quel che resta del giorno regia di James Ivory Gran Bretagna, USA 1993
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quel che resta del giorno (1993)

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locandina del film QUEL CHE RESTA DEL GIORNO

Titolo Originale: THE REMAINS OF THE DAY

RegiaJames Ivory

InterpretiAnthony Hopkins, Emma Thompson, James Fox, Christopher Reeve, Hugh Grant

Durata: h 2.14
NazionalitàGran Bretagna, USA 1993
Generedrammatico
Tratto dal libro "Quel che resta del giorno" di Kazuo Ishiguro
Al cinema nel Settembre 1993

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Trama del film Quel che resta del giorno

Dopo aver fedelmente servito per decenni Lord Darligton, il maggiordomo Stevens sfrutta i giorni di vacanza concessigli dal nuovo proprietario del castello per recarsi da Miss Kenton, già governante a Darligton House. Ripensando al passato, Stevens si rende conto che l'assoluta dedizione al servizio gli ha impedito un'autonomia intellettuale e, anche, la capacità di cogliere l'occasione dell'amore.

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Voto Visitatori:   7,98 / 10 (60 voti)7,98Grafico
Voto Recensore:   9,00 / 10  9,00
Migliore attore straniero (Anthony Hopkins)Migliore attrice straniera (Emma Thompson)
VINCITORE DI 2 PREMI DAVID DI DONATELLO:
Migliore attore straniero (Anthony Hopkins), Migliore attrice straniera (Emma Thompson)
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Voti e commenti su Quel che resta del giorno, 60 opinioni inserite

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  Pagina di 1  

Gruppo REDAZIONE amterme63  @  16/03/2008 16:01:44
   8½ / 10
Ho avuto l’impressione di aver visto una rappresentazione molto dettagliata e profonda di una parte importante di società inglese (la parte “conservatrice”) e in parallelo un’analisi etica e sentimentale di un modo di vivere, di un atteggiamento esistenziale (il “servire la Regola”) che va al di là del periodo storico e della forma sociale con cui viene esposto (quella del “maggiordomo inglese”). In altre parole questo atteggiamente etico, questa forma mentis la si potrebbe applicare ad esempio ai religiosi (seguono la “Regola” e a questa sacrificano tutto), come pure a chi crede ciecamente in certi principi ideologici o politici. Il tutto raccontato in maniera piana, dettagliata, approfondita, oggettiva. Il regista ci dà tutti gli elementi necessari sia narrativi che soprattutto estetici e interiori, per portare in tavola ogni aspetto del complesso inestricabile e contraddittorio con cui si esprime l’animo umano. Una volta “edotto” con tutto quello che oggettivamente si può mostrare, lo spettatore è libero di formulare il suo giudizio, senza essere in questo “forzato” dal regista.
La prima ora e mezza del film, che può apparire lenta e noiosa, è invece essenziale perché mostra i termini nel suo svolgersi normale: conosciamo Lord Darlington, un tipico rappresentante della “conservazione” britannica e quindi legato alle tradizioni, agli usi esteriori, alla superiorità e alla distinzione di poche persone “scelte”, che esplicano principi “nobili” come l’onore. Con la complicità di cause psicologiche (la perdita di un “amico” tedesco), arriva ad ammirare l’autoritarismo e l’esclusivismo nazista, senza accorgersi dell’inganno della bella apparenza e dei bei discorsi. Fatto sta che contribuisce attivamente al formarsi della potenza nazista.
Il film gira però intorno alla figura del maggiordomo Stevens. Lui rappresenta una categoria di gente secondo me molto diffusa: quella che fa dello scopo della propria vita solo quello di “servire” chi è “superiore, nobile, potente”; può essere una persona, un Dio, un principio. Qualsiasi altra considerazione etica o sentimentale, qualsiasi, passa in secondissimo piano. Nella loro testa c’è solo un codice prefissato da seguire rigidamente. Basta vedere il rapporto con suo padre per capire tutto.
Il terzo protagonista del film è Sarah. Lei rappresenta il tentativo di conciliare l’adesione ad un codice etico ben preciso con l’espressione dei propri sentimenti e della propria particolare personalità. E’ lei che vive il conflitto più drammatico del film, proprio perché non ha l’assolutezza delle certezze. Finirà per “fuggire” dalla vita dedicata esclusivamente alle regole preferendo l’incerto, giusto per mantenere la propria libertà interiore. La sua presenza sarà però “l’alternativa” che farà un po’ vacillare chi si sentiva troppo sicuro di sé, diffondendo perciò il conflitto anche in chi ne sembrava esente (Mr Stevens).
Dopo aver presentato i personaggi e delineato approfonditamente il loro modo di vivere e pensare (a costo di “annoiare” lo spettatore con la rappresentazione del “formale” e dell’”abitudinario”), l’ultima mezzora diventa molto drammatica e appassionata e ci mostra l’esito delle contraddizioni dei tre personaggi (senza la lunga introduzione questa mezzora sarebbe incomprensibile). Il sentimento che accomuna a questo punto i tre personaggi è la sensazione “di avere sbagliato”, chi per una ragione, chi per l’altra, con la tragica consapevolezza che ormai “è troppo tardi” e che non resta che “concludere” quello che uno ormai ha iniziato.
Lord Darlington capirà troppo tardi il suo errore e le conseguenze saranno la solitudine e il crollo dei suoi “valori”, finendo per diventare l’ombra di se stesso. Mr Stevens cercherà di riciclarsi con un nuovo “padrone”, ma non sarà più come prima; la sua opera sarà un guscio vuoto, quasi un’attrazione turistica. Una volta sentito il vuoto e la vanità di tutta l’impalcatura che reggeva il suo mondo, non potrà fare a meno di riconsiderare il suo agire e accorgersi di tutti i suoi errori, soprattutto di come non abbia avuto il coraggio di aprire se stesso a Sarah (esemplare la scena bellissima del “romanzo rosa”). Ha avuto la felicità a portata di mano e l’ha sprecata. Ora purtroppo è “troppo tardi”. Anche Sarah ha riconosciuto i suoi errori ma pure per lei le circostanze non offrono via d’uscita se non al prezzo di uno strappo radicale. Visti però i trascorsi, tutti i tre sono ormai diventati schiavi del loro “conservatorismo”, il quale gli si è rivolto contro diventando per loro una vera e propria “prigione”, da cui ormai non sanno o non vogliono più evadere.

5 risposte al commento
Ultima risposta 20/09/2014 23.55.28
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