Butch Cassidy e Sundance Kid sono specialisti in rapine al treno. Braccati da una pattuglia della Union Pacific, espatriano in Bolivia con Etta, una maestrina innamorata di Sundance, dove proseguono per un po' la loro attività. Quando però decidono di abbandonare le rapine, il destino li attende al varco.
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"Butch Cassidy" è, probabilmente, il western più strano e atipico che abbia mai visto; ciò non toglie che, a fine visione, il prodotto sia risultato positivo e che, la pellicola, seppur particolare, colpisca per la spettacolarità di certe sequenze e per le ambientazioni afose e suggestive che si snodano in un arco temporale non definito (presumibilmente a fine Ottocento), tra Stati Uniti e Bolivia. In ambito recitativo, se posso essere sincero, Redford non mi ha colpito per niente e, anzi, non mi ha convinto più di tanto, sia per il look da selvaggio, in cui non ce lo vedo, sia per la figura piuttusto altezzosa del suo personaggio, il "Sundance Kid"; molto più bravo è stato Paul Newman, che, aiutato dal doppiaggio di Pino Locchi e dalla sua personalità brillante e vigile, ha regalato una delle sue più belle interpretazioni in tutta la sua filmografia. Molto valido è stato il montaggio, così come il sonoro particolare (mai visto il suono di una pistola così acuto e così metallico) e altrettanto valida la fotografia, sebbene non abbia apprezzato troppo il colore rosso-bruno delle scene iniziali al cinematografo. Buona la colonna sonora, benché abbia trovato eccessivo il premio Oscar (per un western, le musiche erano troppo folk o country, ci voleva più un Bernstein o un Morricone) e gradevole la regia di George Roy Hill. Emozionante l'epilogo, sebbene triste. Malinconiche le atmosfere del film.