il giocattolo regia di Giuliano Montaldo Italia 1979
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il giocattolo (1979)

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locandina del film IL GIOCATTOLO

Titolo Originale: IL GIOCATTOLO

RegiaGiuliano Montaldo

InterpretiNino Manfredi, Arnoldo Foà, Olga Karlatos, Marlène Jobert, Daniele Formica

Durata: h 1.58
NazionalitàItalia 1979
Generedrammatico
Al cinema nel Luglio 1979

•  Altri film di Giuliano Montaldo

Trama del film Il giocattolo

Vittorio è da tempo il factotum di un industriale senza scrupoli. Rimasto ferito in un tentativo di rapina decide di comprare una pistola. Qualche tempo dopo uccide un malvivente e diventa per qualche giorno una specie di eroe negli ambienti della ricca borghesia milanese. Ma subito dopo viene abbandonato da tutti, compreso l'industriale per il quale si era prestato a ogni sorta di traffici. Decide allora di vendicarsi e impara a sparare.

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Voto Visitatori:   7,79 / 10 (19 voti)7,79Grafico
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Voti e commenti su Il giocattolo, 19 opinioni inserite

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solondz2  @  05/04/2021 00:09:40
   6½ / 10
Il soggetto è interessante, il messaggio è rispettabile, e la bravura di Manfredi naturalmente indiscutibile.
Ma mi sembra si lasci prendere eccessivamente la mano: al protagonista ne capitano troppe e non gliene va dritta una, tanto che alla fine mi sembrava una specie di Fantozzi. E così il dramma andava a calare di tono, almeno per me.
Forse con un po' di misura sarebbe stato migliore.

Alpagueur  @  16/11/2020 14:24:35
   10 / 10
Molti hanno considerato questo film una specie di clone italiano di "Taxi driver"...un eccellente film drammatico con protagonista il grande Nino Manfredi al posto dell'immenso Robert de Niro. In effetti, tra "Il giocattolo" e "Taxi driver" ci sono grandi differenze, ma anche un terreno comune: un uomo intrappolato in una vita, che più che noiosa, è troppo stretta per uno con le sue qualità...è affascinato dalle pistole e cerca una via di fuga. Il film italiano è più drammatico e pessimista. Entrambi i film sono eccellenti. Il film si inserisce, storicamente, negli anni '70, gli anni di piombo della storia del nostro paese, sulla scia dei famosi poliziotteschi, ma è molto diverso, molto più introspettivo, costruito su misura per Manfredi, un ruolo autoironico che il regista (Montaldo) gli ha proprio cucito addosso come un abito. Manfredi interpreta se stesso, e la storia diventa solo un pretesto per dar modo all'attore di mostrarci quanto è bravo quando si tratta di prendersi in giro da solo, anche quando le situazioni che vive sono drammatiche. Montaldo non sembra affatto interessato all'aspetto spettacolare del plot, quanto all'analisi di un borghese medio frustrato che trova rivalsa sociale nel possesso di una pistola, un "giocattolo" che prima lo imprigionerà e poi lo ucciderà. Quello che realmente vuole è far emergere la contraddizione del personaggio, dimostrare come anche un uomo comune, perdente, bigotto, quello che volete, se messo in determinate condizioni estreme può scavalcare qualsiasi valore morale e trasformarsi in un "assassino". E' sufficiente il semplice possesso di un'arma. Vittorio sembra un mite contabile portavalori che lavora per il suo amico delle scuole superiori Nicola Griffo, ingegnere senza scrupoli, che lo sfrutta avidamente per arricchirsi, anche in nero. Ma non è stupido, sa cosa l'amico gli sta facendo, ne è cosciente. Non è che è lui che cerca la pistola, è la pistola che cerca lui. Il suo mestiere è quello di portavalori, e lo fa con una valigetta con manetta al polso, adeguatamente scortato da due gorilla armati di revolver dentro una macchina blindata con autista (vedere la prima scena del film). Quando una macchina dietro sembra volerli aggredire, lui cerca di nascondersi tra le due guardie del copro, e suda freddo. Vorrei vedere qualcuno nella sua situazione. Perderà l'indennità a rischio (che era quasi metà stipendio, come dirà a Griffo) per colpa di una pistola che non ha, a favore di un carabiniere in pensione armato di suo, che permetterà a Griffo di risparmiare un gorilla (e il mezzo stipendio che non dovrà più dare all'amico). Vittorio in realtà non va in cerca di nessuna rivalsa, è semplicemente vittima di una situazione, come gli dirà Sauro al poligono una pistola era nel suo destino. Dicevo sembra un mite portavalori, in realtà tanto mite non lo è. E' vero che in macchina gli grondano le gocce di sudore e al supermercato pure rimane pietrificato, ma vorrei vedere qualunque altro al suo posto, anche una esperta guardia giurata se la sarebbe fatta addosso. In fondo non aveva mai avuto un'arma fra le mani prima. E anche quando gliela rubano se ne sta tranquillo, anzi ci scherza pure sopra al commissariato ("se poi voi preferite che...io questo ho avuto, fate voi"). Poi gliene regala una Sauro, e alla prima occasione fa secco un ricercato pericoloso (lo "slavo"). Un colpo solo (come diceva Mike ne Il cacciatore), nessun rimorso. Gli ammazzano l'amico davanti agli occhi, lo vede per terra e piange, va alla centrale per la deposizione e piange anche davanti al pubblico ministero, ma è una reazione normalissima. Poi però cosa gli rinfaccia la moglie? Che anzichè avere gli incubi russava, che si alzava la notte un paio di volte per ascoltarsi le registrazioni delle interviste e allenarsi al tiro con la pistola. Tanto a posto di testa non era. La giornalista bionda gli dice "quindi il suo amico era già morto quando ha sparato" e lui dribbla la domanda. Lui si è trovato in una situazione che gli calzava a pennello, non è un caso fosse così abile nel tiro libero. Quando si vendicherà degli amici dello slavo, il p.m. dopo gli dirà "senta Barletta lei ha distrutto gambe e braccia a 3 persone con solo 5 colpi senza sbagliarne neanche uno" e lui giustamente replica "ma se sbagliavo quelli mi facevano fuori, o era meglio se li ammazzavo? lei deve tener conto che io ho sparato per non uccidere", e aveva ragione! Poi dirà anche, giustamente, che nessuno lo aveva aiutato, pur sentendolo urlare perchè gli volevano dare fuoco ("col caxxo che mi hanno aiutato!"), l'unica cosa su cui aveva esagerato erano i proiettili modificati, dirà che li voleva provare in campagna coi barattoli ma ovviamente non poteva reggere come giustificazione...e si prende l'eccesso colposo di legittima difesa e un mese di carcere. E chissene. Lui ci lavorava in mezzo alle pistole, era un portavalori. Non è che lavorava per la pubblica amministrazione. Era un prestanome, figurava come testa di legno per questa società operante fuori della legalità. La sua vita era fuori della legalità, già prima che incontrasse una pistola. Era quella la sua vita. Non ci poteva fare niente. Solo riderci e scherzarci sopra, come fa per tutto il film! Per questo ho detto che Manfredi si autointerpreta. Lo ha fregato il sistema penale italiano, perchè dopo il ferimento dei 3 delinquenti ovviamente gli è stato ritirato il porto d'armi. Da "eroe" (per aver ucciso lo slavo, che aveva ucciso Sauro), è diventato improvvisamente "delinquente comune" (da cronaca nera, come gli dirà l'avvocato suo infame), ma questo per l'opinione pubblica, non per se stesso. A lui interessava solamente riscuotere soldi per far operare la moglie e cambiare aria, non gli fregava nulla della fama o della popolarità. O meglio gli interessava, ma solo come mezzo di riscossione di denaro. Era freddo e spietato dentro (infatti fa in fretta a dimenticare Sauro), bloccato da una moglie malata a letto che stava morendo. Era semplicemente una vittima della situazione. Era quello che era. Probabilmente la sua situazione sarebbe degenerata comunque, anche senza una pistola. Qualunque portavalori è sotto minaccia costante. Quando andava in banca prelevava sempre grosse somme (per conto di griffo). Ho letto tante recensioni di questo film e mi sono sorpreso come nessuno abbia notato la cosa più evidente, che lui di fatto era un portavalori e un prestanome. Sauro in palestra gli dirà "e come fa un ragioniere a beccarsi una revolverata?" e lui "eh anche i ragionieri...ma vedo che anche lei se ne intende..."). Beh insomma un personaggio che mi è piaciuto da matti, sempre la battuta pronta, anche con l'amico, con la figlia di lui, con la moglie...con tutti...questo film è una saga dell'autoironia. Manfredi si esalta nei panni di Vittorio Barletta, è la contraddizione fatta a persona. Lui mostra una faccia e ne nasconde un'altra. Conosce in anticipo le mosse degli altri, fa tutto quello che deve fare. Sono gli altri che equivocano i suoi comportamenti, ma lui è sempre se stesso. La pistola è solo un MacGuffin pretenzioso. Non sono le scene a farla da padrone, sono le caxxate che dice (ci vorrebbe davvero un'enciclopedia per elencarle tutte). Dalla scena iniziale a quella del supermercato al poligono alla centrale di polizia alla sparatoria coi tre tizi al ristorante alle docce della palestra alla prigione all'armeria, una battuta dietro l'altra, fa impazzire tutti, è umorismo allo stato dell'arte. Persino un grande attore come Arnoldo Foà diventa piccolo piccolo al confronto, solo Mezzogiorno riesce un po' a stargli dietro (bellissima la scena in cui, alle docce, mimano il famoso duello di "Per qualche dollaro in più" tra l'Indio e il Colonnello...Sauro dirà la celebre frase "quando la musica finisce, raccogli la pistola e cerca di sparare...cerca"). Certo, se non avesse avuto la pistola dietro magari al ristorante non avrebbe ammazzato il criminale, ma sarebbe stato comunque un testimone. Lo avrebbero cercato. La storia insomma va e non va, quello che conta davvero è che Manfredi ci ha fatto divertire eccome. Alla faccia dei falsi moralisti. Una pistola porta sempre guai è vero, ma a volte è peggio non averla, specie quando non si può scappare o ti sparano addosso. Chiedete a Gaetano Barbuto Ferrajuolo se l'avrebbe voluta una pistola per difendersi in quel momento. Certo, magari si sarebbe preso le lesioni colpose, avrebbe fatto anche anni di carcere per essersi difeso colposamente, ma non sarebbe stato invalidato e magari le cose sarebbero anche andate diversamente (gli aggressori armati abusivi sanno bene che il cittadino medio non è armato). Persino in punto di morte Vittorio non vuole tradire il suo sarcasmo e dirà alla moglie "Ada, ma non era meglio se quel giorno Sauro avesse portato i bignè invece della pistola…" (dopo tutto il macello che aveva fatto per averla). Fino alla fine. In questo si, si può dire che Travor e Vittorio sono uguali, fanno quello che devono fare e basta. Uno non riesce a dormire la notte ed è costretto a fare il tassista per occupare utilmente le sue ore di insonnia e durante la notte vede tutto il marciume per le strade di New York, l'altro perde la metà del suo stipendio perchè non è armato di suo ed è costretto a comprarsi un'arma sua per cercare di riottenere i privilegi economici di cui godeva prima, entrambi cercano di farsi giustizia da soli, ma è il sistema che li punisce. Ma tutti e due non sembrano preoccuparsene troppo. Bene così. Il soggetto è stato scritto da Sergio Donati e la fotografia (il sempre bravo Ennio Guarnieri) è molto fredda, per cercare di creare un clima ad hoc sia per quanto riguarda l'ambiente (Milano) che il clima di quegli anni, intrisi di rapine e omicidi. Per quanto riguarda la regia (Giuliano Montaldo) ci sono soluzioni intelligenti e suggestive, come il rallenty (la sparatoria di notte col motorino con la voce fuori campo che ci illustra le qualità balistiche del suo "giocattolo" e quella al ristorante tra Sauro, Barletta, e lo Slavo), e alcuni piani-sequenza qua e la per enfatizzare la criticità del momento (supermercato, azienda di Griffo). Il finale a molti ha lasciato l'amaro in bocca, effettivamente pare che ci fu una discussione tra Montaldo e Manfredi perchè Manfredi avrebbe preferito far far al suo personaggio un'altra fine, ma insomma come ho detto all'inizio la storia di fondo è solo un pretesto, per quanto mi riguarda sono state più che sufficienti le perle di saggezza ed i barlumi di umorismo che ha dispensato il nostro eroe-antierore per tutta la durata del film. La disfatta psicologica e morale di Vittorio può essere quella di qualunque altro uomo messo in quel contesto. Lui spara e non si pente, in questo somiglia si a Travis. Anche lui al supermercato aveva freddato il rapinatore e poi se ne era andato come se nulla fosse, col ringraziamento del negoziante. Vittorio spara al collo dello Slavo, fa finta di piangere, poi gambizza 3 uomini e russa la notte. La situazione precipita perchè ha la moglie in quello stato e perchè la legge non gli permetteva di difendersi a dovere. Gli esterni sono stati girati a Milano, mentre la villa enorme di Nicola Griffo sta a Frascati (Villa Parisi). Le muische di Morricone sono superbe, più che adeguate al contesto, soprattutto all'inizio ti penetrano dentro e ti fanno vivere davvero le stesse sensazioni di Vittorio, sembriamo li in Mercedes con lui che cerchiamo di nasconderci tra i due gorilla armati. Volevo dare 10 a un film 'drammatico' (le virgolette sono d'obbligo, per i motivi elencati sopra) con un grande attore (Manfredi), una grande spalla (Mezzogiorno), un grande compositore (Morricone) e un grande regista (Montaldo) e tra i tanti ho scelto questo, e sono certo di non aver sbagliato. Perchè ho riso come un matto alle battute di Nino (una dopo l'altra). Unico rammarico, non sono riuscito ad identificare il revolver utilizzato per sparare ai tre che lo volevano bruciare (la voce fuori campo si limita a dire solamente che è un calibro .38 special, con canna da 165 mm, peso di 1332 grammi e ball master px cioè tamburo caricato con palle esplosive...la scena si svolge di notte e ed è difficile identificarlo bene, poi subito dopo il p.m. lo prenderà in mano sulla scrivania afferrandolo verticalmente, a me è sembrato uno Smith & Wesson modello 15-3, che è incamerato appunto per quel calibro). Per finire, l'oggetto che da il titolo a questo film, quindi di una certa importanza (!), il "giocattolo" (la pistola)...in realtà sono 3 i "giocattoli", tante quante sono le scene importanti in cui vengono utilizzati: 1) in armeria, l'armaiolo (il bravissimo Renato Scarpa), che rimarra raggelato quando Vittorio gli illustrerà le caratteristiche tecniche della pistola che voleva affibbiargli, gli suggerisce (giustamente secondo me), un revolver Ruger con canna da 2.75" incamerato 357 magnum...Vittorio invece lo rifiuterà in quanto secondo lui aveva "un rin**** eccessivo dato il rapporto peso/munizioni", preferendogli una semiautomatica (è difficile individuarla perchè la maneggia per troppo poco tempo, comunque dovrebbe essere una Browning 1911 22LR) con un (comunissimo) calibro 22 long-rifle. Ora non riesco a capire il motivo di tale scelta, probabilmente lui era interessato più alla maneggevolezza dell'arma per il tiro libero, ma tirando appunto per diletto e non per professione presumo che si sarebbe potuto divertire MOLTO di più con una cartuccia come il 357 magnum, proprio per via del rin**** (=potenza) maggiore. Ma forse voleva un proiettile piccolo, veloce e leggero per vincere qualche gara senza sbattersi troppo...certo è che il 357 magnum, anche se lui diceva che era stato ingiustamente sopravvalutato dal cinema, ha una potenza alla bocca di fuoco (ME, muzzle energy) di circa 624 piedi x libbra (ft-lb), contro gli appena 204 del 22 LR, quindi una potenza tripla! Nonchè quasi doppia rispetto al 9mm parabellum della Beretta 92FS (342 ft-lb) e del .45 ACO della classica Colt M1911 (369 ft-lb)...Quindi insomma avrebbe potuto divertirsi un bel po' al poligono (o in campagna coi barattoli, come voleva fare)! Certo è che il 22 long rifle (diventato tristemente famoso per la vicenda del mostro di Firenze), è un calibro molto molto veloce (proprio perchè molto leggero), siamo a 1750 piedi-per-secondo (MV, muzzle velocity) alla bocca di fuoco. contro i 1500 fps (357 Magnum) e i 1155 fps (9mm para), però di scarsissima potenza. Ma a quanto pare è il più diffuso al mondo, non so un motivo ci sarà. Se voleva una canna da almeno 5" (come aveva poi chiesto all'armaiolo) avrebbe potuto cercare sempre tra i revolver e comunque sempre un 357 magnum ma tant'è. 2) al ristorante, in compagnia di Sauro (che morirà subito dopo), Vittorio spara al collo dello "Slavo", uccidendolo istantaneamente, col revolver che Sauro gli aveva regalato e che era "una sua vecchia conoscenza", uno Smith & Wesson (type 38 o 49? entrambi erano già usciti all'epoca del film) calibro .38 special modello 'bodyguard airweight' (per chi volesse fare i dovuti confronti coi calibri sopraccitati, il .38 Special ha ME=290 ft-lb ed MV=1090 fps, quindi come potenzia siamo sempre sopra alla semiautomatica 22 LR, comprata e poi rubata, in armeria); 3) la sparatoria notturna coi tre amici dello "Slavo", dopo che viene inseguito e cade dal motorino, prima che i delinquenti mettano in atto il progetto di bruciarlo vivo...in questo caso come dicevo sopra, si tratta (nuovamente) di un revolver calibro .38 Special (essendo il calibro uguale, potenza/ME e velocità/MV restano identiche), cambia solo il modello, S&W type 15-3, con canna però decisamente più lunga (165mm = 6.5") rispetto allo S&W 38 (o 49). Concludendo, il modello che gli aveva presentato l'armaiolo era decisamente il più potente dei tre, nonostante la canna corta (ME = 624 ft-lb .357 magnum, contro i 290 ft-lb del .38 special e i 204 ft-lb del .22 long-rifle). A quel punto perchè scavare in punta le cartucce in modo da rendere le palle perforanti? Non sarebbe stato meglio comprarsi direttamente un calibro più grosso (magari il 357 magnum che gli aveva proposto da subito il buon Renato Scarpa :-)? Per finire, la battuta più divertente di tutto il film, pronunciata in quella che forse è la vera scena chiave della storia, al supermercato, Vittorio dice ad Ada: "ma io non ci ho niente, è la vita che faccio, sempre col cu.. stretto, oggi ho avuto una strizza, me la sentivo nell'aria la rapina...meno male che è finita 'sta giornata" (irrompono i rapinatori "FERMI TUTTI E' UNA RAPINA!")..."non è finita..." (crampi allo stomaco dalle risate ogni volta che ci penso :-)

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Ultima risposta 16/11/2020 14.40.29
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Goldust  @  13/01/2020 15:08:07
   6 / 10
Pellicola che va collocata in quel filone di cinema italiano di impegno civile degli anni settanta, dove l'insoddisfazione verso la legge e lo stato era spesso cavalcata. Manfredi è notevole anche nel registro drammatico e nessuno può mettere in dubbio il contrario eppure l'opera di Montaldo, costruita su di un crescendo di ingiustizie sulla scorta de " Un borghese piccolo piccolo", viene un pò strozzata da un finale non in linea con gli accadimenti ed esageratamente sensazionalistico. Dalla questione della giustizia personale alla difesa delle armi, dall'incomunicabilità matrimoniale al ruolo dei mass media nella società odierna ci sono tanti bei temi sul tavolo, non tutti sono però sviluppati a dovere.

Max_74  @  12/11/2019 14:23:17
   9 / 10
Giuliano Montaldo (Sacco e Vanzetti, lo sceneggiato Marco Polo) al suo decimo lungometraggio propone un'analisi lucida e terribilmente attuale, oggi ancor più che allora, sul tema dell'insicurezza e giustizia privata in qualche modo già iniziata da Monicelli due anni prima con Un borghese piccolo piccolo e con Il giustiziere della notte cinque anni prima, ma si discosta da quest'ultimo per maggior profondità e qualità stilistica. Tensione narrativa, disagio e impotenza che si avverte attraverso forse una delle più intense interpretazioni di Manfredi il quale volle a tutti i costi recitare nel film nonostante i suoi problemi di salute. Si simula un'ambientazione a Milano ma il film è girato quasi interamente a Roma nel quartiere Testaccio (la casa del protagonista), Viale della Serenissima prima della costruzione del ponte (dove vi è l'attuale stazione Serenissima, nella sequenza dello jogging tra lui e un ottimo e compianto Mezzogiorno) e molto altro. Gli unici momenti fuori Roma sono tre, due tra i quali la sequenza di fronte allo stadio San Siro a Milano, poco prima di entrare nel poligono, e Villa Parisi a Frascati, dimora del datore di lavoro Nicola / Foà . Il tutto condito da una fotografia fredda, perfettamente in sintonia con il dramma che il protagonista vive. Manfredi discusse con Montaldo sulla scelta del finale; egli voleva che alla fine il protagonista compiesse la sua vendetta ma Montaldo la riteneva troppo in antitesi con il messaggio del film. Comparsate di Mario Brega, qui doppiato in accento milanese, nella parte di uno dei banditi che perseguitano Manfredi. Da brividi la sequenza della sparatoria nella quale Manfredi usa per la prima volta la pistola su qualcuno difendendosi dall'aggressione, e ottime musiche di Morricone. Probabilmente Un Manfredi e una sceneggiatura in odor di Oscar se fosse uscito in America. Una perla da rivalutare assolutamente, purtroppo raramente visibile in televisione.
Forse gli unici che possono tenere testa, per tematica e tensione narrativa, sono Taxy driver (1976) e Il verificatore (1995) di Stefano Incerti, oltre al già citato Un borghese piccolo piccolo (1977).

Tra le frasi da ricordare:
'è un fatto di balistica, ma voi che ca...o ne sapete di balistica', dice in fuori campo Manfredi durante l'aggressione.

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Ultima risposta 12/11/2019 14.26.15
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Oskarsson88  @  25/10/2018 02:08:52
   7 / 10
Amaro film sulla pistola che finisce per dominare il proprietario dalla grama vita

Invia una mail all'autore del commento Andre82  @  27/11/2017 13:12:19
   7 / 10
Bel film che è più attuale di quanto si possa pensare e che è invecchiato ottimamente con un ottimo Nino Manfredi. Non vado oltre al 7 come giudizio per il finale, che si poteva realizzare meglio.

VincVega  @  01/09/2017 10:46:39
   7 / 10
Pellicola italiana come solamente si facevano una volta. Come già detto, sulla scia di "Un Borghese Piccolo Piccolo", "Il Giocattolo" presenta un plot tanto semplice quanto efficace, ma soprattutto attuale, nonostante il film sia di quasi 40 anni fa. Come già detto da altri utenti, finale abbastanza inconcepibile e buttato via (se si cerca in rete, il finale originale era un altro, scelta comprensibile in quanto cambiava il senso, però si poteva e si doveva fare di più col finale poi girato).

clint 85  @  16/12/2016 01:25:42
   7½ / 10
I film con Manfredi protagonista per me ormai sono sinonimo di garanzia..

dagon  @  12/12/2015 18:52:57
   8½ / 10
Veramente un piccolo gioiello, questo di Montaldo. Per certi versi accostabile a "il giustiziere della notte" ma, ovviamente, mentre nel grossolano film di Winner c'era un manicheismo esagerato ed una visceralità efficace quanto manipolativa (oltre ad una visone di fondo quanto meno discutibile), in questo siamo su ben altro livello. Il personaggio di Manfredi, in un' altra grande e sfaccettata interpretazione, è reso in maniera veramente straordinaria: grovigli di emozioni, di pulsioni, dilemmi etici, in un lento ed inarrestabile sprofondare nell'abisso, resi con un approccio quasi psicoanalitico. Un film che fa riflettere (e oggi mi sembra ce ne sia bisogno).

ferzbox  @  10/01/2013 21:12:40
   8 / 10
Questo è uno dei film con Nino Manfredi più belli che abbia mai visto,una storia drammatica estremamente intensa e malinconica.
La storia di un uomo che è sempre stato vittima della società intorno a lui e di se stesso,che ostenta a vivere con dignità e che si ritrova,a causa di una rapina nei suoi confronti,a dover reagire...
Così quest'uomo decide per la prima volta nella sua vita di fare qualcosa di coraggioso,qualcosa che serva a difendere se stesso,a far si che possa riprendere la sua dignità...si compra un arma per difendersi...una pistola...il suo giocattolo....finalmente ha la possibilità di dimostrare quello che vale...
Ma si può dare una pistola ad un uomo del genere?....cosa succederebbe a qualcuno che per una vita intera non ha mai reagito ed improvvisamente decide di farlo?
Le risposte vengono date tutte dal regista Giuliano Montaldo,che accompagna lo spettatore passo passo verso la triste soluzione finale.

C.Spaulding  @  05/08/2012 17:30:13
   7 / 10
Buon film. Un dramma ben girato e ben recitato da un bravissimo Nino Manfredi. Un film che intrattiene bene e non annoia nonostante le due ore. Da vedere !!!

Gruppo COLLABORATORI SENIOR The Gaunt  @  05/05/2012 11:03:40
   7 / 10
Secondo me Il giocattolo non è assimilabile al Giustiziere della notte. Non c'è nel protagonista (eccellente Manfredi) né l'ossessione di vendetta, tantomeno la risposta sproporzionata del comune cittadino verso il dilagare della delinquenza. E' un dramma più minimalista di un uomo debole che si fa scudo delle armi per riottenere il rispetto degli altri, diventando gradualmente egli stesso un giocattolo dominato dal proprio giocattolo. Anche io sono rimasto perplesso sul finale, a mio parere frettoloso.

Gruppo COLLABORATORI Marco Iafrate  @  24/10/2011 19:22:37
   7½ / 10
Luci ed ombre su quello che poteva essere considerato il fratello minore di quel capolavoro inarrivabile di Monicelli "Un borghese piccolo piccolo". Il dramma che vive Barletta/Manfredi non si può paragonare certo a quello vissuto da Vivaldi/Sordi, non c'è la morte di un figlio a segnare l' esistenza di un uomo, ma la scomparsa violenta di un amico può innescare gli stessi propositi di vendetta, Vivaldi la sua vendetta l'ha meditata, brutalmente organizzata e messa in atto, Barletta non ne ha avuto il tempo, in tasca aveva un'arma e l'ha subito usata, questi gesti purtroppo quasi sempre portano delle conseguenze drammatiche.
Il film è centrato tutto sulla figura del protagonista e sul suo percorso di vita scandito da due elementi fondamentali, la sua passione per le armi e la frustrazione di uomo mediocre ma bomba ad orologeria se certe pericolose passioni assumono le forme dell' ossessione.
Tutto inizia come un gioco, un hobby, c'è chi ha la passione degli orologi, chi delle cartoline d'epoca e chi quella per le armi, il problema sta nel fatto che orologi e cartoline non uccidono, le armi sì; "Un uomo non muore nel momento in cui gli spari, quando compri una pistola e cominci a girare armato quell'uomo è già morto", queste semplici parole sussurrate dal suo amico Sauro Civera (il compianto Vittorio Mezzogiorno) suonano come un vaticinio per Barletta, accadrà proprio questo, inevitabilmente, come un copione già scritto centinaia di volte.
A penalizzare la pellicola, ad allontanarla da quelle che rimangono impresse nella memoria, c'è un finale drammatico nella sostanza ma grottesco nella rappresentazione, un piatto tiepido che fa storcere il naso, tutto fila liscio fino ai dieci minuti conclusivi dove il regista prima calca la mano e poi si distrae, errore imperdonabile dal momento che l'intero film è costruito sul finale, peccato. Tutto sommato un film che merita comunque di essere visto, per la bravura di Manfredi e per alcune scene veramente commoventi, su tutte quella del pianto di Barletta chiuso nel bagno di casa distrutto dai sensi di colpa nei confronti della moglie malata. Guardatelo.

Invia una mail all'autore del commento marco986  @  14/10/2011 23:02:20
   8 / 10
Bel film sulla scia del borghese piccolo piccolo.Manfredi super

Leonardo76  @  27/08/2011 14:27:31
   8½ / 10
La "versione intelligente" del giustiziere della notte (bel film anch'esso ma più incentrato sull'azione e con 0 critica), un film triste e bellissimo, con una storia d'amicizia contornata dalle solite miserie umane così ben raffigurate nelle commedie italiane anni 60/70. Comparsata di Mario Brega nei panni di un delinquente cosiiiii.

Invia una mail all'autore del commento baskettaro00  @  18/10/2010 21:19:24
   8 / 10
Ottimo film interpretato dal grandissimo Nino Manfredi.
Bella trama, quasi due ore che non si avvertono minimamente e una prova recitativa di Saturnino davvero valida.
Diverte, in alcuni punti rattrista e carica lo spettatore di malinconia, io mi ci sono affezionato al protagonista e più volte m'ha fatto tenerezza.
Peccato per il finale un po' superficialotto ad essere sinceri, altrimenti l'8 e mezzo era garantito.
Consigliato, un film come oggi non se ne fanno più, non ci son gli attori d'una volta...

donfabios  @  16/09/2009 20:14:26
   9 / 10
il film è fantastico , un taxi driver all'italiana.
Ma un finale così idiota... peccato.

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Ultima risposta 16/09/2009 20.15.10
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Lunatico  @  23/03/2009 23:50:55
   8½ / 10
GRAN FILM......NINO ENORME....IL FINALE MI HA UN PO' DELUSO, ALTRIMENTI ERA DA 10

rapture  @  04/12/2007 00:22:01
   8 / 10
"Non è quando spari che lo ammazzi. Quel cristiano, chiunque sia, è gia morto nel momento stesso in cui decidi di girare armato."

Il giocattolo: una pistola per difendersi dagli altri ma non da se stessi, il giudice per rivendicare ciò per cui non si è lottato per una vita intera: il rispetto di sé.
Regia efficace, grande interpretazione di Manfredi, struggenti le musiche di Morricone.

Chi semina piombo raccoglie violenza.

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