Antoine Doinel è un ragazzo solo, indesiderato e incompreso. Per ribellarsi, marina la scuola e commette dei piccoli furti. Quando, con l'amico René sottrae una macchina da scrivere per pagarsi una gita al mare viene arrestato e mandato in un riformatorio.
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Uno degli esordi più clamorosi della storia del cinema. Truffaut sceglie un racconto autobiografico che gli impedisce il giusto distacco nel caratterizzare il mondo degli adulti (i genitori del piccolo protagonista sono mostrati in modo caricaturale e l'insegnante sembra più vittima di una nevrosi che di una veste autoritaria). Debolezza compensata dall'uso mirabile della cinepresa e dall'abilità nello sviluppo della narrazione, di cui la cinepresa diventa parte integrante. Da alcuni interpretato sulla scia della demolizione della sacralità della famiglia e dell'autorità scolastica, il film ha piuttosto la capacità di mostrare l'inevitabile importanza proprio di queste e di come un bambino cresciuto senza la guida responsabile e amorevole dei genitori e un'istruzione capace di conciliare umanità e disciplina, possa vivere una preadolescenza autodistruttiva e senza riferimenti, rimanendone vittima passiva o cercando una fuga e un'autodeterminazione tristemente illusorie (come lascia intendere l'immobilità del fotogramma che chiude il film).