Roma anni '60. Massimo giornalista di un rotocalco scandalistico, si trova in mezzo ai vizi e scandali di quella che era definita "la dolce vita" dei divi del momento.
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Si porta dietro una gran fama ed è universalmente apprezzato, eppure non l'ho trovato all'altezza delle lodi. Ben realizzato, di fine fattura e sorretto dall'ottima prova di Mas*****nni; purtroppo queste caratteristiche non soverchiano lo stile piatto, quasi strascicato della storia e non lo salvano dal nemico peggiore per un film di quasi tre ore, ovvero la noia. Le intenzioni del regista sono evidenti, ma il risultato finale è più vicino ad un esercizio di stile, che in pochi casi riesce a catturare lo spettatore. Diciamocelo, "la dolce vita" è sopravvalutato, ma per definirlo ancora meglio direi inconcludente. Assomiglia a uno dei discorsi tra Marcello e Steiner: complicati, sfuggevoli ed astratti, che si perdono nella notte come nel brusio di una festa.