mine vaganti regia di Ferzan Ozpetek Italia 2010
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mine vaganti (2010)

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locandina del film MINE VAGANTI

Titolo Originale: MINE VAGANTI

RegiaFerzan Ozpetek

InterpretiRiccardo Scamarcio, Alessandro Preziosi, Nicole Grimaudo, Lunetta Savino, Ennio Fantastichini, Elena Sofia Ricci, Carolina Crescentini, Ilaria Occhini, Daniele Pecci, Massimiliano Gallo, Bianca Nappi, Paola Minaccioni, Matteo Taranto, Carmine Recano, Gea

Durata: h 1.50
NazionalitàItalia 2010
Generedrammatico
Al cinema nel Marzo 2010

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Trama del film Mine vaganti

Nella casa c'è molta attesa per il ritorno di Tommaso (Riccardo Scamarcio). La mamma Stefania (Lunetta Savino), il padre Vincenzo (Ennio Fantastichini), la zia Luciana (Elena Sofia Ricci), la nonna (Ilaria Occhini), la sorella Elena (Bianca Nappi) e l'amica d'infanzia Alba (Nicole Grimaudo), vorrebbero tutti che Tommaso affiancasse il fratello Antonio (Alessandro Preziosi) nella nuova gestione del pastificio di famiglia.

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Voto Visitatori:   7,13 / 10 (151 voti)7,13Grafico
Voto Recensore:   8,50 / 10  8,50
Miglior attore non protagonista (Ennio Fantastichini)Miglior attrice non protagonista (Ilaria Occhini)
VINCITORE DI 2 PREMI DAVID DI DONATELLO:
Miglior attore non protagonista (Ennio Fantastichini), Miglior attrice non protagonista (Ilaria Occhini)
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Voti e commenti su Mine vaganti, 151 opinioni inserite

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Gruppo COLLABORATORI SENIOR Invia una mail all'autore del commento kowalsky  @  15/03/2010 23:23:28
   7½ / 10
Forse ha ragione il critico Lee Marshall a sottolineare lo strano "anacronismo" di questo script rispetto ad altre realtà occidentali, ma siamo nell'Italietta parrocchiale dove per fare una brutta fiction sulle lesbiche su Rai 1 è necessario fare penitenza in Vaticano o rimodellare il confine (labile) tra predisposizione e peccato.
Non è un caso che Ozpetek, dopo il (quasi) insopportabile "Un giorno perfetto" sia tornato ai temi che gli sono più congeniali, ma stavolta la sceneggiatura non fa una grinza, il senso della misura è quasi perfetto, i dialoghi ("se uno fa sempre quello che gli chiedono gli altri non vale la pena di vivere") efficaci e nell'insieme funziona almeno quanto l'ultimo, sorprendente film di Virzì.
La commedia all'italiana torna a recuperare il giusto credito? Si direbbe di sì. Frenato dai suoi istinti pretenziosi (l'irritante teologismo sociale di "Cuore sacro") il regista ha finalmente potenziato le sue qualità senza per questo rinunciare al suo stile corale ormai riconoscibile. Qualcuno ha giustamente sottolineato quanto questo queer movie (se vogliamo affibbiargli un'etichetta disconosciuta dalla volontà popolare) sia decisamente conservatore nello spirito e nella sua vocazione laico-umana. Vero, ma per una volta non è così conciliatorio, anzi.
L'espressione reale dei sentimenti arriva a compromettere anche la figura del padre, e la sua salvezza esistenziale (non come metafora ma quasi), perchè a tutto c'è un limite, e la famiglia non vale comunque la rinuncia alla felicità.
Non è vero che il mondo gayo di Ozpetek è sopra le righe, eccessivo e spumeggiante: questa vitalità contrasta col raggio d'azione limitato di un meccanismo familiare che mostra davvero tante crepe (dal padre con le prostitute alla sorella sessualmente assatanata) e che, smussato dalla contagiosa vitalità del soggetto, farebbe pensare al primo Bellocchio.
Ciò che ho trovato sopra le righe, ridondante e piagnone è stata proprio la figura del padre, vs. l'interpretazione di Ennio Fantastichini. Se c'è un personaggio che risulta eccessivo nel suo proverbiale (ma in fondo illogico e poco motivato) orgoglio ferito è proprio il capofamiglia.
Scamarcio gioca bene le sue carte, di sottrazione, a parte quando la sua natura si ribella a tanta finzione, mentre le prove migliore sono quelle delle attrici comprimarie. La Lunetta tratteggia una figura materna insopportabile (in quanto ad antipatia anche superiore al beffardo consorte) e la Occhini, gli occhi più belli del cinema italiano insieme a Virna Lisi, è splendida nel ruolo della nonna.
A dire il vero perno della vicenda e vera protagonista (fin dai flashback sui suo tormentato amor fou) su cui ruotano le complesse vicende della famiglia.
Se qualche errore di forma è stato commesso, mi sembra facile tratteggiare il sud con il consueto clichè della chiusura mentale o dai solìdi prìncipi tradizionali, e non solo per il fatto che si "colpisce" una cittadina deliziosa come Lecce ma perchè il "nord italia aperto e liberale" è ormai diventato un'autentica illusione.
Credo che parlare di omosessualità in qualsiasi provincia italiana che vive di pregiudizi e di rituali consolidati sia ancora un problema vigente, al sud come al nord.
Senza per questo decontestualizzare anche le città: per esperienza personale, posso citare qualche caso di amici che - non volendo riconoscere la mia scelta - mi chiedono ancora com'è possibile che non abbia trovato una moglie

A parte tutto, il film è sincero quanto basta, e bisogna riconoscere a Ozpetek la capacità indiscussa di aver affrontato questi temi senza l'ipocrisia imperante e sottilmente morbosa di altri autori italiani.
Notevole l'epilogo finale, che, citando La finestra di fronte pone Ilaria Occhini davanti all'unica possibilità fatale di ritrovare la propria libertà: immagine a camera fissa, quasi una prospettiva tardo-felliniana.
O il corteo funebre che forse cita (o forse no) "Funeralino" dall'"Oro di Napoli". E magari i detrattori diranno che Ozpetek gira fiction ma nessuna fiction ha osato qualcosa del genere.
E poi d'accordo, un omosessuale (terminologia errata e francamente fastidiosa nella sua spocchiosa verbosità verbale) sa ritrovarsi, per poi perdersi, davanti ai cancelli chiusi/aperti del suo sentimento (il bacio tra due uomini come condivisione reale è meno "oltraggioso" del suo immaginario omofobo).
In questo senso si può dire tutto, o il contrario

9 risposte al commento
Ultima risposta 02/04/2010 16.31.43
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