il sol dell’avvenire (2023) regia di Nanni Moretti Italia, Francia 2023
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il sol dell’avvenire (2023)

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locandina del film IL SOL DELL’AVVENIRE (2023)

Titolo Originale: IL SOL DELL’AVVENIRE

RegiaNanni Moretti

InterpretiNanni Moretti, Mathieu Amalric, Margherita Buy, Silvio Orlando, Elena Lietti, Barbora Bobuľová, Jerzy Stuhr, Valentina Romani, Arianna Serrao, Laura Nardi, Beniamino Marcone, Rosario Lisma, Flavio Furno, Francesco Brandi, Blu Yoshimi, Teco Celio

Durata: h 1.35
NazionalitàItalia, Francia 2023
Generedrammatico
Al cinema nell'Aprile 2023

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Trama del film Il sol dell’avvenire (2023)

Giovanni è un regista sempre meno in sintonia con il mondo che lo circonda. Al momento è impegnato con le riprese di un film ambientato nel 1956, la storia del segretario della sezione del partito comunista di un quartiere romano che non sa come reagire all'invio dei carri armati sovietici in Ungheria. La produttrice del film è sua moglie Paola, che ultimamente sta pensando di lasciarlo anche se Giovanni non ne ha idea. Il regista sta anche scrivendo un altro progetto tratto da un romanzo e allo stesso tempo sogna di girare un film che racconti la storia d'amore quarantennale di una coppia, con molte canzoni italiane a fare da sottofondo.

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Voto Visitatori:   7,64 / 10 (7 voti)7,64Grafico
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Voti e commenti su Il sol dell’avvenire (2023), 7 opinioni inserite

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BigHatLogan91  @  25/05/2023 20:15:47
   8 / 10
Una summa del cinema morettiano, che appassiona e fa riflettere, alternando pessimismo a uno sguardo ottimistico per il futuro. Pecca solo nel ritmo, per un film di durata relativamente breve.

alessio.b  @  22/05/2023 13:58:22
   8½ / 10
Molto si è scritto di questo film, e molto bene.
Poco da aggiungere. Il sol dell'avvenire è un film bellissimo. Personalissimo, coerentissimo, Moretti a questo punto non ha più nessuna paura di mettere in campo sentimenti semplici, di commuovere, di divertire e divertirsi. Di continuare a ribadire come la pensa, di continuare a dichiarare il suo grande amore per il cinema.

Gruppo COLLABORATORI SENIOR Invia una mail all'autore del commento kowalsky  @  03/05/2023 01:37:40
   8 / 10
"Faccio film con Niente" diceva Fellini. E probabilmente "Il Sol dell'avvenire" non aggiunge molto, ma paradossalmente è uno dei migliori Moretti della maturità. Già avere come "spalla" un attore strabiliante come Almaric non è da tutti, perché intendiamoci se vogliamo avanzare delle riserve è proprio sul Moretti attore troppo altezzoso con quel suo consueto e fastidioso modo di biascicare parole o per meglio dire imporle. Ma il film è di una vitalità stimolante, è girato in modo magistrale (diverse sequenze sono da cineteca, e tutt'altro che un deja vu come obietta qualcuno) e oltre le citazioni volontarie (Pavese Cassavetes Fellini Taviani etc.) ve ne sono altre (Pasolini) atte a raccontare anche le affinità e divergenze del PCI con i più illustri seguaci del Comunismo Italiano. Un' altro nome non rivelato forse è quello di Godard, del suo rigore Scientifico, la sua Idea di Cinema trasversale ai concetti Mainstream della Modernità. Non trovando affatto estenuante l'incursione filosofica di Moretti-Giovanni nel paradigma della Violenza nel cinema, trovo sia uno dei momenti più esilaranti del film. Divertente e melanconico. Un cerchio che si chiude nel paradosso Politico, quando l'antico Idealismo supera e ostacola una sorta di anarchia repressa dei Sentimenti. In questo senso "il circo di Moretti" è vivo e vegeto, e ha ancora molte cose da dire. Forse cose già viste, e dette. Ma con la consapevole bellezza di un mondo capovolto, dove le didascalie delle cronache ideologiche degli anni 50" e i venti di guerra dell'invasione di Putin hanno un retrogusto amaro. Vecchio e nuovo si fondono, come una versione più politica del bellissimo "Ladri di saponette" di Nichetti. Ma forse a questo e ad altro non avrà pensato. Quel che resta della Modernità la mera accettazione

Fidelio89  @  02/05/2023 18:09:04
   9 / 10
Un metatesto ricco di spunti, stimoli, suggerimenti e rimandi alla storia cinema (Cassavetes, Kieslowski, Taviani), alla letteratura (Calvino, Pavese, in filigrana Pirandello), al Nanni Moretti sé stesso, ovvero l'uomo che volle farsi cinema. Ma è anche un complesso caleidoscopio che ancora sfugge a una precisa collocazione critica che possa permettere di fare emergere i suoi emeriti nella sua interezza. Ciò è dovuto al fatto di essere un film ancora uscito da poco e che nonostante l'elevata mole di approfondimenti critici e saggistici sta finendo col disorientare pure i suoi estimatori, nonostante il ritorno ad atmosfere più familiari rispetto al precedente e scombussolante "Tre piani".

L'operazione che Moretti fa con questo suo nuovo lavoro, che io non esito a definire capolavoro, nel suo senso più compiuto, è raffinatissima pur nella sua apparente chiarezza. Il modo in cui riesce a far compenetrare più piani narrativi con altrettante speculazioni che possono nascere in fieri durante la visione ha del miracoloso, pur certamente non estraneo a un certo meccanismo ermeneutico della decostruzione del post-modernismo.

Il film è un continuo farsi beffa dei detrattori mediante l'uso di topoi morettiani spinti fino al parossismo, a cominciare dalla recitazione provocatoria e volutamente antinaturalistica dello stesso regista che non fa nulla per apparire digeribile dal pubblico generalista e nemmeno fino in fondo dai suoi appassionati.

Si prenda la scena dell'interruzione del set del film violento. Chiunque l'avrebbe chiusa in due minuti, Moretti la estenua per ben 11 minuti (su 95 totali titoli compresi) in barba ad ogni pesatura che una piattaforma come Netflix gli imporrebbe. Non si tratta di provocazione fine a sé stessa: portando alle estreme conseguenze la gag, di fatto depotenziandola, l'autore mette a segno un atto di autoflagellazione in linea con tutto il suo cinema recente, mettendo in ridicolo le fissazioni e i «princìpi» che hanno testardamente orientato il suo vivere morale e civile. In un certo senso è una messa in discussione, sebbene fuor di dubbio ambigua, di quello «sguardo morale» che il critico Serge Toubiana ha usato per descrivere l'impronta stilistica della sua opera. Il collegamento paratelevisivo con Renzo Piano e le incursioni di Chiara Valerio e Corrado Augias sembrano scarti da "Aprile" in linea alla voluta sciatteria formale di quel film. Avallando tale ipotesi di lettura, a mio parere suffragata da tracce abbastanza eloquenti, la critica (scontata per antipatia personale) di Marco Giusti sullo stile alla "Lilli Gruber" di quelle inquadrature è segno che la sottile intelligenza di Moretti ha colto nel segno.

Un altro momento curioso è la scena in cui Giovanni/Moretti interrompe una scena del suo film perché a suo giudizio «brutta» e perché «le scene brutte non servono a niente». E lui cosa fa? Fa girare al Moretti-regista (dall'altra parte del set) una scena altrettanto brutta e girata malissimo con la troupe che volteggia sulle note di "Voglio vederti danzare". Montandola nel girato finale del "film sopra il film". L'astuzia di Moretti nel farsi perfetto «press agent di sé stesso» come riconobbe Monicelli nel famoso confronto del 1977, in questo caso prestando il fianco ai critici più impietosi, raggiunge qui la sua sintesi più alta.

Nell'opera non mancano rotture di quarte pareti, esperimenti diegetici ed extradiegetici nell'uso della musica (tante bellissime canzoni italiane e non solo). Non aggiungo nient'altro, se non che gli ultimi 5 minuti di ascendenza felliniana (nei suoi esiti più felici), rimarrà incastonata nella storia del cinema italiano.

Gruppo STAFF, Moderatore Jellybelly  @  02/05/2023 17:50:56
   6½ / 10
Sorta di bignmino del cinema di Moretti, privo di una vera trama ma denso di autocitazioni: c'è proprio tutto, dai monologhi isterici in stile Bianca (qui sui Sabot), ai giri per Roma in stile Caro Diario (qui in monopattino invece che in Vespa), alla disillusione sul partito comunista, alla piscina, alle tirate contro i film violenti, alle invocazioni alla madre morta fino addirittura ad una sorta di Quarto Stato finale pieno dei suoi attori feticcio (tra i quali manca stranamente Laura Morante).

E quindi chi (come me, per inciso) apprezza Moretti alla fine esce dalla sala come se avesse fatto una rimpatriata con un vecchio amico; gli altri si sentiranno un po' straniati, come estranei ad una cena tra vecchi amici che si conoscono da una vita ma che loro hanno appena conosciuto - e non mi sento di fargliene una colpa.

Insomma sembrerebbe quasi un film di commiato: spero di no perché c'è sempre bisogno della penna affilata di Nanni Moretti; speriamo che al prossimo giro si sposti per farci vedere il film.

Wilding  @  30/04/2023 20:52:40
   6½ / 10
Con "Mia madre" e "Tre piani" mi aveva abituato bene ultimamente Nanni Moretti, che qui invece, per gusto mio, torna a non entusiasmarmi. Lento, quasi impacciato, un film con alti e bassi che annoiano, pur restando ampiamente sufficiente.

2 risposte al commento
Ultima risposta 07/05/2023 10.51.05
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Gruppo COLLABORATORI SENIOR The Gaunt  @  29/04/2023 14:22:57
   7 / 10
E' un ritorno al passato quello di Moretti. Il suo regista Giovanni, è una quasi reincarnazione del suo Michele Apicella lasciato a guardare il sole dell'avvenire di cartapesta in Palombella rossa. C'è tanto del suo cinema in questo suo nuovo lavoro. I riferimenti sono tanti ed innumerevoli, giocando col suo stesso cinema e col suo stesso passato politico. Può piacere o non piacere Moretti. Mai un regista qui in Italia è stato più divisivo di lui, con sua logorrea dei suoi personaggi, con il suo egoismo nel voler controllare le vite degli altri. E' un cinema comunque coerente con se stesso, alle prese con un contemporaneità in cui il suo suo Giovanni non riesce a dialogare, fra piattaforme distributive dominate da algoritmi, una violenza nel cinema che non comprende ma che deve comunque conviverci, come nell'estenuante scena sul set di un altro film. E' un film che rievoca il passato sia metacinematografico e non, ma con una spinta verso un futuro proprio partendo da quel passato, pieno di successi ma anche di errori.

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