Inverno 1898, quattro famiglie vivono in una cascina nella provincia di Bergamo. Periodicamente devono versare parte dei raccolti al padrone della fattoria. Un giorno un bambino torna da scuola con uno zoccolo rotto e il padre ne intaglia uno nuovo. Ma per farlo ha tagliato un albero senza chiedere il permesso. La punizione è severa...
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prendo in prestito due aggettivi usati da chi mi ha preceduto nei commenti: sincero e genuino. bellissimo affresco della provincia italiana alla fine del novecento, incorniciato da una fotografia eccezionale.
Un atto d'amore per la terra e per il ritmo che aveva la vita ormai più di un secolo fa nella campagna lombarda. Tutto vi è compreso. Un capolavoro assoluto. Le musiche sono, non solo meravigliose, ma adattissime... anche se un po' di Donizetti non avrebbe guastato. Ossia: la cadenza linguistica lombarda, il dialetto e il latino misto al dialetto di certe funzioni possiede quella metrica musicale che fa subito pensare al Donizetti e al primo Verdi. Curioso come in una scena si senta il grammofono del padrone intonare un'aria dal Don Giovanni di Mozart. Che scelta strana! Oltretutto quel grammofono riproduce anche gli archi dell'orchestra, cosa assolutamente impossibile per i sistemi di registrazione dell'epoca. Ma queste sono quisquilie. Si tratta di un capolavoro di altissima poesia e sensibilità, ecco tutto.
Immenso Capolavoro di Ermanno Olmi. Il destino di Bertolucci: se qualcuno fa un film in qualche modo accostabile al suo, è migliore. Io adoro lo stile di Olmi e il suo modo di intendere la registrazione del parlato, sempre in "primo piano" anche nei campi lunghi; ne esce una intimità dei personaggi che era il punto forte già dai tempi del Posto. "L' Albero degli Zoccoli" è comunque un incredibile ritratto dal vero di un mondo rurale che tra l' altro mi appartiene, e un celebre esempio di drammaturgia "lasciata libera" alle proprie cadenze stagionali. Di "Novecento" preferisco solo la fotografia, beninteso, qui i colori e le atmosfere sono esattamente come quelle delle campagne che mi circondano da 30 anni e che ho avuto ovviamente la possibilità di vedere in ogni stagione; risultato: fotografia verissima. Tre ore ma avrei voluto non finisse mai. Mi succede di rado.
La prima cosa che mi viene in mente - al di là del ricorso alla metafora o alla novella che dà il titolo al film di Olmi - è quella che riguarda brevissimi spunti pero' molto indicativi della cultura (ribadisco anche questa è cultura) contadina, come quella di chiamare gli asini "Garibaldi" in spregio all'Eroe che è stato a lungo avverso al mondo agricolo per ragioni storiche e ideologiche. Parlare del film di Olmi suscita oggi irritazione, quando penso a quei "salotti-bene" che l'hanno addottato (giustamente certo) come capolavoro assoluto di alto lirismo, identificandosi in una sorta di agiografia di massa dell'opera. Insomma, "L'albero degli zoccoli" piacque a tutti, e tra i molti ammiratori v'erano proprio quei "signori" che non hanno minimamente conosciuto la realtà contadina, e hanno sempre vissuto nel lusso sfrenato del Capitalismo o della Borghesia. Non è una critica a priori, solo una constatazione: a Olmi non avrà fatto piacere essere diventato fenomeno di massa per gente che "con affettuoso disprezzo" guarda a quel mondo dimostrando un'empatia che certamente non ha mai avuto. Al di là di queste riserve, il film è immenso e resta tra i capolavori assoluti (qualcuno direbbe l'Ultimo Vero Capolavoro) del Cinema Italiano. Olmi è un uomo cattolico, e in fondo tutto questo traspare nella rievocazione di quel mondo rurale nel viaggio di nozze (assurdo, incomprensibile per noi "moderni") all'interno di un convento ... milanese (o sbaglio?). Come sempre la sua denuncia si limita (e non è poco) all'ideologia dell'immagine, dell'azione, lasciando allo spettatore la capacità di indignarsi per un classismo indegno, ma senza soffermarsi sullo scontro sociale (come ha invece fatto, confusamente a tratti, Bertolucci nel suo epico "Novecento"). C'è poi l'incanto "minimalista" dei piccoli gesti, la famiglia patriarcale, il sapore del cibo fatto in casa, l'ignoranza che celebra il rituale però profondo e piu' struggente di qualsiasi storia d'amore contemporanea dell'attrazione tra un uomo e una donna. Come se Olmi dicesse: privati dalla cultura e dai retaggi dell'"esperienza" questi uomini queste donne avevano un discanto quasi rarefatto e magico per interagire e amarsi
Assolutamente straordinario , gioia, tristezza e valori che della vita , un film da vedere assolutamente. E pensare che esistono pellicole di questo calibro Italiane non possiamo solo che essere fieri !!
Ammetto che è un grandissimo capolavoro, uno di quei film che andrebbero visti e rivisti. Però non è tra i miei film italiani preferiti. Comunque, questa pellicola ci regala momenti di poesia pura, ed è sicuramente uno splendido spaccato della vita nei campi di inizi secolo scorso. Certe figure, come quella del nonno, sono davvero splendide. Come ho già ribadito pocanzi, la differenza tra ricchi e poveri è resa in maniera magistrale: da un lato i contadini che vanno nelle stalle per non patire il freddo, dall'altra il figlio del padrone che suona Mozart. Splendide, e quantomai azzeccate, le musiche di Johann Sebastian Bach (ma quando mai lui ha composto brutta musica?!). Una pietra miliare del cinema italiano.
meraviglioso spaccato della vita provinciale/contadina a cavallo tra i due secoli..da vedere in bergamasco se lo capite xò..almeno in qst ho la fortuna ke è stato girato a 5 km da casa mia