, sia per l'opera letteraria di F. Scott Fitzgerald da cui è tratto, sia per una forte carenza che viene a manifestarsi nell'ultima parte e che rende banale e scontato tutto quel lavoro, sufficiente, che si era svolto all'inizio della pellicola. "Il grande Gatsby", come già detto prima, è sicuramente un prodotto che lascia amaro in bocca: un gusto amaro non dovuto soltanto al finale, come capita in altri film, ma dovuto essenzialmente all'ultima parte e alle scelte di regia di Jack Clayton che, personalmente, non ho condiviso più di tanto. La prima parte è sicuramente decente: da' l'idea di un film comune, con graziose scenografie e costumi anni '20, molto suggestivi e curati, e di una buona recitazione, con un carismatico Redford (tuttavia in un ruolo che non gli si addice), e con un'intensa Mia Farrow e una seducente ed affascinante Lois Chiles (attrice di cui poi si sono perse le tracce, se tralasciamo un Bond con Roger Moore e "Assassinio sul Nilo" di John Guillermin). Poi, man mano che la narrazione procede, ci accorgiamo che dopo un'ora e mezza di pellicola, non sia successo granché, a parte un gioco di seduzione folkoristico, continuo e stressante, di cui, per la complicatezza dei rapporti e delle relazioni, viene da chiedersi: "Ma è davvero un film tratto dal romanzo di Scott Fitzgerald?". La colonna sonora è sicuramente splendida, così come la fotografia con lunghe riprese sul mare e con tramonti di fuoco; molto sontuose sono anche le feste che Gatsby crea a casa sua (una reggia, a dir poco). Il problema di fondo, che non starò tanto a ribadire, è che il film, sia nella prima parte, che nella seconda, "non ha un'anima" ed è semplicemente freddo e scontato. A ciò, infine, va ad aggiungersi la sceneggiatura di Coppola, davvero troppo carente, e una pesantezza divina negli ultimi trenta minuti, che spiegano chiaramente il mio voto e che rovinano tutto ciò che si è creato prima. E' stato davvero difficile arrivare alla fine, ma. tutto sommato, è un prodotto non troppo scadente, che merita una visione.
Come gia scritto da altri utenti tra i vari commenti del film si parla di pesantezza. anche io sono riuscito ad arrivare a fatica alla fine del film . complice una caratterizzazione dei personaggi insufficiente. praticamente di gatsby alla fine non si è capito molto e gli altri personaggi appaiono quasi come meteore che parlano tanto ma non attraggono mai lo spettatore . due oscar si cui uno per la colonna sonora che non so , ma onestamente non ho sentito nulla di grandioso . si salvano solo la buona interpretazione di Redford nei panni di Gatsby e appunto la buona scenografia in cui è ambientato il film .
Da promuovere solamente l'interpretazione di un Robert Redford ispiratissimo e l'elegante ambientazione. Per il resto, prevale la noia, attraverso dialoghi pesanti, colonna sonora poco adeguata e ritmi soporiferi.
Un ritratto di persone vuote, per cui solo l'apparenza conta. E fin qui potava andare bene, ma il film è pesante, molto pesante, difficile arrivare alla fine.
Impensabile il confronto con l'opera di Fitzgerald. Siamo lontani anni luce. Unici punti di forza del film: -Ricostruzione storica dei Roaring Twenties a ritmo di jazz e a passi di Charleston, ma senza neanche troppe allusioni premonitrici all'imminente collasso di un mondo blasé ed effimero, sull'orlo del baratro; -Interpretazione di Redford: affascinante e nostalgico, equivoco e tragico, ha dipinto un ritratto convincente di Jay Gatsby (personalmente mi è sembrato che, nelle scene notturne in cui è ripreso di spalle, solo, sul molo della villa di West Egg intento a fissare la luce verde intermittente, si materializzasse un mito, che fino a poco prima viveva esclusivamente nelle pagine immortali di Fitzgerald...) Nonostante una sceneggiatura firmata Francis Ford Coppola, rimane un'impresa assai ambiziosa trasporre su pellicola un romanzo di tale portata. L'analisi di Clayton è superficiale e limitata, non si addentra nei meandri delle riflessioni esistenzialiste che tormentavano Fitzgerald, che, invece, affronta ampiamente in un libro che sa di autobiografia. La Farrow non entusiasma nel ruolo di Daisy, migliore la prova di Lois Chile che interpreta l'amica Jordan.