Lora Meredith è vedova ed ha una bambina, Susy; benché si trovi in strettezze ella accoglie nella sua casa una donna nera, Emy Johnson, che ha anch'essa una figliola, Sara Jane. Lora desidera ardentemente di affermarsi come artista di teatro. Un giovane fotografo disoccupato, Steve, avendola conosciuta, s'innamora di lei, e appena trova un'occupazione, le chiede di sposarlo...
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Capolavoro senza se e senza ma, dove il razzismo è espressione del classismo e dove tutto (barriere sociali, ambizioni, caratterizzazioni) è destinato a non cambiare.
Tutto perfetto: attori, regia, dialoghi, analisi socio-psicologica; un film ancor oggi attualissimo e pungente.
Notevole pure Dan O Herlihy (i primi 2 Robocop, il Crusoe di Bunuel), attore completo e versatile.
Niente da dire, l'opera prende, commuove e fa male e, seppur si prendan le "imitazioni di vita", come da titolo (lo spettacolo, la ricerca del successo), la realtà brutale è sempre pronta a far capolino per fregare i protagonisti.
Gran melodramma, recitato benissimo soprattutto dalle due protagoniste e molto moderno nel modo di affrontare tutte le proprie tematiche (insolitamente esplicite le difficoltà incontrate da Lana Turner nel trovare una parte nel mondo del teatro, considerando che il film è del 1959). Sirk è bravissimo nel dosare tutta la carne che mette sul fuoco senza strafare e senza mai perdere il filo del discorso: si spazia dal riscatto sociale al rapporto madre / figlia (declinato in due diverse tipologie), dal problema razziale al disagio del diverso, dall'amore all'abbandono all'emancipazione femminile. C'è veramente tantissimo in questo film, decisamente da recuperare.
Concordo con il commento sotto al mio. Il melodramma di Sirk è sì ben fatto ma traboccante di retorica, e non sempre controllata, che ne mina un po' il coinvolgimento trasmesso. Cast in evidenza, così come le emozioni che sprigionano certi argomenti, bene ovviamente la regia, difetta un po' nel ritmo e in alcuni momenti nei dialoghi, non sempre incisivi. LO SPECCHIO DELLA VITA è comunque un buon film, meritevole di visione e di apprezzamento.
Confezione impeccabile, sentimentalismi in bella vista conditi da grande enfasi, alcuni passaggi eccezionali ( la scena dell'aggressione a Sarah Jane e quella finale sono di una bellezza folgorante ), altri che eccedono in melodramma e rischiano di diventare stucchevoli; un film tutto al femminile che scandaglia il difficile rapporto madre - figlia con due storie antitetiche ( Marie Jane disprezza l'amore della madre perché ambisce ad una vita più agiata, rifiutando di essere di colore - Susie invece ha tutto dalla vita ma vorrebbe una madre più presente ) che procedono parallelamente finché i contrasti diventano insanabili ed esplodono, nel finale, in tutta la loro drammaticità. Non è certo uno dei miei generi preferiti, però è un signor film, ed il più grande successo di un regista capace come Douglas Sirk. Notevole il cast tutto, ma Lana Turner esibisce alcune pettinature permanentate che ne mortificano la bellezza.
Gran film, che magari pecca un pò di lentezza in alcune circostanze, ma alla fine non delude. Ottimo il lavoro dell'intero cast. Vale davvero la pena vederlo.
Credo di aver assistito a uno dei più grandi melodrammi della storia del cinema. Ok che saranno migliaia quelli che ancora non ho visto, ma dubito che saranno molti quelli in grado di elevare le emozioni a un tale livello di intensità. Che poi, ad essere sinceri, questo è molto più di un melodramma. E, a tal proposito, concordo pienamente con uno dei commenti qui sotto dove è stato detto praticamente tutto ciò che c'era da dire su questo gioiellino. Divagazioni a parte sono bastate poche decine di minuti per farmi dimenticare che mi trovavo di fronte a un film. Particolari ai quali sono solito prestare almeno un pò di attenzione (regia, inquadrature, ambientazione e tutto ciò che riguarda dettagli tecnici) sono passati in secondo piano, soverchiati dalla forza dei personaggi e dall'empatia che si è creata con loro. Non c'era spazio per nient'altro che fossero le emozioni ed è stato così sino alla fine, in un crescendo di intensità davvero difficile da eguagliare. Difficile anche tenere a freno le lacrime, e non mi riferisco solamente alla scena finale, ma anche all'ultimo incontro tra Annie e Sarah Jane, forse uno dei passaggi più belli e sentiti del film. Ti senti lì con loro, in quel piccolo camerino, combattuto tra il dispiacere misto ad amore incondizionato di una madre e l'enorme conflitto interiore della figlia. Ed è fantastico!! Il cast è veramente straordinario e sono le due attrici meno conosciute a dare il meglio di loro: la Moore e la Kohner, infatti, risultano inarrivabili. Viene spontaneo anche il paragone tra loro e le altre due protagoniste femminili, anche per soppesare le enormi differenze tra due "famiglie" che, quasi per caso, si trovano a condividere la stessa casa e una profonda amicizia. Beh, la Turner riesce in qualche modo a tener testa alla Moore e, forse, regala una delle sue migliori interpretazioni. Sandra Dee, invece, subisce enormemente la bravura della Kohner e il suo personaggio risulta il meno convincente dei quattro. E comunque è stata brava anche lei, sia chiaro. Molto marginali invece le figure maschili, compreso un John Gavin importante solo all'apparenza. E la scena finale pare quasi esserne la dimostrazione, seppur involontaria
l'inquadratura che Sirk riserva a Lora mentre abbraccia Sarah Jane e tiene la mano della figlia non lascia spazio ad Archer, che sarà inquadrato solamente in un secondo momento, come a confermarne l'importanza secondaria.
In conclusione un film che di sicuro non è impeccabile, almeno per ciò che riguarda certe caratteristiche dei personaggi e qualche dettaglio tecnico, ma che rimedia alla grande regalando ogni tipo di emozione possibile e immaginabile senza scadere nel patetico o nel melenso. Da non perdere!!!
"Lo specchio della vita" non è solo un semplice melodramma, è uno dei film più emotivamente belli mai girati. Inserirlo a forza in un genere è veramente riduttivo. Qui si toccano temi universali, quali il diritto di poter essere realmente quello che si è - e non quello che le apparenze vorrebbero - senza pagarne le conseguenze (la vicenda della bambina bianca figlia di una donna nera), il difficile equilibrio fra affettività, cura degli altri da una parete e egoismo, ambizione, successo dall'altra. Però quello che è più universale, al di là delle vicende e dei personaggi fin troppo costuiti ad arte, è la maniera con cui l'interiorità dei personaggi viene rappresentata. C'è la creazione di un contesto emotivo (l'intreccio, la costruzione scenica, il prodursi di momenti rivelatori e decisivi) che da solo produce una profonda reazione nell'animo di chi guarda; gli attori non devono fare altro che trattenere i sentimenti per poi farli scoppiare, tutto con molta misura, tanto da raggiungere il concetto di idealità e perfezione sentimentale. Cioè nel nostro immaginario, se dobbiamo pensare ad "amore", "affetto profondo", "conflitto interiore", "scelta di vita", penseremmo proprio a situazioni e a sensazioni interiori tali e quali a quelle che questo film ci fa vedere. Almeno a me ha dato questa impressione. Le vicende, i personaggi saranno falsi ma il sentimento è terribilmente, drammaticamente vero. Così almeno io l'ho percepito. Forse questo film oggi può apparire datato (anche se la vicenda "razziale", sotto altre spoglie, è ancora attualissima) è probabilmente lo è. Il film stesso è una specie di termine nella parabola ideologica del cinema di Sirk, il film che testimonia il tramonto e la sconfitta di una determinata idealità. Chi ha visto i film di Sirk, riconosce la tipologia dei personaggi come quello di Annie. Lei come Bob Merrick è preda della "magnifica ossessione", cioè il piacere derivante da fare il bene senza chiedere niente in cambio, cioè traslare il proprio piacere nel piacere che facciamo provare agli altri. In "Magnifica ossessione" questo impulso viene rappresentato nel suo fulgore puro, nella sua purezza ideale. Con "Secondo amore" si comincia a metterlo alla prova delle convenzioni sociali, in "Lo specchio della vita" se ne certifica l'impossibilità pratica e la sconfitta. Il destino di Annie è quello di rimanere sempre relegata in ruoli secondari, per lo più "usata" da altri. Ma la cosa peggiore è che non è riuscita a "trasmettere" il suo modo di vivere alle generazioni future, a sua figlia; la società , le sue chimere, i suoi pregiudizi hanno avuto il sopravvento e hanno portato sua figlia Sarah Jane addirittura a rinnegare completamente ciò che sua madre rappresenta. Sconfitta peggiore non ci poteva essere. Per questo un personaggio come Annie a noi pare strano, quasi irreale. Allora invece era sentito come qualcosa di vero, come possibile. E' Sarah Jane quella che "vince". Lei rappresenta le generazioni future, il '68, quelle che decideranno di scardinare l'ordine morale costituito con le sue barriere etiche e sociali: sarà un ordine più libero ma più edonista e più materialista. Ciò che non verrà scardinato è invece l'ordine economico. Il grande limite di tutte le "critiche" hollywoodiane è che rimangono sempre in un contesto morale, non entrano nel merito delle ingiustizie, non ne cercano le cause vere nel campo economico e sociale. Questo film non fa eccezione, con l'accettazione della divisione in ricchi e poveri presa come naturale, con l'occasione (l'illusione) per i poveri di avere successo se hanno talento e fortuna. La prospettiva è sempre individuale e mai collettiva. C'è però qualcosa che non è per niente datato ed è la splendida, meravigliosa tecnica di ripresa. Mai punti di ripresa sono stati più azzeccati con un'alternanza di punti di ripresa dall'alto, dal basso, campi lunghi, medi e primi piani che si susseguono alla perfezione, movimenti di macchina e piani sequenza suggestivi ma allo stesso tempo molto naturali (altro che "L'infernale Quinlan" di Orson Welles), soprattutto quando scivolano lentamente per inquadrare uno specchio, il quale duplica la realtà, ci aggiunge riflessione (in tutti i sensi). Sono rimasto a bocca aperta, davvero. Sirk insieme a Bergman è il regista che meglio di tutti ha saputo usare gli specchi come strumenti di suggestione filmica. Peccato per qualche momento forse un po' troppo retorico e per le forzature nella sceneggiatura, altrimenti sarebbe stato un capolavoro. Comunque, ribadisco: "Lo specchio della vita" è un film profondamente pessimista. Per questo Sirk ha smesso di fare film.
Il melò per antonomasia, un memorabile spaccato dell'America del grande sogno che prende atto dei propri successi e, soprattutto, dei propri fallimenti. Pochi sono stati i film in grado di elevare le emozioni ad un tale livello di struggente umanità, pochissimi quelli che continuano anche a distanza di anni a suscitare la medesima ondata di commozione. Un film sul rispetto e sulla tolleranza nelle loro accezioni più universali, perchè come dice il personaggio di Annie Johnson "Non ci si deve mai vergognare di ciò che si è". Dinanzi a concetti di tale importanza, e considerate alcune tra le pagine più toccanti all'interno del genere, si accettano senza particolari difficoltà anche le meno interessanti vicende sentimentali. Comunque l'attenzione si catalizza naturalmente sulla storia della domestica nera Annie e di sua figlia Sarah Jane, mulatta in lotta con se stessa e con la società razzista. Nel finale non c'è freno che tenga, e le lacrime straripano senza sosta alcuna. La regia di Sirk è straordinaria in tutto (da pelle d'oca l'aggressione a Sarah Jane mostrata attraverso la vetrina di un negozio), le interpretazioni splendide con menzioni d'obbligo per la Moore e la Kohner, intensissime protagoniste di un conflittuale rapporto madre-figlia tra i più laceranti visti sul grande schermo. L'imitazione della vita secondo il grande Douglas Sirk, un film assolutamente indimenticabile.
Primo film di Douglas Sirk che vedo e commento e a quanto sento dire in giro è uno dei suoi film piu' famosi! Non amo il genere strappa-lacrime e questo puo' influire sulla mia valutazione! Non si puo' negare che questo regista ci sa fare...prendendo una storia gia' portata sullo schermo nel 1934 e infarcendola di zucchero e buoni sentimenti...Molto interessante il fatto che la storia vada su due binari differenti. La strada del successo e le sue conseguenze e il rapporto tra madre e figlia sullo sfondo del razzismo! Un film costruito bene e condotto alla prevedibile commozione finale!
Non sono troppo amante del melodramma e di questo genere di film, ma devo riconoscere che il regista ci ha davvero saputo fare. So che è un remake di un altro film che non ho visto. Credo però che con una regia del genere e un cast deciso e all'altezza questo capitolo sia superiore a prescindere. Gran film.
Melodramma americano per eccellenza del maestro del genere Douglas Sirk, che prende le mosse dal precedente film di Stahl. Sono sempre stato un pò refrattario a questo tipo di pellicole, tuttavia devo riconoscere che in questo remake tutto è svolto a regola d'arte: dalla sceneggiatura, alla recitazione fino alla regia di Sirk, che in "Imitation of life" si dimostra abile più che mai nella direzione degli attori (la stessa Lana Turner dichiarò che grazie al regista tedesco è riuscita a dare il meglio di se stessa). L'amore, l'ambizione, la rivalità madre-figlia, il classismo e il razzismo: tutto ciò è racchiuso in questo film e ne fa un esempio di profondità emotiva e drammatica, che culmina in un finale struggente come pochi.
Apoteosi del melodramma anni Cinquanta in cui si intrecciano tensioni razziali e drammi privati. Madri e figlie, lacrime e abiti di chiffon con una stupenda Lana Turner, archetipo assoluto del dramma al femminile. Capolavoro del pianto da tramandare ai posteri
Semplicemente Fantastico,uno dei film più commeventi che abbia mai visto.La storia di una donna(Emy Johnson)che lotta contro una figlia che si vergogna della sua pelle.Una Donna di successo( Lora Meredith)che accetta mamma e figlia in casa senza pregiudizi.Un capolavoro che tutti dovrebbere vedere.
Questo è uno dei tanti film dalla lacrima facile, che per colpa o per merito di mia madre, ho imparato a guardare e apprezzare (ovviamente con il fazzoletto in mano). Stupendo film che mette in primo piano sentimenti che ogni essere umano dovrebbe non nascondere mai.
UNA STORIA TRISTE E BELLA NELLO STESSO TEMPO. DUE FAMIGLIE A STRETTO CONTATTO, IL SUCCESSO DI LOLA E DELLA FIGLIA E LE SFORTUNE DI EMY E DI SARA JANE...E TUTTO X IL COLORE DELLA PELLE.
METTO 10 PERCHE' NN E' POSSIBILE METTERE UN VOTO ANCORA PIU' ALTO.
QUANDO SARA JANE RINCORRE IL FUNERALE DI SUA MADRE, DICHIARANDO FINALMENTE SENZA VERGOGNA DI ESSERE FIGLIA DI UNA DONNA DI COLORE...BHE' VERAMENTE MI SONO VENUTI I BRIVIDI!
applausi a kowalsky x l'esauriente commento, al quale mi sento di aggiungere ben poco..film toccante, commovente e dal finale diverso da cm avrei potuto aspettarmi..le interpretazioni sn perfette anke se dal punto d vista tecnico nn è un capolavoro. del resto nn è "come" è fatto ke è importante in qsta pellicola, bensì il "cosa" tratta..e direi ke lo tratta nel modo + pregevole possibile..strano ke nn sia molto votato!
Douglas Sirk ci ha insegnato a non vergognarci di piangere, ma sarebbe riduttivo relegarlo a maestro del melodramma, considerato che nella sua carriera ha diretto praticamente di tutto, dai western ai film d'avventura ai gialli, anche se resta innegabilmente l'ultima fase della sua carriera (1953 - 1959) la piu' acclamata e celebre. In Sirk troviamo una spietata critica all'estabilishment sociale e alla way of life americana, che trova il suo culmine in questo splendido film. Si tratta indubbiamente di uno dei piu' struggenti film della storia del cinema, ma non solo: qui non si tratta di puri pretesti per strumentalizzare l'emozione dello spettatore, ma tutto è frutto di un'indignazione verso un sistema che crea discordie e dolore nei vari ceti sociali. Le figlie di Lora ed Emy sono entrambe infelici, per quanto la prima sia nata in ambienti agiati, mentre la seconda viva nella sua pelle la condizione meticcia del pregiudizio razziale, al punto di deprecare le sue radici. Particolare interessante: l'edizione del film ha censurato IN QUESTI ANNI la parte in cui Sarah Jane chiede se Dio è bianco e resta ammaliata dalla conferma che Dio è un uomo bianco. Trent'anni fa, questa sequenza veniva tranquillamente proposta, senza censure, e ci sembra di dire che il veto religioso col tempo è persino peggiorato. La scelta della Turner, nei panni dell'ambiziosa Lora Meredith, con i suoi conflitti con la figlia, rende la storia ancora piu' conturbante e credibile, essendo stata da poco coinvolta nell'assassinio da parte della figlia di Johnny Stompanato, e in questo modo realtà e finzione si trovano perfettamente - direi cinicamente - nello stesso luogo. "Imitation of life" dà anche l'opportunità a Sandra Dee, idolo dei teenagers, di misurarsi con un ruolo profondo e sincero, occasione che nella sua carriera si presenterà molto di rado. Naturalmente il cambiamento dei costumi e la maggior libertà espressiva rende questo sequel molto piu' riuscito e acuto dell'originale del 1934, con Claudette Colbert al posto di Lana Turner. Splendida l'attrice che interpreta Sarah Jane, che chissà come non ha avuto la carriera che si meritava. Particolare interessante, gli uomini nel film non rivestono una grande importanza, per Sirk il belloccio John Gavin (a pochi mesi da Psycho), e Troy "scandalo al sole" Donanhue sono semplici testimoni di un complesso affettivo o ostile creato da donne. Tutto fino all'imput finale; che ribalta tragicamente l'assurdità delle scelte in favore di una "fratellanza razziale universale", mentre Sarah Jane è costretta a vivere il rimorso della sua identità disconosciuta. La solenne voce di Mahalia Jackson mi porta davanti uno di quei momenti incantevoli in cui è sofferto ma meraviglioso provare dolore, quando il cinema crea , con Sirk e pochissimi altri, quel senso narcotizzante di Visione Assoluta, e le lacrime non sono disposte mai a placarsi.