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Ideato nel 1972, "The castel of Otranto" rimase solo un progetto per sette, lunghi anni. Periodo in cui a Jan Svankmajer venne impedito dalle autorità comuniste di girare e ideare film a suo nome. Riavuto il "permesso", Svankmajer portò a termine questo bizzarro falso documentario in cui rileggeva a modo suo il romanzo gotico e rendeva omaggio agli archeologi e alla loro fantasia. Credo che sia un buon lavoro, nulla di più.
è pur vero che in questo periodo Svankmajer darà vita ad alcuni dei suoi corti più belli, raggiungendo una maturità artistica in continua evoluzione (l'ultimo suo film, Surviving life, è un altro capolavoro di appena qualche annetto fa). Se il messaggio di "Castle of Otranto" è chiarissimo - la fantasia è più forte della realtà, implicitamente "la fantasia al potere" -, si avverte una mano più morbida e una connaturata sovversione tenuta quasi sotto controllo. Durerà poco: i successivi corti di Svankmajer saranno una fucina di idee, tecniche e sberleffi. Osteggiati dalla paranoia comunista anche quando forse il loro non è un messaggio di aperta ribellione: bastò la parola "Rivoluzione" citata da Poe in "Il pozzo e il pendolo" (uno dei più bei corti mai realizzati) per censurarlo in patria. Svankmajer, fortunatamente, è sopravvissuto al regime. La sua scostumatezza anche.