Siamo nel 1914 a Salinas Valley, nella California settentrionale. Adam Trask vive in una fattoria con i figli Aaron e Cal. Uno è buono, l'altro cattivo perché si crede poco amato dal padre. La madre ha abbandonato il marito molto tempo prima e ora gestisce un bordello a Monterey. I rovesci economici, lo scoppio della guerra e i tormenti personali portano alla rovina la famiglia.
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Elia Kazan è un nome che alimenta di storie e di grandi gesta attoriali la bacheca, praticamente indeterminata, dei film. "La valle dell'Eden" è un esempio di produzione americana appartenente, però, ad un altro tempo, ormai passato.
"La valle dell'Eden" è un canto melodrammatico che si avvale di una fotografia fiabesca. Basterebbe questo a cristallizzare, nella critica, il prodotto dell'esperto Kazan. Alla base della produzione degli anni cinquanta traspare istantaneamente aria di dramma; in scena una famiglia frazionata, James Dean (attore famoso per la sua morte prematura) è nella parte del "maledetto", croce e delizia dell'intero apparato. La trama di Kazan prevede una sorta di parabola dei personaggi, indimenticabile lo stesso Terry Malloy ne "Fronte del porto", insomma la situazione iniziale muta sempre; i protagonisti cambiano umore e forse personalità. Ad oggi, a distanza di parecchi decenni, film del genere si fanno apprezzare per la loro forza estetica e per la loro vena nel nome di una beffa e di un epilogo drammatico fin troppo telefonato. Ma gli occhi del critico denotano, al medesimo tempo, una costruzione troppo pronunciata, più di una cosa sembra artificiale. Per non parlare poi di un finale almanaccato per colpire e stordire il pubblico. Improbabile ammaliare integralmente critici abituati a profondità vere e pure.