rabbit hole regia di John Cameron Mitchell USA 2010
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rabbit hole (2010)

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locandina del film RABBIT HOLE

Titolo Originale: RABBIT HOLE

RegiaJohn Cameron Mitchell

InterpretiNicole Kidman, Aaron Eckhart, Sandra Oh, Dianne Wiest, Jon Tenney, Giancarlo Esposito, Tammy Blanchard, Patricia Kalember, Mike Doyle

Durata: h 1.30
NazionalitàUSA 2010
Generedrammatico
Al cinema nel Febbraio 2011

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Trama del film Rabbit hole

Becca (Nicole Kidman) e Howie Corbett (Aaron Eckhart) sono una coppia felicemente sposata il cui mondo perfetto cambia per sempre quando il figlio Danny (Phoenix List) rimane vittima in un incidente. Lei, ex donna in carriera trasformatasi in casalinga, cerca di ridefinire la propria esistenza in un paesaggio surreale di amici e famigliari carichi di buone intenzioni, fino a trovare conforto in una misteriosa relazione con un giovane e inquieto artista di fumetti, Jason (Miles Teller).

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Voto Visitatori:   7,07 / 10 (49 voti)7,07Grafico
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Voti e commenti su Rabbit hole, 49 opinioni inserite

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Gruppo COLLABORATORI SENIOR Invia una mail all'autore del commento pompiere  @  15/02/2011 16:45:15
   7½ / 10
Dopo gli approcci percettivi di Eastwood e quelli più tangibili di "Kill me please", ecco ancora una volta la morte al lavoro su un set cinematografico. Quest'anno è iniziato con una serie di pellicole funeree che ci han messo in contatto con quella parte del mondo che, seppure invisibile, cammina accanto a noi, talvolta incomprensibile, talaltra affabile e quasi circoscrivibile.

In "Rabbit hole", la madre Rebecca/Nicole Kidman ben "sparisce" in un ruolo disadorno, facendoci dimenticare il lato di stella glamour del cinema, e il padre Howie/Aaron Eckhart risulta altrettanto efficace e misurato nel ruolo di secondo volto della sofferenza. A Rebecca non basta aggrapparsi al fato, all'autocommiserazione e a improbabili disegni divini per dare una spiegazione di senso compiuto alla perdita del figlio di quattro anni.
La donna è vittima della metodicità: si chiude in tempi e luoghi conosciuti nei quali sa dove mettere i piedi, rifugge gli inviti a cena dei vicini che si "permettono" di ridere e divertirsi, scappa dal confronto con altri che hanno subìto la sua stessa perdita. Incanala nel modo sbagliato rabbia e frustrazione, assumendo comportamenti contraddittori: prepara festosa la torta di mele, ma non lesina giudizi al vetriolo sulla sorella incinta e la madre, si avvicina a colui che è stato causa dell'incidente stradale che ha ucciso il piccolo Danny e tiene lontani i conoscenti di una vita.

Irriconoscibile lo stile e l'approccio di John Cameron Mitchell: accantonati i ritmi indiavolati del rock transgender di "Hedwig" e l'anticonformismo da spirito ribelle di "Shortbus", qui il regista sembra un affermato autore che sa da sempre come dirigere un film impegnato e altamente drammatico, creando una pellicola commovente senza mai farsi attrarre dai facili schematismi che certe sciagure avrebbero potuto offrirgli.

L'elaborazione del lutto è come un'operazione di giardinaggio: è necessario iniziare da un minuscolo granello di concime per poi poterne pian piano accumularne altri, affinchè il fertilizzante faccia il suo effetto. E poi attendere la pioggia per poter godere della crescita di piante e fiori. Alla fine non è detto che abbiano il colore che tanto abbiamo desiderato, e non importa se i prati erbosi verranno calpestati da cani che avrebbero dovuto rimanere nella cuccia, così come da invitati schiamazzanti voluti per un barbecue riconciliatorio.
O se tutto questo sarà scalzato da fumetti all'apparenza poco interessanti i quali, tra precise e nette linee di ghirigori a forma di cono, scavano in profondità come tane di coniglio e raffigurano tristemente famiglie incomplete, dove ora manca un padre o un figlio. Universi paralleli che forse esistono da un'altra parte e che, in qualche modo, mitigano il dolore.

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