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Kafka, Lynch o Kaufman permettendo, sarebbe potuto essere un "After Hours" 2.0, il film di Scorsese dell'85 in cui il protagonista, programmatore di computer, subisce per contrappasso un'odissea nell'allucinante caotica anomia dell'esistenza fin'a diventare "L'urlo" di Munch tridimensionale (https://www.bestmovie.it/news/una-delle-voci-piu-straordinarie-del-cinema-mondiale-martin-scorsese-tesse-le-lodi-di-beau-ha-paura-di-ari-aster/843455/). L'incipit del parto e l'epilogo dell'annegamento, sorta di ritorno al liquido amniotico, potevano apparire com'un approfondimento di quel grido secondo le linee guida di Cioran: "La caduta nel tempo" ('64). Ma Arister non ha sufficienti competenze per distinguere la Geworfenheit d'Heidegger, il "regressus ad uterum" di Ferenczi, "Il trauma della nascita" di Rank, l'Edipo di Sofocle e Freud, la figura materna castrante e la paranoia (fondata se si pensa a un horror politico). Oltretutto il capolavoro con Griffin Dunne dura la metà. Tonfo al box office e flop per l'A24 con la sua politica autoriale dell'"elevated horror". https://www.cineforum.it/voti/film/Beau_ha_paura