Un ex marine viene coinvolto suo malgrado nel tentativo di stabilirsi su di un pianeta particolarmente ricco di specie vegetali ed animali e di sfruttarne le grandi risorse: quando però la razza indigena si ribellerà a questo colonialismo cosmico, l’uomo passerà dalla loro parte per guidarne la rivolta.
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L'ho visto ieri sera per la seconda volta, e trovo solo adesso la voglia di scriverne. Innanzitutto perchè in seguito alla prima visione ero rimasto molto freddo. C'era sì il sensazionalismo di aver assistito ad una rivoluzione tecnica e tutta la mia attenzione era un pò rivolta al "guardare" e non percepire realmente quello che vedevo, che come tanti vedevo come superficiale,scontato, derivativo quindi secondario. Non l'avevo disprezzato ma mi ero sembrato un pò uno spreco di potenziale e niente per cui mi pareva ci fosse troppo da dire. Alla seconda visione l'ho apprezzato e me ne son fatto una personale idea più complessa,che propongo anche per rimettere in discussione l'idea di percezione e fruizione di un'opera, che è innanzitutto negli occhi di chi la guarda. Avatar è innanzitutto il massimo dell' artificio e allo stesso tempo il frutto e punto d'arrivo nel (ri)definire i punti di contatto con la sensorialità dello spettatore che prova l'esperienza paradossalmente più concreta possibile. E nel riportare lo spettatore a una sorta di meraviglia originaria sceglie al contempo la storia che più si intreccia e da significato all'operazione. Una storia in bilico tra passato, mito e futuro, tra natura e tecnologia, infine fortemente sintetica nei confronti del cinema popolare come al tempo fu Star Wars. E la differenza in termini di qualità tra forma e contenuto non mi sembra più così assoluta, e tallone d'achlle dell'intero progetto. Innanzitutto perchè il contenuto è la sua forma, con meriti che spingono a considerarlo con meno sufficienza. Per prima cosa il soggetto dell'avatar, è la metafora del corpo nuovo con cui fruiamo il film in termini di esperienza,quindi imprescindibile non analizzarlo secondo gli aspetti della rivoluzionaria tecnologia con cui è stato realizzato , e soprattutto del gusto creativo con cui è stata utilizzata con un senso compiuto nell'opera. Non si assiste più a un intromissione invasiva di effetti speciali di poco gusto a far perdere il senso di realtà, ma si ricrea una realtà altra totalmente immersiva, nella quale lo spettatore può addirittura "correre" grazie alle nuove gambe dell'avatar di cui il marines protagonista( un pò il simbolo di ciò che il cinema passato rappresentava) era sprovvisto. L'artificio digitale diventa così non qualcosa di estraniante, ma altra dimensione che si riappropria di una dignità filmica in cui stupire diventa secondario al far credere allo spettatore ciò che vede, che dimentica l'artificio e si gode allo stesso tempo un film fruendone nell'accezione più classica del termine. Una rivoluzione tecnologica "gentile" in questo senso in cui la tecnica non sovrasta l'uomo per ergersi a prodigio fine a se stesso,tanto più che vuole provocare meraviglia proprio per le cose anche più elementari, e per questo la scelta della tematica ecologista e la meraviglia nei confronti di ciò che è naturale. Un paradosso stimolante. La creatività e il gusto con cui è stata realizzata questa dimensione "naturale" è poi frutto tutto umano. E dire che dai trailer tutto mi sembrava molto più banale ma nel film acquista significato compiuto. La sensazione è che Avatar rappresenti dopo la Pixar il miglior esempio di cinema digitale possibile, ma in qualche modo ne diventa ancor di più simbolo di passaggio,quindi caposaldo, anche in virtù delle sue chiavi di lettura metatestuali. Comunque i punti di contatto con Wall-e(capolavoro) sono diversi. Aldilà di tutte queste considerazioni concettuali, che se fossero solo puramente tali il film in realtà non varrebbe tanto ma è proprio il fatto che il film ha nei fatti un "corpo" concreto,tangibile e bello che ne da i presupposti di significato dell'operazione,invece che amare un concetto "platonicamente" senza forma e quindi non il film stesso, il film segue un canovaccio convenzionale per quanto riguarda svolgimento e personaggi, però in maniera funzionale al film e sopratutto per un grande pubblico che in realtà sembra non volerne fare a meno di grandi convenzioni narrative. Ed è anche legittimabile per certi punti di vista, non sono mai state le storie a rendere grande il cinema ma il cinema a rendere grandi le storie. Il cinema popolare ha sempre vissuto di profondi schematismi, storie finzionali dallo svolgimento prevedibile ed edificante, buoni netti contro cattivi netti,la vittoria dei primi. Insomma grandi evasioni, ancor più grosse bugie. Ma quanta storia del cinema passa per di qua? Vogliamo far finta di no? Diventano pretestuose le critiche che fanno notare solo l'evidenza, non ricordando magari di aver apprezzato in passato magari diversi prodotti simili magari con spirito meno cosciente e naif. Che Star Wars lo abbiamo apprezzato è perchè prima di tutto era una fiaba edificante,e grazie a queste storie ci siamo un pò illusi,divertiti e abbiamo amato il cinema. Tutte le considerazioni postume più approfondite sono frutto di una giustificazione di un atto d'amore sincero. Avatar in tutta la sua complessità futuristica tecnologica è un film splendidamente naif, che scava nel mito umano(e le sue semplificazioni) e anche nell'originarietà del cinema, storie semplici e primarietà della sensorialità, che cerca prima lo sguardo dello spettatore e la sua soggettività che non un intrinseca complessità d'intenti. E si, la critica all'imperialismo americano è chiaramente troppo gridata e funzionale al resto per essere sincera e vero messaggio espressivo,che pur fingendo arriva.Ma è chiaro che il senso sincero dell'operazione avatar( chiaramente oltre a quello commerciale) sta di fatto in ciò che è cinema, volto a creare cinema nell'accezione in cui la intende il suo creatore,ingiusto considerarlo solo come un mestierante, ma forse la personalità che più ha saputo cogliere lo scettro di Lucas (che ovviamente è ancora ad altri livelli per quanto riguarda scrittura creativa nella prima saga). Con tutto ciò è chiaro che la scrittura del film rimane anche per me "ingessata",con personaggi bidimensionali ma funzionali e comunque vivi nelo spirito unitario e di fondo del film che si fa sentire,così come ritengo che un senso di regia molto ben presente c'è e si fa sentire nel senso più classico. Stiamo comunque parlando di blockbuster,prodotti divertenti ma il gusto c'è,c'è il respiro della storia comunque convenzionalmente ben riprodotta e con un' unica grande battaglia di fondo,adrenalinica come si conviene a Cameron, e non sequenze action ogni due minuti per distrarre lo spettatore. Oltre le logiche commerciali c'è anche una sintesi di unità d'intenti artistici. A me ha comunque ricordato quanto mi piacciono questi ariosi voli di fantasia quando li so cogliere nello spirito giusto. A due visioni differenti mi ha ricordato come un fim sia negli occhi di chi lo guarda,nello spirito soggettivo di chi e come vuole viverli.