La storia è ispirata alle sanguinose rivolte che sconvolsero Detroit nel 1967. Tra le strade della città si consumò un vero e proprio massacro ad pera della polizia, in cui persero la vita tre afroamericani e centinaia di persone restarono gravemente ferite. La rivolta successiva portò a disordini senza precendenti constringendo cosi', ad una presa di coscienza su quanto accaduto durante quell'ignobile giorno di cinquant'anni fa.
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Ci sono film che raccontano la storia di uno o più personaggi, focalizzandosi sulla loro interiorità e sulla realtà (piccola o grande che sia) che li circonda. Ci sono poi film che si preoccupano di raccontare non tanto il personaggio quanto invece un'epoca, un luogo, un'atmosfera, un clima storico. Questo Detroit dell'inaffondabile Bigelow, con l'aiuto di una portentosa sceneggiatura di Boal, riesce nell'impresa di fare entrambe le cose: raccontare una parte, un singolo, un gruppetto ristretto di personaggi e raccontare il tutto, il luogo e il tempo in cui quei personaggi agiscono. Ecco quindi che con uno stile imparziale, senza fronzoli, quasi documentaristico siamo catapultati nella Detroit di fine anni '60, tra scontri razziali, sommosse, repressioni, tensioni, paure e desideri di riscatto e libertà. Seguiamo i personaggi, quasi li spiamo, come se non dovessimo essere lì e assistiamo, nostro malgrado, alle ingiustizie che subiscono. Punta di diamante nel cast di attori semi-sconosciuti è Will Poulter, il ragazzino impacciato e succube delle angherie di Tom Hardy in Revenant, qui molto lontano da subire ancora soprusi e invece molto più propenso a torturare i suoi malcapitati. Una vera faccia da schiaffi! Forse troppo... forse il suo personaggio è sempre cattivo - cattivo - cattivo e non lo si percepisce mai a tutto tondo. Ma tant'è... il film è di suo riuscitissimo, angosciante e snervante.