Moloch racconta una giornata di vita (1942) di Hitler in compagnia di Eva Braun, Joseph Goebbels e moglie, nel buon ritiro sulle Alpi Bavaresi. Eva cerca invano un riscontro amoroso nel suo freddo amante.
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Moloch piccolo e mostruoso, indimenticabile come le incisioni dei numeri in serie. Gigante di un filmino amatoriale di ciò che può, un essere privo di calore umano, considerare il suo amore clandestino, frustrato e inappagato. Misero avvolto in un telo, meschino sotto un lenzuolo. Grottesche giornate, deliri, tutto malsano, cibo e ospiti, claudicanti, trasudanti grasso e bugiardi compiacimenti. L'Apollo della razza perfetta, erculeo nemico, ritratto di una maschera, malata nella mente e nel corpo. Pagliaccio di se stesso, parassita dei parassiti da esso temuti. Nebbia, mantello di una compagnia senza colore, volti sbiaditi nella luce immensa, nell'assenza del suo corpo addormentato, svenuto e sfinito da ortiche, fronti e nemici storici. Un addio, nell'assolutezza anche sulla morte, delirio di onnipotenza smontato dall'amore cieco, coraggioso, incoerente e privo di senno. Ritorno ad un progetto disumano del quale è privo di alcuna memoria nonché esistenza. Malsano e disturbante in una meravigliosa fotografia sgranata.