Il commentatore televisivo di una grossa rete nazionale di Los Angeles, Howard Beale, stanco e sfiduciato, viene condannato all'eliminazione poichè l'indice di gradimento è sceso di troppo. Tuttavia, prima di congedarsi, senza preavviso ai colleghi e ai superiori, Beale annuncia il proprio suicidio davanti alla telecamera.
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VINCITORE DI 1 PREMIO DAVID DI DONATELLO: Miglior attrice straniera (Faye Dunaway)
VINCITORE DI 4 PREMI GOLDEN GLOBE: Miglior regista (Sidney Lumet), Miglior sceneggiatura (Paddy Chayefsky), Miglior attore in un film drammatico (Peter Finch), Miglior attrice in un film drammatico (Faye Dunaway)
Dal regista (Sidney Lumet) di splendidi film (quasi sempre a sfondo giudiziario) è un po' una sorpresa imbattersi con una pellicola davvero opaca e stracolma di difetti, insomma "Quinto potere" è un disastro cinematografico sotto tutti i possibili ed immaginabili aspetti. Anzitutto la primissima e pesante pecca alberga proprio nella trama principale ove si narra il suicidio di un commentatore televisivo, infatti la regia, partendo da ciò si dilunga pietosamente in altri passaggi, diramando il tutto e quindi spingendo le sorti della pellicola in tutta altra direzione "allungando" miseramente e forzatamente una narrazione infima ricolma di incongruenze e di paradossi; in pratica è proprio il "succo" della pellicola che non regge, film troppo "improbabile", con un finale balordo. Ma i guai sono riscontrabili anche sul piano tecnico, "Quinto potere" è un prodotto cinematografico difficile da seguire per via di un ritmo estremamente lento, piatto; piano tecnico a parte Denoto una regia catastrofica nella composizione dei dialoghi lunghissimi e a lunghi tratti involontaria rappresentazione del patetico. Da salvare in questo pastrocchio c'è ben poco, forse gli attori, l'idea di base doveva essere sviluppata in modo completamente diverso, invece nasce un film senza mordente, asfissiante nella sua staticità narrativa e di azione, molto ripetitivo e indubbiamente, poco esaltante.