il figlio regia di Jean-Pierre Dardenne, Luc Dardenne Francia 2002
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il figlio (2002)

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locandina del film IL FIGLIO

Titolo Originale: LE FILS

RegiaJean-Pierre Dardenne, Luc Dardenne

InterpretiOlivier Gourmet, Morgan Marinne, Isabella Soupart, Nassim Hassaïni, Pierre Nisse, Anne Gerard, Annette Closset, Félicien Pitsaer

Durata: h 1.40
NazionalitàFrancia 2002
Generedrammatico
Al cinema nell'Ottobre 2002

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Trama del film Il figlio

Olivier ha una piccola falegnameria dove accoglie ragazzi problematici appena usciti dal riformatorio. Un giorno, un'assistente sociale gli chiede di poter prendere come apprendista Francis, un adolescente ansioso d'imparare il mestiere. Ma Oliver rifuta con fermezza e, di nascosto, si mette a pedinare il ragazzo come se ne fosse al tempo stesso attratto e spaventato...

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Voto Visitatori:   7,42 / 10 (36 voti)7,42Grafico
Miglior attore (Olivier Gourmet)
VINCITORE DI 1 PREMIO AL FESTIVAL DI CANNES:
Miglior attore (Olivier Gourmet)
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Voti e commenti su Il figlio, 36 opinioni inserite

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  Pagina di 1  

kafka62  @  26/02/2018 16:32:25
   7 / 10
"Il figlio" è un film sulla paternità, nel senso che essa, a differenza della maternità basata sull'"essere", si concretizza nel "fare", o meglio nel "saper fare", e nel desiderio di trasmettere ad altre generazioni questo sapere. L'esperto falegname Olivier, nell'insegnare il suo mestiere a ragazzi "difficili" e disadattati, esprime proprio questa vocazione, e tanto più lo fa con l'ultimo arrivato che, caso vuole, è niente meno che il ragazzo, appena uscito dal riformatorio, che cinque anni prima gli aveva ucciso il figlio. Entrambi, uomo e ragazzo, hanno un vuoto, una mancanza (o meglio una "assenza") da riempire, e il rapporto che si instaura tra loro (poche parole e tanti gesti, appunto) è inequivocabilmente quello tra un padre e un figlio, magari adottivo (e a questo proposito mi viene da pensare che Geppetto, il padre adottivo per eccellenza – anche se raramente lo si è visto in questa ottica – non poteva che essere un falegname).
"Il figlio" è un film profondamente etico, anche se, a ben vedere, non c'è in esso un vero e proprio spirito di redenzione: il ragazzo non pare sinceramente pentito del delitto commesso (l'unico dispiacere è quello di avere trascorso cinque anni di reclusione), e l'adulto forse non lo ha veramente perdonato. Ma non importa, giacché, lungi dal raggiungere esiti tragici come un altro film di molti anni prima per molti versi analogo, vale a dire "Un borghese piccolo piccolo", "Il figlio" approda comunque a un rapporto di sofferta tolleranza e di testarda comprensione, fondato proprio sul reciproco riconoscimento della debolezza e dei limiti umani. Il che, in un'epoca di odi atavici, ritorsioni ineluttabili e logiche dell'"occhio per occhio, dente per dente", non è davvero poco.
Film più importante che bello, "Il figlio" da una parte rimanda a Kieslowski per l'assunto morale di partenza, dall'altra si iscrive nella tendenza lanciata da Von Trier con il suo Dogma di girare film "con la mano sinistra" (ossia cinepresa a mano, piani sequenza, niente musica, ecc.). C'è comunque un tratto personale nel modo di girare dei fratelli Dardenne: ed è in quella insistenza, a tratti persino fastidiosa (soprattutto all'inizio) di pedinare i personaggi, di far quasi sentire loro il fiato sul collo, di escludere l'ambiente circostante per concentrarsi sul loro ristretto campo visivo, a costo di correre il rischio (certamente voluto e calcolato) di fare entrare nell'inquadratura nuche, muri e altri oggetti che ostacolano la visione facendola spesso apparire sgradevole e anti-estetica. Anche con questi limiti oggettivi, quello dei due Dardenne è comunque un cinema da vedere e meditare.

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