mommy regia di Xavier Dolan Canada 2014
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mommy (2014)

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locandina del film MOMMY

Titolo Originale: MOMMY

RegiaXavier Dolan

InterpretiAnne Dorval, Antoine-Olivier Pilon, Suzanne Clément, Patrick Huard

Durata: h 2.20
NazionalitàCanada 2014
Generedrammatico
Al cinema nel Dicembre 2014

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Trama del film Mommy

Diane è una madre single, una donna dal look aggressivo, ancora piacente ma poco capace di gestire la propria vita. Sboccata e fumantina, ha scarse capacità di autocontrollo e ne subisce le conseguenze. Suo figlio è come lei ma ad un livello patologico, ha una seria malattia mentale che lo rende spesso ingestibile (specie se sotto stress), vittima di impennate di violenza incontrollabili che lo fanno entrare ed uscire da istituti. Nella loro vita, tra un lavoro perso e un improvviso slancio sentimentale, si inserisce Kyle, la nuova vicina balbuziente e remissiva che in loro sembra trovare un inaspettato complemento.

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Voto Visitatori:   8,02 / 10 (66 voti)8,02Grafico
Voto Recensore:   8,00 / 10  8,00
Miglior film straniero
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Voti e commenti su Mommy, 66 opinioni inserite

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  Pagina di 1  

Gruppo STAFF, Moderatore Jellybelly  @  26/01/2024 16:25:15
   8½ / 10
Questo film è incredibile.

Due ore di altalena emotiva che ruota attorno a tre personaggi: Diane, madre single, precaria, che cerca di andare avanti nella propria vita un giorno dopo l'altro, senza prospettive, quasi le fossero precluse; Steve, suo figlio, afflitto da serissimi problemi mentali che nei momenti più gravi possono sfociare in crisi di rabbia e violenza incontrollate; Kyla, insegnante balbuziente rinchiusa in una vita familiare insoddisfacente, che trova in Diane e Steve un'occasione di evasione e almeno parziale (o illusoria) realizzazione.

La storia in effetti è tutta nelle difficoltà che Diane deve fronteggiare con suo figlio, con lo sguardo che si sposta di continuo tra il punto di vista di Diane e quello del figlio e spesso anche quello di Kyla, in un caleidoscopio emotivo che a volte diventa quasi insostenibile: merito senza ombra di dubbio dei bravissimi protagonisti, ma soprattutto di una sceneggiatura e di una regia MERAVIGLIOSE. Dolan dimostra una maestria rarissima in entrambe, con caratterizzazioni incredibili ed una regia ambiziosa, ricercatissima ma funzionale a veicolare le emozioni di una storia senza speranza.

In particolare, due momenti sono a mio vedere da storia del cinema, a mani basse: la scena

Nascondi/Visualizza lo SPOILER SPOILER e la scena in cui

Nascondi/Visualizza lo SPOILER SPOILER.

E tutto questo a soli 25 anni. Che enorme perdita per il cinema che Dolan abbia deciso di mollare tutto a 30 anni.

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Gruppo COLLABORATORI SENIOR elio91  @  08/05/2015 17:14:48
   8 / 10
Un pò meno strizzatine d'occhio al pop e ruffianate varie, Dolan, e potrai confezionare un capolavoro.
Mommy è trascinante, sperimentale, concede una storia e una intensità allo stesso tempo originale e semplice, cosa che di solito riesce negli ultimi anni a molto cinema orientale (e sudcoreano). Belli i personaggi, scontato il finale e quindi poco "forte". Ma il resto raggiunge picchi encomiabili.
Decisamente, con la giovane età, Dolan è destinato a fare grandi cose se non perde la brocca: e se riuscirà a distaccarsi anche lui da "Mommy".

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Ultima risposta 09/11/2015 11.40.31
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pak7  @  20/01/2015 15:08:01
   10 / 10
Il cinema sa colpirti, sa emozionarti, ti fa venire voglia di urlare "ancora.. ancora". In alcuni casi quell'urlo è più forte, in altri si sente solo un sibilo. Per Mommy quell'urlo è fortissimo.
Una pellicola che riesce a smuovere l'anima di uno spettatore, stupito da tanta bellezza (questa si che è una "grande bellezza"), da una storia talmente pura da essere vera da essere sconvolgente per l'animo.
La scelta dell'inquadratura stretta in 4:3, in modo da inquadrare solamente una persona per volta, inizialmente non l'avevo capita, ma il decorrere della storia la ha resa geniale, così come alcune scelte registiche, alcuni momenti di grande cinema, ma veramente GRANDE. La fotografia soffusa, la colonna sonora splendida e assolutamente perfetta per il tipo di cinema (tra gli altri troviamo Oasis, Einaudi, Eiffel 65, Bocelli una splendida Celine Dion, Lana del Rey) e un lento ingranare verso un finale sospeso nel vuoto come le vite di Steve e Diane, impreziosite dalla presenza di Kyle, un'ex insegnante balbuziente che entra nella vita dei due ed è un personaggio assolutamente fondamentale per entrambi. Se penso che il regista ha 25 anni mi vengono i brividi, ha creato un qualcosa di spaventosamente bello che tanti registi non ottengono nemmeno in 20 anni di carriera. Ci sarebbe tantissimo da scrivere, ma io fermo qui. Una pellicola forte e dolcissima allo stesso tempo, un capolavoro dei nostri tempi.

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Ultima risposta 05/03/2015 09.56.48
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Gruppo COLLABORATORI JUNIOR Invia una mail all'autore del commento LukeMC67  @  12/01/2015 08:31:33
   9½ / 10
Esiste qualcosa di peggiore della morte? La risposta è sì.
Esiste una legge quantistica che compensa l'eccesso di densità della vita, delle sue emozioni, con l'altra faccia della sua medaglia, la morte? La risposta sembra essere decisamente sì. E' un gioco a somma zero.
Esiste un limite oltre il quale anche l'amore più grande e più forte, quello di una madre verso il proprio figlio, non può andare e deve giocoforza arrendersi? La risposta è anch'essa sì. Forse.
Nelle prime due dolorosissime prese d'atto e nella sospensione della terza sta tutta la consistenza esistenziale di questo straordinario exploit firmato Xavier Dolan, autentico enfant prodige del Cinema (con la maiuscola) dal talento assoluto e debordante che partorisce a 25 anni un film che se non è un capolavoro, senz'altro ci va vicinissimo.
E' la prima volta che un talento così acerbo riesce a fare esattamente quel che il protagonista del suo film non è capace di fare: sintetizzare e distribuire al meglio la sua parossistica energia creando un equilibrio magico proprio attraverso l'eccesso e non contenendosi mai. Un autentico miracolo.
Dotato di una padronanza tecnica mozzafiato (virtuosistica la fotografia di André Turpin, tutta giocata su prospettive inconsuete e su incredibili giochi di sfocatura/messa a fuoco; geniale l'uso dei formati di inquadratura, i famosi "aspect ratio"; impressionante il montaggio -curato dallo stesso Dolan- che non rallenta mai il ritmo solenne e forsennato di tutti i 140 minuti di narrazione, curatissimi gli effetti sonori), il regista québécois fa una sorta di "summa matura" dei suoi precedenti lungometraggi e dello straordinario videoclip "College Boy" del popolarissimo gruppo rock francese Indochine che tanto ha fatto discutere oltralpe per l'estrema violenza delle immagini che commentano le considerazioni di una vittima di ordinario bullismo omofobico e dal quale è saltato fuori Antoine-Olivier Pilon , il protagonista di "Mommy".
E chissà che proprio quest'ultima esperienza artistica, girata in 1:1 con uno straordinariamente asettico bianco-e-nero (recuperatelo su internet insieme a una buona traduzione del testo di Indochine, vale davvero la pena), non sia stato il déclic che abbia fatto scattare "Mommy", a cominciare dall'idillio con il giovane attore protagonista che si scatena in una interpretazione senza freni, assoluta, esattamente come quando si fa crocifiggere nel cortile della sua scuola nel citato videoclip.
E giustamente gli attori, posseduti e invasati dai loro personaggi (cosa poter dire di fronte a tanta bravura?) ma comunque diretti con mano di ferro fin nelle ultime pieghe dell'ultimo dei muscoli corporei, tutti inquadrati in primissimo piano, senza concessioni, trasmettono a questo film quell'eccesso di vitalità che esige il suo contrario per (tentare di) trovare un equilibrio. Se di Anne Dorval, attrice-feticcio di Dolan, e di Pilon è stato detto tutto, cosa poter esprimere su Suzanne Clément, che tratteggia con infinita delicatezza e realismo assoluti la parte più forte e insieme più debole del triangolo inscenato dal regista canadese?
Sì, perché infine di questo si tratta: di un triangolo amoroso che esclude chiunque ne sia all'esterno, talmente assoluto da non poter che implodere.
Un'ultima considerazione sulla musica, che in questo film assume un valore totale elevando forse per la prima volta la tecnica dei videoclip a forma d'Arte a tutto tondo: raramente un commento non originale è mai stato tanto efficace quanto struggente ed emozionante. Dai titoli di testa a quelli di coda, passando per il terribile karaoke bocelliano, siamo letteralmente invasati dalle note che accompagnano e commentano le furiose sequenze che riempiono i nostri occhi turbando profondamente le nostre anime.
Sì, perché uscendo dalla sala ci si accorge di essere stati sottoposti a un autentico elettroshock dell'anima attraverso potenti scariche elettriche emotive. Magia del Cinema. Con la maiuscola.

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Ultima risposta 13/01/2015 19.15.17
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-Uskebasi-  @  04/01/2015 02:10:24
   9 / 10
COMMENTO SPOILEROSO

Poco da discutere.
Un vecchio esperto regista nel corpo di un 25enne.
Un trio di attori superbo, con un'alchimia che si vede al massimo 3/4 volte l'anno.
Una storia semplicissima e potentissima allo stesso tempo.
Un rapporto tra madre e figlio senza barriere o freni, dove un attacco può trasformarsi in una difesa, un abbraccio in uno strangolamento, un insulto in un bacio, un sogno in un crollo.
Io ho amato Diane, perché le sue reazioni a ogni notizia negativa erano con il sorriso, come se fosse solo questione di tempo e se lo aspettasse, una maschera pronta da indossare per dimostrare a se stessa e agli altri la sua incredibile forza. Ho amato il suo Impressionante, Indimenticabile, Meraviglioso sfogo di spalle.
Ho amato Kyla perché nasconde una sofferenza enorme, perché fatica a parlare ma non a entrare nel cuore, interpretata da un'attrice che non fa pensare alla finzione in un solo secondo. Per me la migliore in assoluto.
Ho amato e odiato Steve, trasportato dall'uragano che è.
Ho amato Dolan, perché ha palesato che il talento non ha età. Ha dimostrato che il prendere spunti quà e là (ad esempio da "La 25a Ora") non è dannoso per il cinema, anzi, ci regala una scena sublime che ha come unico e insignificante ostacolo la sua prevedibilità. Intuiamo che sia un sogno, che quella vita normale non può essere vera, le frasi iniziali che fanno riferimento alla legge S-14 devono pur servire a qualcosa e il destino di Steve ci si deve per forza scontrare.
Ma ovviamente la chicca di Mommy è nello schermo legato ai personaggi come rappresentazione della felicità. La prima modifica è da antologia.
Vite tormentate, oppresse e schiacciate da un formato 1:1, in un mondo senza speranza che può andare avanti solo grazie a chi spera. Diane lo fa, contro ogni logica.

Un attimo.
C'è un pazzo biondo che prova a scappare. Ma dove crede di andare!?

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Ultima risposta 12/01/2015 17.27.02
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Gruppo COLLABORATORI JUNIOR pier91  @  16/12/2014 00:38:36
   8 / 10
In un'unica bolla esistenziale si raggiungono alte quote e si esplorano profondità sotterranee. I disinganni della crescita ci costringono a ridefinire il concetto di affettività, a registrare il cielo e l'inferno. Steve, anche per via del disturbo che lo trascina sempre ai poli di ogni emozione, è icona della convivenza di moti contrastanti. Del resto sono proprio gli estremi, le pareti opposte delle inquadrature, i primi elementi che saltano all' occhio. Passioni asfissianti che spingono da ogni lato, che obbligano a barcollare in un centro instabile. A volte riusciamo ad allargare il perimetro del nostro agire, a srotolarci liberi su una superficie di irriflessione, per rilassare i nervi e sgranchire i pensieri. Dura poco, è meraviglioso.
Dolan circoscrive queste dinamiche nella storia d'amore fra una madre e un figlio. Soddisfa un' urgenza autobiografica, ma impedisce anche allo spettatore di lambiccarsi sull' autenticità dei sentimenti, anziché sulla loro vulnerabilità.

Steve e Diane, come tutte le perone che si amano, combattono sole contro la volgarità; sembrerebbe appartenere al loro linguaggio e abbigliamento "osceni", s'insinua invece nella grammatica perfetta delle ingiunzioni, nella prassi del licenziamento, nella tattica dell' abbandono.
Il loro è un assetto chiuso che teme e attende un' intrusione. Kyla si inserisce nella lunga tradizione del personaggio-ospite, dello sguardo estraneo che ha una funzione soprattutto narrante (la narrazione è il modo in cui decifriamo le cose che ci accadono). Si inserisce nella tradizione dicevo, ma con una peculiarità fondamentale: lei vuole essere guardata e decrittata a sua volta (non è un caso che Dolan abbia voluto assegnare proprio alla figura rivelatrice il limite della balbuzie). Questa rimbalzante vicendevole necessità d'essere intercettati dall'altro trova una sua delicatissima espressione nel momento dell' addio tra Kyla e Diane. Una delle scene che ho preferito in assoluto.

La musica raramente ha avuto un ruolo tanto fondamentale. Viene introdotta spesso come componente diegetica, è la musica che i personaggi ascoltano. Può non corrispondere ai nostri gusti, anzi credo abbia il preciso scopo di sfidarli. L'ultima canzone, "Born to die", ovviamente trova senso anche attraverso il titolo. "Die" è il nomignolo di Diane, si firma così in una delle prime scene, disegnando un cuoricino al posto del punto sulla i.
Quel qualcuno da cui ci si vuol separare, da cui si ritorna sempre.

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Ultima risposta 22/12/2014 03.35.22
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Gruppo COLLABORATORI SENIOR jack_torrence  @  10/12/2014 17:46:07
   8 / 10
Dolan torna sul tema che lo ossessiona sin dal film d'esordio ("J'ai tué ma mère"), il rapporto con la madre.
Il formato 1:1 schiaccia e costringe i personaggi come in una gabbia, ma da lì dentro la vitalità irredenta del giovane prodigio canadese pulsa più indomita che mai.

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Ultima risposta 15/12/2014 00.48.33
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Gruppo COLLABORATORI SENIOR Invia una mail all'autore del commento kowalsky  @  05/12/2014 01:47:58
   8½ / 10
Semplicemente, un film splendido. Un tema rischioso trattato con una bravura incomparabile, che fa di Dolan il più capace enfant prodige del cinema indipendente mondiale. Credo che mi abbia trasmesso quel certo tipo di emozioni su certi argomenti che non provavo dai tempi di Mask di Peter Bogdanovich. Un trittico umano che può ricordare l'Altman di Three Women spogliato dai simbolismi e aggiornato con uno stile che riesce a pochissimi, su tutti Francois Ozon. L'indiscussa bravura del giovanissimo regista è tale da non sembrare mai presuntuosa, come nell'intensa sequenza del dialogo in black out di Diane col vicino di casa, dove lo spettatore sembra riflettere non tanto la nitida fotografia dell'immagine quanto prestare attenzione al potere delle parole. Si ama Diane con le stesse fragilità imputabili alla rischiosa, recidiva vitalità del figlio, connettendosi con la loro inconsueta empatia, come se appartenesse alla nostra. Al di là della forza delle immagini e dello script, un po' da Sundance festival, quel che resta è la mostruosa bravura
Degli interpreti, che anche davanti all'unica nota stonata del Karaoke (l'orribile canzone italiana degli Oro) filtra un disegno di tragica normalità divorata dalla stupidità di massa. Imperdibile

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Ultima risposta 25/12/2014 23.46.59
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Gruppo COLLABORATORI JUNIOR baloum  @  04/12/2014 18:26:35
   10 / 10
Ci tengo ad annunciarlo qui e ora: Mommy è il miglior film del 2014.

Così, con un mese d'anticipo e senza troppi fronzoli. Perché? Perché raramente un lungometraggio è riuscito a emozionarmi ininterrottamente per tutta la sua durata e a colpirmi così nel profondo da spingermi a desiderarne una seconda visione(forse l'ultimo in ordine di tempo era stato nel 2004 Million Dollar Baby).

Premiato ex aequo a Cannes con Audieu au langage di Godard, l'ultima opera di Dolan (25 anni e gia cinque film all'attivo!) ha il grande pregio di raccontare una storia archetipica (il complicato rapporto madre-figlio) in modo del tutto originale. Basti pensare semplicemente alla scelta dell'aspect ratio e alla sua declinazione nel corso della pellicola:se infatti il formato 1:1 ribattezzato polaroid o selfie è estremamente funzionale per accentuare il lavoro d'introspezione (sia da parte del regista che da parte del pubblico) sui protagonisti con lo stesso intento che un tempo spettava al Kammerspiel tedesco, la sua successiva mutazione è più emozionale e facilmente riconoscibile rispetto ad esempio a quella che componeva il Grand Budapest Hotel di Wes Anderson, che da buon cinefilo aveva scelto coraggiosamente di utilizzare il passaggio dal 16:9 al 4:3 per omaggiare un certo tipo di cinema del passato (Lubitsch in primis).

Eppure, dopo la scettica visione di Tom à la ferme, mai avrei pensato di potermi innamorare dei personaggi di questo più che promettente regista canadese. E così piuttosto inaspettatamente mi sono perdutamente innamorato di Diane, una madre forte, una donna debole così come debole e contemporaneamente forte è suo figlio Steve che vorrebbe spaccare il mondo ma che invece si limita all'autodistruzione. E inevitabilmente mi sono invaghito anche di Kyla e della sua timidezza forzata che cela enorme sofferenza. Queste tre meravigliose anime tormentate, abbandonate a se stesse da una società che promulga leggi eticamente discutibili, finiscono con il formare una delle famiglie più affascinanti e atipiche mai viste sullo schermo. Dolan accudisce teneramente i membri di questo trio, ce li fa odiare e amare in un vorticoso parossismo sentimentale e con la sua regia ci stupisce e ci tiene in ansia per il loro futuro incerto che oramai è anche un po' nostro. Impossibile tralasciare le interpretazioni degli attori: da una maestosa Anne Dorval (attrice feticcio del regista) al fragoroso Antoine Olivier Pilon fino ovviamente al tocco delicato di Suzanne Clément. Ma una menzione speciale la merita senz'altro la toccante colonna sonora che spazia tranquillamente da Einaudi agli Eiffel 65 passando per Celine Dion e gli Oasis (la loro Wonderwall accompagna quella che secondo me è la sequenza migliore del film) e che probabilmente rasenta la perfezione delle ballate folk di Inside Llewyn Davis.

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Ultima risposta 04/12/2014 19.11.27
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