Matilde, Cencio, Fulvio e Mario sono come fratelli quando il dramma della seconda guerra mondiale travolge Roma. L'anno è il 1943 e, nel pieno del conflitto, la città eterna ospita il circo in cui lavorano. Israel, il proprietario e loro padre putativo, scompare nel tentativo di aprire una via di fuga per tutti loro oltre oceano. I quattro giovani sono allo sbando. Senza qualcuno che li assista ma, soprattutto, senza il circo, hanno smarrito la loro collocazione sociale e si sentono solo dei fenomeni da baraccone, "a piede libero" in una città in guerra.
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Visivamente è imponente e spettacolare, sembra una delle migliori produzioni hollywoodiane. Però mi è sembrato un film che non sapeva bene dove andare a parare, un po' fantasy, un po' azione, un po' storico, un po' drammatico, ma anche un po' niente di tutto questo: come se l'autore avesse avuto un eccesso di ispirazione, un sacco di ingredienti da mettere dentro in una pentola troppo piccola per cuocere tutto a sufficienza.
Oltre al comparto tecnico eccezionale anche il cast è di buonissimo livello, con eccezione forse solo della ragazza che interpreta Matilde, che non è male ma in alcune scene non è nemmeno al livello dei suoi colleghi. Dalla sua ha comunque la scusante della giovanissima età.
I personaggi sono tutti molto particolari, il che li rende sicuramente affascinanti anche se per quanto riguarda il mio gusto personale il troppo strano stanca presto. Discutibili anche alcune scelte, in particolare riguardo al tedesco che sogna il futuro, perché finché suona "Creep" o "Sweet child o' mine" al pianoforte è tutto molto suggestivo, ma le scene con lo smartphone le ho trovate un po' pacchiane e al limite del trash.
Tanta qualità, ma non sfruttata nel migliore dei modi.