animali selvatici regia di Cristian Mungiu Romania, Ungheria 2022
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animali selvatici (2022)

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locandina del film ANIMALI SELVATICI

Titolo Originale: R.M.N.

RegiaCristian Mungiu

InterpretiMarin Grigore, Judith State, Macrina Barladeanu, Orsolya Moldován, Rácz Endre

Durata: h 2.05
NazionalitàRomania, Ungheria 2022
Generedrammatico
Al cinema nel Luglio 2023

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Trama del film Animali selvatici

Una riflessione sulla storia della Romania attraverso l'incontro con le comunità che ne fanno parte: rumena, ungherese, moldava. Un uomo rientrato a casa dall'estero per Natale ritrova un paese immerso nella paura irrazionale e immotivata verso lo straniero, pronto a esplodere in una rabbia senza controllo.

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Voto Visitatori:   5,50 / 10 (3 voti)5,50Grafico
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Voti e commenti su Animali selvatici, 3 opinioni inserite

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benzo24  @  16/08/2023 20:08:00
   1 / 10
Filmaccio pieno di luoghi comuni e frasi fatte che non prende mai in considerazione il punto di vista dell'altro (i cingalesi) e con un finale buttato a caso che molti sbagliando interpretano come ambiguo, mentre invece è solo ridicolo

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Thorondir  @  12/07/2023 14:34:47
   8 / 10
Stesso tema di "As Bestas" di Sorogoyen e stessa ambientazione rural-montanara. Con questo "R.M.N." Mungiu fa davvero la risonanza magnetica di un microcosmo che funziona come macro: ma a ben vedere è un film che invece della fredda Transilvania poteva essere ambientato anche in qualsiasi piccolo paesino d'Italia (e d'Europa). E vi assicuro che vivendo in un paese piccolo dell'Italia centrale non posso che aver rivisto in questo film le dinamiche tipiche anche della nostra quotidianità: perché in effetti quello che Mungiu fa, non schierandosi politicamente (quello lo si può fare nelle interviste, senza così didascalizzare l'opera), è fotografare l'esistente. Non un atto d'accusa, ma l'enucleazione di una realtà che esiste, c'è, e tacerla significa, quello si, fare una precisa scelta politica. Mungiu ci porta nei crepacci di un paese per lui ormai pessimisticamente perduto (tema già emerso con estrema forza in quell'altro suo gioiello che è "Un padre, una figlia"). E Mungiu, con il suo classico sguardo analitico e asettico fa affiorare le contraddizioni di questo micro-macro mondo: quelle di un paese in cui se ne vanno via tutti per lavorare in Germania o in Italia ma dove gli altri non possono venire a lavorare anche se ci sono posti di lavoro vacanti. Quello di chi, minoranza (gli ungheresi), non vorrebbe forestieri, quasi vi possa essere il timore di vedere un'altra minoranza nascere e quindi veder incrinati i propri "diritti". Ma lo sguardo di Mungiu, come detto, è anche disilluso nei confronti dei "progressisti" (qui esemplificati dalla figura della giovane dirigente d'azienda): di fatto il problema nasce da paghe misere, da una spietata lotta al ribasso, da una sorta di ineliminabile darwinismo sociale negli interstizi dimenticati d'Europa (mentre l'azienda percepisce i fondi europei). E con la classica padronanza della sceneggiatura, limata al dettaglio, Mungiu da vita ad un altro film drammaticamente pessimista e purtroppo tremendamente vero. Non convinto solo da quel finale sospeso.

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Gruppo COLLABORATORI SENIOR The Gaunt  @  06/04/2023 22:33:52
   7½ / 10
R.M.N. è la risonanza magnetica di un luogo che può essere applicata non soltanto alla piccola realtà di un villaggio transilvano, ma credo a tutto il cosidetto mondo occidentale. Il tema è l'intolleranza verso lo straniero che si presume venga a rubare il lavoro ai locali. Peccato che i locali tale lavoro non lo vogliono assolutamente fare al salario minimo, un po' come in Italia si protesta che gli stranieri che vanno a raccogliere i pomodori rubano il lavoro agli italiani. Come se gli italiani fanno a botte per di andare a lavorare nei campi. Aldilà di questo, Mungiu scava ancora più in profondità cioè nel passato di questa comunità, che al suo interno è di per sè multiculturale con la maggioranza rumena, ma con minoranze ungheresi, tedesche ed altre etnie. Mostra quanto l'equilibrio stesso tra tali etnie sia fragile e pronto ad esplodere (Ve la ricordate la Jugoslavia?). Mungiu sceglie il personaggio di Matthias (discrimnato a sua volta come "zingaro" in Germania) come punto di osservazione delle tensioni all'interno del piccolo villaggio, tuttavia pur conservando un approccio realistico nel finale vira molto sul surreale, cosa abbastanza inedita per quello che ho visto di questo regista. Bella anche la fotografia che esalta l'atmosfera cupa e grigia del paese mai solcato dai raggi solari. Anche la regia è di ottimo livello. Pur seguendo principalmente il personaggio di Matthias, il fuori campo riveste una funzione importante come un qualcosa di minaccioso che incombe sui personaggi. Un film notevole per la capacità di Mungiu di analizzare in profondità un piccolo contesto che può essere applicato anche contesti più grandi.

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