Il commentatore televisivo di una grossa rete nazionale di Los Angeles, Howard Beale, stanco e sfiduciato, viene condannato all'eliminazione poichè l'indice di gradimento è sceso di troppo. Tuttavia, prima di congedarsi, senza preavviso ai colleghi e ai superiori, Beale annuncia il proprio suicidio davanti alla telecamera.
Sei un blogger e vuoi inserire un riferimento a questo film nel tuo blog? Ti basta fare un copia/incolla del codice che trovi nel campo Codice per inserire il box che vedi qui sotto ;-)
VINCITORE DI 1 PREMIO DAVID DI DONATELLO: Miglior attrice straniera (Faye Dunaway)
VINCITORE DI 4 PREMI GOLDEN GLOBE: Miglior regista (Sidney Lumet), Miglior sceneggiatura (Paddy Chayefsky), Miglior attore in un film drammatico (Peter Finch), Miglior attrice in un film drammatico (Faye Dunaway)
Giudico questa pellicola del 1975, senza farmi trascinare da isterismi e perversioni erronee della mente, un capolavoro, un film totale che miscela le proprie tematiche in una maniera così sapiente che mi ha davvero sorpreso.
Buon film, non un capolavoro. Ha il pregio di essere ancora attuale ma forse, più che un merito del regista è un demerito collettivo. Come disse Tullio Kezich: "È un film rude, impietoso, a tratti sensazionalistico come le trasmissioni che condanna. " Una visione è giusto concedergliela.
La televisione è forse la peggiore "epidemia" che sia mai capitata all'uomo.Milioni di persone che si lasciano controllare mentalmente,si lasciano intrattenere da programmi spazzatura che li distraggono da quello che veramente accade nel mondo.Quinto potere,titolo italiano molto azzeccato che si ricollega a quarto potere,film che descriveva la potenza della stampa dell'epoca (e anche oggi),capace di influenzare le opinioni della gente,è una pellicola basata su temi molto progrediti per quegli anni quell'epoca : forse perchè negli States la schiavitù (mentale) è arrivata molto prima o forse perchè è semplicemente una previsione di quello che sarebbe accaduto negli anni a venire.Peccato però che ha anche i suoi difetti : fa molta fatica a "decollare",infatti rischia di annoiare lo spettatore.Spettacolari i monologhi di Howard Beale (Peter Finch),che fungono da vere e proprie "calamite" per attirare la massa e risvegliarla.Verso la parte finale la pellicola si riesce a risollevare.Nel complesso film epocale,da non perdere assolutamente.
Nel ’74 la conduttrice di un talk-show americano, Christine Chubbock si suicidò in diretta con una .38 estratta dalla sua borsetta dicendo: “Ed ora, seguendo la politica di Channel 40 di offrirvi sempre le ultime notizie su fatti di sangue e massacri, con colori vivi, state per vedere un'altra esclusiva - un tentato suicidio”. È lo spettacolo. Nulla di più, nulla di meno. Lumet analizza, con un’intelligenza e una sapienza cinematografica e tecnica degne del miglior Altman, le relazioni fra masse e tv (la quale è inscindibile dal concetto di spettacolo). E come non si può pensare a una degenerazione del “grillismo” italiano? Nel personaggio di Howard Bills, vero e proprio ispirato e ispiratore, vero guru inascoltato dal potente (accecato dalla brama di potere = Faye Dunaway), ma ascoltato dal popolo, il popolo-pecora che ha bisogno però di risposte e le cerca in un pagliaccio (e continuo a parlare di “degenerazione” del fenomeno-Grillo) che sta semplicemente facendo il mestiere di giornalista con un pizzico in più di populismo. Tutti questi sono cardini fondamentali del problema legato alla tv-spettacolo-spazzatura; la cosa geniale è il movente dell’atto incredibile del finale (semispoiler: da legarsi all’episodio che ho riportato all’inizio), ossia non tanto nell’aver detto la Verità, bensì nell’aver “un basso indice di ascolti”…e viene avvalorata la tesi del boss che facendo quell’apocalittico (e fino a quanto vero??) discorso sulle logiche del mondo, annacqua col qualunquismo e la spettacolarizzazione del logos (ricordarsi della fotografia e della teatralità della scena nei gesti del dirigente e nel girato) il concetto di Informazione.