il nastro bianco regia di Michael Haneke Austria, Germania, Francia 2009
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il nastro bianco (2009)

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locandina del film IL NASTRO BIANCO

Titolo Originale: DAS WEISSE BAND

RegiaMichael Haneke

InterpretiChristian Friedel, Ernst Jacobi, Burghart Klaußner, Steffi Kühnert, Maria Dragus, Susanne Lothar, Rainer Bock, Roxane Duran, Eddy Grahl, Ursina Lardi, Ulrich Tukur, Fion Mutert, Leonie Benesch, Levin Henning, Leonard Proxauf, Josef Bierbichler, Gabriela Maria Schmeide, Janina Fautz, Detlev Buck, Birgit Minichmayr, Carmen-Maja Antoni, Michael Kranz, Thibault Sérié, Johanna Busse, Enno Trebs, Theo Trebs, Miljan Chatelain, Branko Samarovski, Klaus Manchen, Sebastian Hülk, Kai-Peter Malina

Durata: h 2.25
NazionalitàAustria, Germania, Francia 2009
Generedrammatico
Al cinema nell'Ottobre 2009

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Trama del film Il nastro bianco

Un villaggio protestante della Germania del Nord. 1913/1914. Alla vigilia della prima guerra mondiale. La storia dei bambini e degli adolescenti di un coro diretto dal maestro del villaggio, le loro famiglie: il barone, l’intendente, il pastore, il medico, la levatrice, i contadini. Si verificano strani avvenimenti che prendono un poco alla volta l’aspetto di un rituale punitivo. Cosa si nasconde dietro tutto ciò?

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Voto Visitatori:   7,81 / 10 (145 voti)7,81Grafico
Voto Recensore:   10,00 / 10  10,00
Miglior film straniero
VINCITORE DI 1 PREMIO GOLDEN GLOBE:
Miglior film straniero
Palma d'oro
VINCITORE DI 1 PREMIO AL FESTIVAL DI CANNES:
Palma d'oro
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Voti e commenti su Il nastro bianco, 145 opinioni inserite

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  Pagina di 1  

ughetto  @  15/11/2009 00:11:22
   5½ / 10
PREMESSA. Io sono "quello della fotografia noiosa". In un commento precedente ho in effetti usato noioso come predicato ad una fotografia.
Questo ha irritato alcune persone. Rispetto la loro irritazione. Quello che voglio chiarire in questa sede è che la mia critica non è stata un errore o una leggerezza. Essa è la percisa e rigorosa conseguenza della teoria estetica che ho elaborato e sulla quale ho riflettutto a lungo durante questi anni di amore per il cinema (cioè tutti quelli della mia vita). Questa teoria estetica vuole che tutte le maestranze dell'opera cinematografica siano assoggettate ad un concetto o ad una tesi o più semplicemente ad una struttura drammatica. Se questo elemento a mio avviso apicale dell'opera viene meno, o è viziato da un male insanabile, travolge come in un domino tutto ciò che vi è sotteso. Se il pensiero è viziato la tecnica che ne ha reso possibile l'espressione diviene arida, sterile e, usando un termine colloquiale, noiosa. Questo è, in sintesi, un flash su una parte della griglia che io uso nel guardare il cinema.
Tutto ciò premesso:
COMMENTO: quando si riflette sulle significato di un'opera la prima fonte dev'essere ciò che l'autore dichiara. La prima frase recitata dalla voce fuori campo: " credo che questo racconto sia utile per capire alcune cose successe in seguito nel mio paese". Questo film non parla del nazismo, ma dell'infanzia che hanno vissuto coloro che poi vi hanno partecipato. Ed è in questa infanzia che l'autore va cercando le cause di quello che si sarebbe scatenato in seguito. Il disastro concettuale dell'opera è che il regista ha già deciso quali sono queste cause e quindi non usa la telecamera per indagare e dedurre da ciò che vede; la usa invece in modo induttivo: egli sa già cosa cerca e obbliga i personaggi ad incarnare la sua teoria storica. La telecamera non ha altra funzione che sorprendere i personaggi del film nelle loro debolezze e nelle loro tragedie umane; sulle quali pesa la terribile responsabilità di aver dato luogo alla più alta e perfetta manifestazione del male alla quale l'essere umano abbia mai assistito. Quindi essi non sono elementi di un opera in divenire, ma marionette nelle mani di un Haneke che ha già deciso qual'è il loro ruolo è qual'è la loro colpa; egli, in buona fede o meno non lo so, mettere in scena una sorta di passato mitico nel quale niente è reale, niente è indagato, niente è sfumato; ci sono solo i titanici affreschi del male che verrà o del bene che rinuncia alla sua presenza nella società. L'errore fatale è quello di aver voluto legare in una relazione direttamente proporzionale quello che è venuto prima con ciò che è seguito: dato ciò che segue è l'Orrore è l'Imponderabile è la fine del tempo ecco che la relazione diretta impone di trasferire la stessa intensità nel prima: il film è quindi condannato ad affogare, sommerso da qualcosa di inesprimibile. E' una corsa all'orrore che non finisce mai e si avvolge su se stessa.
E allora: seppur di alto livello e d'indiscussa maestria: come devo valutare la perfetta padronanza dei mezzi espressivi e il loro peculiarissimo stile? Cosa me ne faccio di un'ottima fotografia che continua a prendere celi e campi il cui destino è già segnato da una riflessione ideologica sulla storia? Cosa me ne faccio di raffinate inquadrature d'interni (per altro mirabilmente ricostruiti) quando so già per filo e per segno cosa troverò dentro le case? Ho letto nei commenti precedenti numerosi riferimenti a Bergman e Dreyer. In comune con Haneke hanno senza dubbio le suggestioni nord europee e la centralità della riflessione su dio (sovente presente nella sua negazione assoluta). Fra i tre c'è però un adifferenza. Due cercano davvero; l'altro solleva un sipario dietro al quale ha già disposto a priori dei pupazzi. E questo non può che rattristarmi e, in definitiva, annoiarmi.

2 risposte al commento
Ultima risposta 15/11/2009 19.13.11
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