Kurtz, colonnello dell'esercito statunitense in Vietnam è uscito dai ranghi, ha sconfinato in Cambogia con i suoi uomini e ha costituito una sorta di impero personale dove combatte una sua feroce guerra privata. Al capitano Willard è affidata la missione di raggiungere Kurtz nel suo territorio e di eliminarlo. Sarà un viaggio terribile, punteggiato di insidie e, ancor più, avvelenato da molteplici orrori.
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VINCITORE DI 2 PREMI OSCAR: Miglior fotografia, Miglior sonoro
VINCITORE DI 1 PREMIO DAVID DI DONATELLO: Migliore regista straniero
VINCITORE DI 3 PREMI GOLDEN GLOBE: Miglior regista (Francis Ford Coppola), Miglior attore non protagonista (Robert Duvall), Miglior colonna sonora (Carmine Coppola, Francis Ford Coppola)
VINCITORE DI 1 PREMIO AL FESTIVAL DI CANNES: Palma d'oro
Coppola, dotato di un'innata maestria ed estro non solo autoriale, ma anche psicanalizzante nel ritrarre le impercettibili eppur sì avvertibili dicotomie interiori presenti nell'animo umano ( basti pensare ai primi fotogrammi della seconda parte della trilogia de "Il padrino"), con questa pellicola, che, effettivamente, viene introdotta al pubblico soltanto al termine della sua consequenzialità, come ben dice Dennis Hopper, logico-dialettica, oltrepassa la pura fantomatica fallacità della semplicistica intercomunicabilità bene-male, o, ancor meglio, razionalità-irrazionalità, in ordine tale da focalizzare la sua atra e lugubre storia su un'inferenza formulativa molto più suggestiva e sottintesa agli atti di forza dei protagonisti della guerra del Vietnam: l'espansione auto-etero cogitiva dell'inagiatezza del "Kaos" della mente umana, che, nell'ineluttabilità del contrasto traslato dai dettami imprescindibili del "polemos", della guerra, rende fenomenologici i dissidi anapercettibili scindentesi e coagulantesi all'interno dell'indole dell'uomo, ossia il dis-ordine ( ivi punto di patenza e, al contempo, fine dell'opera) e l'armonia, mai del tutto riappacificante, sorgente dall'innerirsi dei contrari ( alla stregua di una filosofica induzione di matrice eraclitea).La deduzione stessa di Platone riguardante il sostrato della natura dell'uomo ( "essa, tanto nel giovane, quanto nel vecchio, è sempre stata non calma e tranquilla, ma agitata ed inquieta") viene ad essere, in un certo qual modo, conclusione manifesta, rinvenibile già alla superficie del contenuto a forte componente trattatistico-teorica presente in questo magistrale capolavoro.Difatti, sembra voler asserire il regista, l'intero film, eccettuata la "presentazione" finale del se-annientamento operato dalla mano e dal pensiero umano, è una magniloquente e riflessiva trasposizione delle origini dei precordi della ragione, che, attraverso l'idonea adattazione della voce a-parte fuori campo di Martin Sheen, diviene esaminazione di se stessi, sicchè "Apocalypse Now", pur non adoperando un sistema cinematografico di stampo puramente metafisico, riesce eccellentemente nell'impresa di appropinquarsi allo studio, zelo dell'apatica e mobile potenzialità dell'umanità, intendendo affermare, mediante lo splendido personaggio interpretato da Marlon Brando, vero proto-antagonista della narrazione dettagliata della scansione della cognoscitiva sospensione dell'uomo, che la guerra non è la turgida occlusione della vita, ma la pirenica apparenza teleologica ( terminazione) in-statica dell'oscillante estremità pendente dalla volontà."I migliori angeli della nostra indole" vanno deflagrandosi nel lavacro delle proprie ubrità.