A Los Angeles nel 1937 un investigatore privato scopre, occupandosi di un caso banale, un omicidio collegato a un caso di corruzione pubblica e una terribile e scandalosa vicenda privata.
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VINCITORE DI 1 PREMIO OSCAR: Miglior sceneggiatura non originale
VINCITORE DI 4 PREMI GOLDEN GLOBE: Miglior film drammatico, Miglior regista (Roman Polanski), Miglior attore in un film drammatico (Jack Nicholson), Miglior sceneggiatura (Robert Towne)
A distanza di decenni, "Chinatown" non ha perso nulla del suo fascino, anzi... una struttura classica così come tutt'altro che classica è la deformazione psicologica dei personaggi, che vorresti (poter) odiare, altre volte amare, altre ragione impedire loro di piangere... una struttura assolutamente perfetta (anche tecnicamente, pensiamo a quel fiume senza acqua dove un uomo annega misteriosamente: riuscite a immaginare un'immagine altrettanto bella?) dove Polansky si diverte ogni volta a confondere o arricchire di indizi lo spettatore (le realtà - vere o presunte che siano - rivelate). Ovviamente straordinari tutti gli interpreti, da un Nicholson trasognato in un ruolo inconsueto, a una Dunaway così bella e fragile da "dover" essere incontestabilmente ANCHE pericolosa, fino alla figura incredibilmente laida e crudele di Huston, e del potere che esercita sulla comunità.
Ma è soprattutto quel finale immenso, amarissimo e rassegnato (il Male vince, sempre e comunque) - ricorda la sequenza iniziale de L'infernale Quinlan di Welles, e non credo a caso - che restituisce al film la statura di un classico, a cominciare da quella frase (detta da Huston nel film) a cui tutti vorremmo rinunciare "i politici, i monumenti e le ******* sono tutti rispettabili se durano abbastanza".
Beh direi che alla fine Polansky ci impedisce di piangere