Joe Gillis, uno sceneggiatore sull'orlo della bancarotta, si rifugia in una vecchia villa apparentemente abbandonata per sfuggire ai suoi creditori. In realtà si tratta della dimora di Norma Desmond, una vecchia star del cinema muto, che ha perso ogni legame con il mondo del cinema. In cambio dell'ospitalità, Joe inizierà a scrivere la sceneggiatura che dovrebbe segnare il ritorno di Norma sul grande schermo.
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VINCITORE DI 4 PREMI GOLDEN GLOBE: Miglior film drammatico, Miglior regista (Billy Wilder), Miglior attrice in un film drammatico (Gloria Swanson), Miglior colonna sonora (Franz Waxman)
Hollywood si vomita addosso... per capire la grandezza di questa pellicola di enorme pregio non è necessario essere cinefili, ma aiuta. E non è necessario conoscere gli attori che compaiono e i riferimenti alle case di produzione e al gotha dell'allora mecca del cinema, ma appunto aiuta. Non riusciremo più a vedere una disamina INTERNA del meccanismo cinematografico di Hollywood, una tale apologia necrofila del cinema muto, che allo stesso tempo fa autocritica. Wilder era un regista di enorme intelligenza e tanta tecnica: non ci si annoia mai ma inevitabilmente le lungaggini ci sono, sfoltire il film di un quarto d'ora oggi non avrebbe destato scalpore.
Sempre oggi, Viale del tramonto (una traduzione che rende in pieno) non accusa di essere invecchiato: a partire dall'incipit con il morto che parla, fino alla presentazione della villa/bara e della grande diva del muto in disgrazia, qualche colpo di scena ben piazzato e imprevedibile (il maggiordomo...) accompagnato da una trama che si dispiega si prevedibile in linea di massima, ma che ha nelle pieghe di ciò che vuole comunicare la genialità e il senso ultimo. Difficile non provare brividi per la famosa scena finale. Ma più di tutto, ciò che appassiona DOPO il classico THE END con logo Paramount è riflettere su come Wilder ci abbia fatto identificare con un uomo assolutamente disgustoso, più incline all'essere negativo che un protagonista con qualche macchia ma in fondo buono, e poi abbiamo abbiamo provato empatia per la folle Norma Desmond, cadavere vivente di un cinema che già all'epoca sembrava essere morto e non avere nulla da raccontare, salvo smentirsi in continuazione come nel caso di questo stesso film. Assolutamente gustosa poi l'apparizione di vecchie star del muto, di DeMille, ma da lodare è in primis la protagonista Gloria Swanson che fa la parodia di sé stessa e del cinema muto, enfatizzandosi fino all'egocentrismo, e proprio per questo risulta credibile in modo agghiacciante. Interpretazione magistrale, in un film che ha recitazioni ottime.