Le storie di due delinquenti, un pugile e una coppia di rapinatori di tavole calde si intrecciano in quattro storie di umorismo e violenza nel tempo stesso.
Sei un blogger e vuoi inserire un riferimento a questo film nel tuo blog? Ti basta fare un copia/incolla del codice che trovi nel campo Codice per inserire il box che vedi qui sotto ;-)
È pantagruelico. È difficile che io trovi una definizione diversa. Non saprei come definirlo in altri modi se non "molto grande". Pulp Fiction inizia in modo furbo, finisce in modo altrettanto furbo. Inizia da "saccente", con il dizionario che ci spiega il significato del termine "pulp" e che diventerà non solo un'icona per il film, ma della lingua italiana stessa per definire qualcosa di truculento, cruento. Finisce bé, finisce. Ma non certo dopo una serie lineare e ben precisa di scene. In un universo anti-hegelliano ci vengono presentate diverse storie, distrutte e poi rimescolati i cocci. Quel che ne esce fuori è una storia gangster, sicuramente, ma una storia fuori dal comune. Una storia che inizia con l'inizio di una sottostoria che non è nemmeno così importante e che va avanti immersa a capofitto nel caos, con scambi di battute paradossali, con situazioni incredibili, con musiche eccezionali e naturalmente con personaggi eccezionali. Ognuno ben caratterizzato, ben "malato". Cos'è quindi Pulp Fiction? Un 'icona? Un film divertente? Un mostro sacro del cinema tarantiniano e di quello universale? Un esempio di meta-cinema con quel perfetto giochino della valigia? Che cos'è, dunque? Forse non possiamo parlare di opera d'arte. Forse è stato eccessivamente sopravvalutato da più fans in questi anni. Ma ha qualcosa di terribilmente buono che si eleva ad un voto che si potrebbe dare. Trascende e sembra che a nessuno possa non piacere questo film. Perché? Perché tutto è calcolato, tutto è magistrale, tutto è organizzato, sparato, nascosto, nulla è fuori posto. Neppure il caos lo è. Qualcosa di così ben organizzato in un mondo tarantiniano che è tutto fuorché ordinato...è sensazionale. Ecco il genio. Il genio dei paradossi, dei discorsi banali e retorici, degli ossimori e delle storie che iniziano l'una dall'altra. Sì, è genio. Non è capolavoro, pero'. Alla fine del film, non ottieni qualcosa. Non hai particolari sentimenti. Insomma, non muta qualcosa in te. Non lascia nessuna impronta. Tutte le impronte che deve lasciare, le lascia durante il film. E quelle sì, cavolo, se ci sono. Siuramente un buon film, atipico e degno di nota, che è pronto a stupire ancora tante successive generazioni.