Recensione dieci piccoli indiani regia di René Clair USA 1945
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Recensione dieci piccoli indiani (1945)

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locandina del film DIECI PICCOLI INDIANI

Immagine tratta dal film DIECI PICCOLI INDIANI

Immagine tratta dal film DIECI PICCOLI INDIANI

Immagine tratta dal film DIECI PICCOLI INDIANI
 

Otto persone che non si conoscono tra di loro ricevono dal signor U.N. Owen un invito a recarsi in una villa situata su un'isola del Devon.
A popolare la villa e l'isola ci sono solo i signori Rogers, i domestici che accolgono gli invitati. Ben presto i dieci si renderanno conto di essere caduti in una trappola nella quale ciascuno di loro perderà la vita a causa di un delitto commesso e mai punito. Ad ogni morte eseguita in base ai dettami di una nota filastrocca, una delle dieci statuine poste sul tavolo della sala da pranzo, verrà distrutta dall'ospite misterioso e segreto. Ben presto ci si renderà conto che il signor Owen altri non è se non uno degli stessi invitati…

Uno dei più grandi romanzi gialli mai scritti, "Dieci piccoli indiani" di Aghata Christie, ha ispirato non solo questo e altri omonimi film successivi, ma molti dei gialli e dei thriller a venire.
Questo perché il suo meccanismo perfettamente oleato riesce a catturare l'attenzione del lettore (in questo caso dello spettatore) in maniera quasi maniacale, proprio perché non si vede l'ora di scoprire il colpevole e di venire a conoscenza dei suoi movimenti e degli espedienti ai quali è ricorso per ottenere determinati risultati. Nessun mistero sul movente invece: punire tutti coloro che si sono macchiati di un crimine abominevole come l'omicidio e che in un modo o nell'altro sono sfuggiti alla legge.

Con un incipit veramente straordinario ci vengono mostrate le personalità di questi personaggi senza alcun bisogno di parole, ma ricorrendo solo a piccoli gesti e movimenti del volto (in questo caso tutto il merito va al cast di attori poco conosciuti ma perfettamente calati nelle loro parti).
Si tratta di: Emily Brant, un'arcigna signorina già più un là con l'eta; Niki Starloff, un principe un po' frivolo e fracassone; Vera Claythorne, una giovane e avvenente ragazza; Quincannon, un giudice; i signori Rogers, i domestici della villa che non hanno mai visto il signor Owen; Philip Lombard, un giovane un po' scapestrato; Armstrong, un dottore col vizio dell'alcool; Blore, un detective privato; Mandrake, un ex-militare. Ognuno di loro viene accusato di un ben preciso omicidio dalla voce dello stesso padrone di casa che tuona all'improvviso dopo che l'ignaro signor Rogers pone un disco sul giradischi. Lo sgomento si impossessa dei dieci abitanti della villa che inizialmente negano qualsiasi veridicità di tali accuse, ma che una volta capito di doversi difendere a costo della vita, cominciano a confessarsi a vicenda i delitti commessi, volutamente o meno.

"Dieci piccoli indiani", quasi completamente fedele al romanzo da cui è tratto (se si escludono alcuni piccoli particolari e il finale), riesce a creare la giusta suspance, nonostante, almeno per chi abbia letto il romanzo, si conosca già il colpevole e i suoi trucchi per passare inosservato. Gran parte del merito va soprattutto all'abilissima regia di Clair che gioca di sottrazione e si concentra su funzionalissimi primi piani che ci mostrano la paura e il terrore dei protagonisti, nonché la loro sete di conoscenza (che diventa anche la nostra); "ingannando" più di una volta lo spettatore con alcuni espedienti davvero deliziosi: come inquadrare una mano che impugna un coltello senza mostrare il volto della persona in questione, o farci credere che un personaggio piuttosto che un altro stia guardando una determinata cosa, mentre in realtà si trova da tutt'altra parte (esemplare al riguardo la scena nella quale uno dei protagonisti sta osservando con un binocolo un uomo nascosto dietro una tenda che sta per far cadere un "pacco" di mattoni; in realtà alla fine veniamo a scoprire che l'uomo col binocolo si trova proprio sotto quella finestra e subito dopo anche sotto la montagna di mattoni).

Fondamentale anche la colonna sonora, che con un motivetto ricorrente contribuisce a rendere quasi terrorizzante ogni momento successivo a ciascun omicidio, visto che ogni volta sentiremo, senza mai vederlo, l'assassino fischiettare allegramente suddetto motivetto. La cosa più interessante della pellicola è che, come nel romanzo d'altronde, le vicende a sfondo giallo vengono inserite in un contesto di tipico humour inglese, soprattutto grazie ad alcuni personaggi primo su tutti il cameriere Rogers, affetto da manie di persecuzione che viene sempre accusato di tutto e da tutti, ribellandosi come un bambino. Uno dei momenti più esilaranti è quello in cui i dieci ospiti si rendono conto che il signor Owen, l'ospite segreto, è indubbiamente uno dei dieci abitanti della casa e allora cominciano a sospettare uno dell'altro, inseguendosi a vicenda o nascondendosi per spiare l'altro. La forza di questa pellicola sta proprio nei personaggi descritti e delineati perfettamente, grazie anche ad una sceneggiatura dal meccanismo perfetto, che trova il suo unico punto debole in quel finale completamente stravolto, che elimina tutta la tragicità e la fatalità del romanzo, per offrire allo spettatore un epilogo buonista e speranzoso: gli unici due che si salvano dalle grinfie dell'ospite crudele e vendicativo che si fa giustizia da sé (laddove nel romanzo non si salvava veramente nessuno), sono gli unici due che in realtà non avevano commesso nessun delitto.

Ma quel che più importa è rilevare una delle grandi verità che questa pellicola ci mette sotto gli occhi: "Quest'isola è lo specchio della vita. L'innocenza che vive circondata dal crimine".

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Recensione a cura di A. Cavisi - aggiornata al 17/03/2009

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