sentieri selvaggi regia di John Ford USA 1956
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sentieri selvaggi (1956)

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locandina del film SENTIERI SELVAGGI

Titolo Originale: THE SEARCHERS

RegiaJohn Ford

InterpretiJohn Wayne, Jeffrey Hunter, Vera Miles, Natalie Wood, Ward Bond, John Qualen, Olive Carey, Henry Brandon, Ken Curtis, Harry Carey, Jr., Antonio Moreno, Hank Worden, Beulah Archuletta, Walter Coy, Dorothy Jordan, Pippa Scott, Patrick Wayne, Lana Wood, Mae Marsh, Ruth Clifford

Durata: h 1.59
NazionalitàUSA 1956
Generewestern
Tratto dal libro "Sentieri selvaggi" di Alan Le May
Al cinema nel Settembre 1956

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Trama del film Sentieri selvaggi

Finita la guerra di Secessione, Ethan torna a casa. Ritrova il fratello, la cognata, le loro due figlie Debbie e Lucy e il figlio adottivo Martin, di origine indiana. Un giorno arriva alla fattoria il reverendo Clayton con un gruppo di coloni e convince Ethan e Martin a unirsi a loro per dare la caccia agli indiani che razziano il bestiame. Ma mentre gli uomini sono via, i Comanches attaccano la fattoria, massacrano i genitori e rapiscono le due ragazze. Lucy è ritrovata morta; Ethan si mette alla ricerca di Debbie, insieme con Martin.

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Voto Visitatori:   8,67 / 10 (54 voti)8,67Grafico
Voto Recensore:   10,00 / 10  10,00
Miglior attore debuttante (Patrick Wayne)
VINCITORE DI 1 PREMIO GOLDEN GLOBE:
Miglior attore debuttante (Patrick Wayne)
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Voti e commenti su Sentieri selvaggi, 54 opinioni inserite

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Invia una mail all'autore del commento Elly=)  @  26/11/2010 23:16:44
   9½ / 10
"Sentieri selvaggi" si apre con una ripresa del paesaggio del deserto visto dall'interno di una casa. Molti si chiedono come Jonh Ford sia riuscito a trasformare la storia scontata di "Sentieri selvaggi" in un grande western... In primo luogo, con l'ambientazione. Ford girò molti film nella Monument Valley, una regione isolata tra Utah a Arizona. Le rocce rossastre di arenaria erosa sono uno spettacolo imponente e l'infallibile occhio di Ford per la composizione le investe di un'aura speciale. La maestosità del paesaggio fa sembrare le figure umane particolarmente precarie. Come si può vivere in una natura tanto arida? La vera genialità di questo film risiede nella sua capacità di mantenere viva la solidarietà del pubblico per Ethan, nonostante il fatto che egli sia un razzista assassino. Nel farlo, Ford suscita una reazione più complessa e produttiva di quella di molti film western girati da registi più liberali, come "L'amante indiana" (1950). Invece di proporci un messaggio, Ford ci conduce nelle complessità dell'esperianza americana della differenza razziale. Altri pregi di questo film sono la meravigliosa colonna sonora di Max Steiner e la comicità degli interpreti preferiti di John Ford, come Harry Carey Jr., Ken Curtis, Hank Worden e Ward Bond. Vera Miles é bravissima nel ruolo di Laurie, la fidanzata di Martin, la cui madre é interpretata da Olive Carey, la vedova dalla star del western H. Carey. Nel 1992, "Sentieri selvaggi" fu proclamato il quinto miglior film di tutti i tempi da una commissione di critici internazionali interpellata dalla rivista "Sight & Sound". É un grande tribuito, ma il film di Ford ne é all'altezza.

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Ultima risposta 28/11/2010 04.22.58
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edmond90  @  04/08/2010 09:29:55
   8 / 10
Epico western del grande John Ford,famoso per un geniale uso delle locations e degli spazi e per una straordinaria performance di John Wayne,mai cosi combattutto e ambiguo.
Tuttavia non me la sento di metterlo accanto ad altri film di Ford che mi hanno coinvolto molto di piu di questo in quanto a storia(Ombre Rosse e soprattutto il crepuscolare L'Uomo Che Uccise Liberty Valance).

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Ultima risposta 12/12/2011 12.11.21
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dobel  @  23/08/2009 00:26:43
   10 / 10
Ho sempre pensato che se dovessi scegliere di salvare da un'eventuale distruzione atomica la produzione cinematografica di un regista sceglierei quella di John Ford per la sua omnicomprensività e per la sua profonda umanità. La sua opera non è perfetta, ma è vita. Vi è in essa quella imperfezione che la rende immensamente umana e per questo vicina al referente. Se la misura dell'opera d'arte deve essere la natura, allora l'opera di Ford è grandissima arte. Per questo non riesco (e con questo confesso la mia ignoranza e sprovvedutezza) ad amare del pari l'arte di un grande come Stanley Kubrik; in essa per riuscire ad assurgere al grado di capolavoro assoluto manca solo una piccola cosa (so che mi pentirò di quanto sto scrivendo!): l'errore.
Tornando a Ford, ho anche sempre pensato che 'Sentieri selvaggi' sia non solo uno dei suoi più grandi capolavori ma il più grande Western della storia. Con questo si deve subito aggiungere che travalica il repertorio di genere per divenire parabola universale. In questo film John Wayne più che mai è l'eroe mitico e archetipico. In questa sua incarnazione ci regala forse la sua più grande interpretazione.
Ford in quest'opera è più che mai l'Omero del novecento e il cantore della nascita di una nuova civiltà. Come la poesia di Omero gettò le basi per la consapevolezza della civiltà europea, così la 'poesia' di Ford getta le basi per la consapevolezza e la nascita di una nuova civiltà di pari grandezza e complessità. Inglobata la vecchia Europa nelle proprie maglie, l'America ha rielaborato una propria identità che affonda le radici nel mito del vecchio West, della colonizzazione, dell'uccisione del padre con l'indipendenza. L'America ha passato velocemente le fasi di crescita che ogni civiltà deve passare, e ha visto in Ford il suo Vate.
Curioso come nella nostra nazione durante il risorgimento si fosse posto il problema che dopo aver fatto l'Italia si sarebbero dovuti fare gli italiani. Ecco allora che l'italiano venne plasmato da un grande artista, un gigante sulle cui spalle ancora per molti versi ci reggiamo: Giuseppe Verdi. Il melodramma verdiano plasmò quella tipologia di uomo civile che è servito da modello alla nostra intellighenzia: non più il furbo macchiavellico, né l'amoroso eroe del primo romanticismo, bensì un essere pensante, laico, che alla passione amorosa unisce la passione civile e una tensione etica.
Cosa c'entra tutto questo con Ford? solo un accostamento curioso: oltre all'epicità delle rispettive produzioni e alla tempra morale che accomuna i due personaggi, nonché alla funzione sociale che hanno avuto nei rispettivi campi, paesi ed epoche (ché se Verdi ha plasmato l'italiano Ford ha plasmato l'americano, almeno quello degli states), l'essenza del personaggio. I personaggi di Ford, come quelli di Verdi (e in questo senso Ethan Edwards di 'Sentieri selvaggi' è forse l'esempio più emblematico) quando entrano in scena portano con sé un passato. Il loro fardello, anche se non lo conosciamo e non lo conosceremo mai, è presente in loro. Non voglio dilungarmi, ma credo che questo sia segno della profondità di un artista quale fu John Ford; nei suoi personaggi non abbiamo mai la sensazione della comparsa casuale, o della nascita estemporanea. Ognuno di loro viene da un passato e spesso a quel passato ritorna. Il finale di 'Sentieri selvaggi', uno dei più belli dell'intera storia del cinema, è paradigmatico. Ethan viene dal nulla e al nulla ritorna. Ma è un nulla che sentiamo pesantissimo e che si fa toccare con mano. La struttra circolare del film nella quale la fine è già presente e implicita nell'inizio, suggella un'opera d'arte che rasenta la perfezione... rasenta, dico, non la raggiunge e non la deve raggiungere, altrimenti non sarebbe più umana, e quindi non la ameremmo più. L'eroe, in questa vera e propria odissea moderna, è senza patria e famiglia; non rientra negli schemi della società, non viene accolto nel seno del focolare domestico, ma continua il suo eterno peregrinare. E noi ci chiediamo che fine avrà fatto Ethan Edwards? Ma è chiaro: si è trasformato nel 'Cavaliere pallido', in Pike Bishop, in Walt Kowalscki...

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Ultima risposta 24/05/2011 14.26.44
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Gruppo COLLABORATORI ULTRAVIOLENCE78  @  15/04/2008 23:34:39
   7½ / 10
I western di Ford non mi hanno mai coinvolto nè colpito più di tanto. Nonostante ciò non posso non riconoscerne la bellezza e tanto meno l'importanza che essi hanno avuto nel rivoluzionare un genere caricandolo di simbolismi e valori morali.
"Sentieri selvaggi", rispetto a "Ombre rosse" è sicuramente invecchiato meglio, inoltre manifesta un migliore caratterizzazione dei personaggi ed è scevro da certi stereotipi presenti nel primo, il che ha fatto sì che io lo apprezzassi di più.
Ethan e Martin sono le figure centrale di tutto il racconto, imperniato sul dualismo dato dalla mentalità retriva del primo, ancorato a un razzismo inveterato che gli impedisce di amare liberamente e come vorrebbe (contraddizione che conferisce spessore psicologico al personaggio di Wayne), e il progressismo incarnato dal secondo, depositario di una concezione della fratellanza che travalica i confini di sangue e di territori. I combattimenti e le vicissitudini che dovranno affrontare i due protagonisti per liberare la piccola Debbie saranno molti, ma l'ostacolo più duro e insormontabile sarà rappresentato paradossalmente dallo stesso Ethan: un uomo incapace di vincere i pregiudizi di una cultura di cui egli porta idealmente il vessillo.
Emblematico il lieto fine che riconcilia tutti tranne Ethan il quale, nella memorabile sequenza conclusiva, si allontana solitario nel deserto col peso del suo dramma interiore.
Da rilevare la struttura narrativa atipica, che presenta dei balzi temporali letteralmente spiazzanti.

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Ultima risposta 26/08/2009 15.01.08
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Gruppo REDAZIONE amterme63  @  04/03/2008 22:51:35
   7½ / 10
Il valore del film sta secondo me nella bellissima ambientazione e nella splendida fotografia. Ford è un maestro nel regalarci il mito ambientale del western: appositamente mette di fronte la piccolezza dell’uomo, la ristrettezza e la povertà degli interni con la monumentalità della natura, con i suoi spazi infiniti e i colori brillantissimi. Le scene iniziali e finali simboleggiano proprio questo rapporto.E’ un omaggio alla splendida natura del West, il vero fascino di quei luoghi difficili.
Di fronte a questa maestosità gli uomini non ci fanno bella figura: sono dilaniati da guerre, divisioni, vendette, egoismo e brutalità. Lo sguardo di Ford s’incupisce. Certo il lieto fine non manca, i punti fermi ideologici non vengono scossi, però si nota l’avanzare della cattiveria e dell’odio anche dentro “l’eroe” di turno e lo sfaldarsi della società in divisioni e burocrazie. Incertezze e pessimismi incominciano a incrinare un quadro che sembrava chiaro e ben definito. Un punto saldo è quello della superiorità civile dei coloni americani sui nativi “indiani”, su questo ancora non ci piove. I coloni sono venuti “pacificamente” portando “progresso” tecnico e civile e la ricchezza materiale. Gli Indiani ingrati voglio invece rimanere nella loro barbarie, nella “miseria” e nell’“arretratezza” e anzi con la loro natura selvaggia e brutale sono portati a uccidere e a distruggere cecamente. Eppure anche in questo solido assioma si comincia a vedere qualche crepa: Debbie, una Bianca, vuole rimanere con gli Indiani, “osa” apprezzare i loro usi e accettarli come sono. Certo alla fine anche lei si allinea, ma il precedente si è creato, la via è aperta per una revisione … Tra l’altro viene presentata una scena di distruzione di un accampamento indiano da parte dell’esercito, il quale non esita a “rastrellare” donne e bambini. Insomma non tutto è rose e fiori dalla parte “buona”.
Altro caposaldo è la presenza di due grandi figure “eroiche”, la forza della comunità “civile”, i quali rappresentano le due anime politiche della società americana: la repubblicana e la democratica. Questi “eroi” assumono però alcuni connotati negativi. Ethan è il duro, il forte, il solitario, il violento a fin di “bene” ma a volte anche in maniera eccessiva. Non esita a sparare su Debbie (accecato dal pregiudizio razziale) e a forza di bazzicare i “nemici” ne ha preso le stesse abitudini (prende lo scalpo del gran capo). Martin è il polo più accondiscendente e conciliativo, però non viene preso molto sul serio. Le sue azioni e la sua presenza sono quasi sempre collegati a qualcosa di comico o ridicolo. La cosa più eclatante è che non avviene la riconciliazione finale. Il polo “più duro” si mette in disparte, non entra nella “comunità”. Cosa vorrà dire? L’eroe vuole rimanere “puro”? Il suo posto è nella parte “selvaggia” del mondo? (un po’ come Rambo). Oppure è una questione psicologica: Ethan è diventato così duro che non riesce più a sciogliersi e non gli resta quindi che la solitudine. Bellissimo questo finale che lascia libera ogni interpretazione e “nobilita” la figura di Ethan.
Per il resto la sceneggiatura soffre di molte carenze. La storia si svolge su molti anni, ma i lassi di tempo passano come se fossero passati 5 minuti. Gli avvenimenti e i personaggi si susseguono faticosamente legati fra di loro, tanto che spesso si fa fatica a seguire la storia. Peccato. Certo che tutto passa in secondo piano di fronte alla magnificenza espressiva delle immagini.

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Ultima risposta 05/03/2008 13.55.39
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Arnold  @  11/01/2008 15:15:00
   8 / 10
Beh che dire? Uno dei western più significativi dell'epoca (1956), con paesaggi straordinari e personaggi unici. Uno su tutti Ethan, interpretato da John Wayne, un ex soldato animato da un odio instancabile e irrefrenabile verso gli indiani. La trama del film è ben delineata e ruota attorno all'inseguimento della nipote di Ethan rapita dagli indiani. Un inseguimento che durerà molto tempo, infatti non sono rari i buchi fra una scena e la seguente anche di alcuni anni. Questa è sicuramente una caratteristica che rendono il film di difficile comprensione in tutti i suoi contenuti.
Personalmente preferisco i western di Leone.

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Ultima risposta 06/10/2008 11.41.34
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Gruppo COLLABORATORI julian  @  17/12/2007 22:51:45
   8 / 10
Varrebbe la pena di vederlo anche solo per gli splendidi paesaggi, esaltati da una superba fotografia.
Un classico western imperdibile, uno dei capolavori di Ford, un ulteriore successo per John Wayne affiancato dalla bellissima Natalie Wood.
Anche qui tuttavia sono chiari alcuni elementi di razzismo verso gli indiani, selvagge creature che non hanno pietà neanche di fronte ai bambini, e una "autoidolatria" verso i coraggiosi Yankee che tentano di salvare la donna rapita;
Martin, di origine indiana, si "civilizza" a contatto con gli americani, mentre Debbie rapita dai Comanche e divenuta una di loro viene ripudiata dal fiero Ethan.
Vabbè ma d'altra parte i western americani sono tutti così... ed è così che piacciono a loro...

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Ultima risposta 19/04/2012 22.41.25
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Gruppo COLLABORATORI JUNIOR Gardner  @  28/11/2007 09:51:17
   10 / 10
Il film definitivo sull'epopea western. Lo spartiacque del cinema americano. Chi non l'ha visto non può neanche cominciare a capire l'America e i suoi film. Le due sequenze gemelle iniziale e finale sono da brividi e spiegano perché J.F. è di un altro pianeta

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Ultima risposta 13/03/2008 23.59.48
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AKIRA KUROSAWA  @  30/05/2007 15:44:17
   10 / 10
uno dei migliori western della storia, fotografia meravigliosa, ottima interpretazione di wayne e musica bellissima. un capolavoro senza tempo, decisamente meno datato di ombre rosse. la scena iniziale è spaventosa.....

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Ultima risposta 05/11/2007 12.50.25
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Constantine  @  06/10/2006 15:07:22
   9½ / 10
Un capolavoro sicuramente, da non sottovalutare la data 1956, di grande drammaticità ed emozione. Un Jonh Wayne particolarissimo in un ruolo complicato e inusuale per lui, una composizione scenica invidiabile in ogni fotogramma con sequenze di sicuro impatto; memorabili. Forse l'happy ending finale non l'ho molto digerito, insieme a qualche passaggio ironico forse fuori posto che va a stemperare una pellicola che doveva rimanere più dura. Un must di sicuro del genere.

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Ultima risposta 18/07/2007 16.20.33
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