La storia di un ragazzo nella tumultuosa Napoli degli anni Ottanta. Una vicenda costellata da gioie inattese, come l'arrivo della leggenda del calcio Diego Maradona, e una tragedia altrettanto inattesa. Ma il destino trama dietro le quinte e gioia e tragedia s'intrecciano, indicando la strada per il futuro di Fabietto.
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VINCITORE DI 5 PREMI DAVID DI DONATELLO: Miglior film, Miglior regia (Paolo Sorrentino), Miglior attrice non protagonista (Teresa Saponangelo), Miglior fotografia (Dario D'Antonio), David Giovani
E via ogni orpello stilistico che non sia semplice e pura poesia o silenzio, come i fumi di Stromboli questo film comincia a nascerti nelle viscere ben prima di ogni accadimento, è la rivoluzione, la rivendicazione di una città, è la resistenza del pugno di dio fatto a dito, è la notte che arriva Maradona con le sue fideiussioni a vita a perdere, è la risacca delle onde provocate sia da contrabbandieri che rivendicano la libertà di correre per le sigarette ma non sono quelle, è la libertà dalla simulazione, è la stessa onda provocata dai tuffi di registi che rivendicano la propria integrità radicale di rimanere o dalle signore anziane che rivendicano la libertà mandandoti a fare ubucchìn, napoli è il rovesciamento di fronte è l'orecchino di Paolo/Fabietto è l'ospedale deserto è la decadenza è il rifiuto è il rifiuto è il rifiuto di andarsene, quello di non rivestirsi, quello di non usare un telecomando, è la bandiera che svolazza insieme ai panni da stirare in mano a una settantenne, è il vicolo che si fa stadio, la terrazza che si fa tribuna, l'urlo strozzato che si fa manifesto, ancora resistenza, nelle arance fatte volteggiare come gioia e come dolore, soprattutto ancora libertà, di una città perennemente legata a testa in giù nella navata la cui bellezza incendia gli occhi, la libertà di avere la propria voce, quella tolta e restituita da una pila lanciata nel cortile l'ultimo regalo di una pazza essa sia l'amore, essa toglie essa da, la voce dell'essere diventato grande, il permesso di essere libero, il permesso di essere vivo e combattente e non più un diminutivo da vicino di casa, è la libertà di alzarsi dalla platea e dire di no! vaf.fanc.ulo, è la libertà di piangere fra la polvere incendiaria di un'infanzia da porte e pallone in una giornata di sole, è il ruggito dell'auto in corsia di sorpasso è l'offshore sognato da un carcere sono le porte che non si aprono è il sogno da un carcere senza padre e madre ma con l'arte di trasformare ogni tocco in un richiamo, ogni notte in un'avventura, ogni fes.sa in un una porta verso il futuro, ogni legame in una cosa sola perché ovunque, allo stadio al manicomio in ospedale o per strada rimane sempre e solo la libertà. E siamo tutti soli. Questo Sorrentino filma insieme alla propria adolescenza e mette il perenne e definitivo sigillo a un luogo la cui bellezza mai nessuno potrà ignorare e profanare, ardore, mille paure, sole amaro, mare.