per favore... non mordermi sul collo regia di Roman Polanski Gran Bretagna 1967
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per favore... non mordermi sul collo (1967)

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locandina del film PER FAVORE... NON MORDERMI SUL COLLO

Titolo Originale: THE FEARLESS VAMPIRE KILLERS

RegiaRoman Polanski

InterpretiRoman Polanski, Sharon Tate, Ferdy Mayne, Jack MacGowran, Jessie Robbins, Alfie Bass

Durata: h 1.47
NazionalitàGran Bretagna 1967
Generecommedia
Al cinema nel Settembre 1967

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Trama del film Per favore... non mordermi sul collo

Il prof. Abronsius, vampirologo, e il suo giovane assistente Alfred si arrampicano sugli specchi per non trasformarsi in vampiri e salvare la bella Sarah nel castello del conte von Krolock, in Transilvania. Polanski si prende una vacanza e fa un film da spettatore, badando soprattutto al livello figurativo e tirando fuori il meglio del suo aguzzo umorismo ebreo-polacco

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Voti e commenti su Per favore... non mordermi sul collo, 43 opinioni inserite

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kafka62  @  28/02/2018 09:14:07
   6½ / 10
Rivisitare criticamente e in maniera inventiva i generi cinematografici è un'operazione che si adatta perfettamente alla personalità registica di Roman Polanski, come dimostrano le sue frequenti incursioni nell'horror ("Rosemary's baby"), nel noir ("Chinatown"), nel cinema letterario "di appendice" ("Tess") e nel thrilling ("Frantic"). "Per favore… non mordermi sul collo", da parte sua, tenta di aggiornare la sterminata filmografia "vampiresca" iniziata quasi mezzo secolo prima da Murnau e, nonostante le dichiarazioni dell'autore ("Non ho mai voluto fare una parodia ma una commedia sul tema dei vampiri"), il risultato è proprio una graziosa e divertente parodia del genere (alla "Frankenstein junior" per intenderci). Polanski si serve infatti di tutti gli elementi costitutivi della mitologia del vampiro (trecce d'aglio, crocifissi, acuminati paletti di frassino, canini che si allungano e specchi che non riflettono l'immagine) per burlarsi della loro carica orrorifica. Per far ciò, egli ribalta abilmente i topoi classici, trasformandoli in altrettante occasioni umoristiche: così il locandiere vampirizzato e divenuto a sua volta un vampiro può farsi beffe del crocifisso agitatogli davanti dalla giovane ragazza in quanto è di fede ebraica, il neo-vampiro appena giunto al castello viene scacciato dalla cripta del conte e mandato a coricarsi nella stalla, e così via. Il culmine di questo atteggiamento finemente dissacratorio lo si raggiunge in quella che è forse la sequenza migliore del film. Alfred e il professor Abronsius riescono a partecipare, sotto mentite spoglie, al ballo organizzato dal conte von Krolock, mescolandosi ai vampiri che affollano il salone, ma sono traditi dallo specchio che riflette le loro figure e non quelle degli altri convitati: si assiste qui a un originale rovesciamento della tradizionale funzione dello specchio, il quale anziché servire a smascherare i non-morti, rivela a questi ultimi la presenza dei nostri eroi.
Alla fedeltà iconografica al genere si contrappone una struttura narrativa relativamente autonoma, nell'ambito della quale Polanski cerca di dar libero sfogo alla propria vena surreale e fantastica. Purtroppo la sceneggiatura è uno dei punti deboli del film, in quanto si risolve in una serie abbastanza disordinata e confusa di gag, le quali, prese singolarmente, sono anche esilaranti, ma nell'insieme appaiono piuttosto fragili e slegate, tanto più che Polanski e Jack MacGowran come attori non valgono né i fratelli Marx né la coppia Laurel e Hardy. Il divertimento risulta quindi essenzialmente visivo, esteriore, a-problematico, ma, paradossalmente, proprio l'esilità dell'intreccio esalta l'eccelsa qualità della messa in scena: dalla fumosa locanda che accoglie i viaggiatori intirizziti al labirintico castello, di cui sono amplificati gli aspetti gotici e tenebrosi (cunicoli, scale a chiocciola, stanze dagli spessi muri di pietra), passando attraverso incontaminate distese di neve e sfondi di selvaggia bellezza, tutto contribuisce a creare un'atmosfera da favola nordica. Se i due protagonisti (il maldestro e svanito professor Abronsius, con la bianca chioma e i baffi alla Einstein, e il goffo e pavido assistente) sono delle evidenti caricature, che hanno le movenze dei disegni di animazione (e fumettistiche sono anche certe situazioni, come quando Abronsius rimane incastrato nella stretta finestra della cripta), l'ambiente e i personaggi che li circondano (quei gustosi montanari dal viso rubizzo) sembrano usciti fuori dalle illustrazioni di una fiaba infantile. Non a caso si è fatto il nome di Marc Chagall per trovare al film un riferimento pittorico adeguato.
A mezza strada tra favola e cartone animato, "Per favore… non mordermi sul collo" è un film che sembra rifuggire da ogni forma di intellettualismo. Eppure, se si guarda bene, vezzi e ossessioni da film d'autore non mancano del tutto. Se le distese innevate della Transilvania ricordano il bianco paesaggio de "I mammiferi", la scena in cui Alfred e il professore, sfidando le vertigini, cercano di penetrare nella cripta dall'esterno prefigura addirittura, con una impressionante somiglianza, un'analoga sequenza in "Frantic". Polanskiana è anche la vena di candido e giocoso erotismo che percorre il film (gli involontari doppi sensi di Sarah che mettono in imbarazzo il timido Alfred, la passione della ragazza per le abluzioni nella tinozza), tanto è vero che quello di Sharon Tate è, tra i vari personaggi, se non il più originale quello sicuramente più lontano dalla tradizione dei "Dracula". C'è infine un sottile, ambiguo, quasi inosservabile, pessimismo di fondo (il vampirismo è infatti destinato a dilagare nel mondo proprio grazie ai due ignari protagonisti), che può perfino legittimare una sorprendente lettura "politica" del film, in quanto l'atmosfera di sfatto decadentismo, di malsana decrepitezza che si respira nel castello del conte von Krolock sembra fatta apposta per suggerire un parallelo tra i bizzarri vampiri del film (deliranti, anacronistici, omosessuali) e i burocrati comunisti polacchi che appena qualche anno prima, censurando opere come "Il coltello nell'acqua" e "Ingenui e perversi", avevano indotto Polanski all'esilio.

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