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Film molto positivo (forse troppo?), che fa seguire ai drammi personali dei vari soggetti un'avvenire ricco di speranza, secondo una sorta di disegno divino o del destino che condurrà gli stessi a ritrovare la strada della serenità. Almodovar ha il grande pregio di trattare temi forti con grande leggerezza e ironia. "Tutto su mia madre", pur essendo un film dall'impianto eminentemente melodrammatico, è altresì caratterizzato da elementi grotteschi e ilari, che costituiscono il giusto contrasto alla tragicità dei fatti narrati. Lo stesso dramma della perdita di un figlio, che se analizzato isolatamente può essere considerato soltanto come fonte di indicibile sofferenza, nel contesto architettato dal regista assurge a evento "salvifico": la morte del giovane Esteban costituisce il momento tragico da cui origina un corso degli eventi dal quale trarrà beneficio una serie di soggetti legati allo stesso Esteban da un sottile e impercettibile filo. In questo succedersi di vicende, su cui si ha l'impressione che incomba un' imperscrutabile Volontà superiore (o più semplicemente l'imprevedibile elemento della Fortuna), vita e morte sono visti e raccontati come naturali accadimenti che fanno parte del ciclo dell'esistenza e che come tali vanno accettati; e proprio in questo ineluttabile avvicendarsi di inizio e di fine che sta il messaggio positivo di Almodovar, il quale ci propone la morte non come il termine ultimo bensì come il principio di qualcosa di nuovo. Gli stessi personaggi, tutti femminili (chi per natura chi per volontà propria) ad eccezione di Esteban, sembrano accettare con spontaneità questo stato delle cose e seguire il corso della vita riponendo fiducia nel futuro. Alla connotazione esistenzialista che caratterizza tutto il film fanno da contorno tematiche di stampo sociale, come la transessualità e la dipendenza dalle droghe, che vengono trattate "lateralmente" con grande tolleranza e senza emettere giudizi. E' sicuramente un ottimo film, che tuttavia non mi è arrivato fino in fondo e non mi ha fatto gridare al capolavoro, forse per un certo sottosuolo "buonista" che lascia serpeggiare una (molto) larvata retorica. Inoltre, se è vero che sotto il profilo della struttura Almodovar si avvicina molto al cinema classico (peraltro qui omaggiato con le citazioni, tra le altre, di "Eva contro Eva" e "Un Tram che si chiama desiderio"), gli mancano tuttavia l'asciuttezza e la sobrietà proprie di un altro "classico vivente": Clint Eastwood.