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Uno dei temi centrali (forse il maggiore) in Salvatores, è sempre stato l'istinto di liberazione dalla rete di condizionamenti indotti dalla società, e dal nucleo familiare in primis. La forza dell'amicizia, e l'istinto di fuga. "Dedicato a tutti quelli che stanno fuggendo", mi pare recitasse in chiusura Mediterraneo.
Anche il senso che si rintraccia in "Happy family" è legato al coraggio di provarci; superare le paure (irresistibilmente elencate nel bel monologo dell'incipit); crederci fino in fondo e non solo nel buio della propria stanz(on)a di scrittore solitario e autoreferenziale. Provare a bussare alla porta della vicina, e volare con lo sguardo nei cieli sopra i palazzi di Milano. (Belle le inquadrature dal basso verso l'alto, a cogliere quanto più cielo possibile).
Di Salvatores mi piace la familiarità. L'intesa che quasi sempre riesce a creare con il pubblico ha qualcosa di confidenziale, di pulito, di sincero. E' anche il suo limite. E la mancanza di cattiveria, l'assenza di acidità delle sue commedie, se - in casi felici come Happy family - a lui la perdoniamo con condiscendenza (vuoi perché con l'originalità del tocco vuoi perché con la tenerezza di alcune situazioni, ci ha convinto), altrove è la causa principale della crisi della commedia all'italiana. Senza calcolare proprio i cinepanettoni, che fanno genere a sé, la commedia all'italiana per conquistare il pubblico, oggi più che mai ha bisogno di compiacere lo spettatore, di blandirlo. Insomma, tranne in casi isolati e poco visibili, la commedia che fa cassetta è quella che assolutamente NON porta l'italiano a specchiarsi nei propri vizi, nella grettezza, nella bassezza e mediocrità non dico de "I mostri", ma almeno di "Amici miei".
In questo film di Salvatores l'originalità è in forte debito (più che di Pirandello, che non c'entra molto e lo rivela coscientemente Salvatores stesso, esibendo il rimando con una citazione esplicita) di Wes Anderson e dei suoi "Tenenbaum". L'eccentricità del film, e anche quella dei suoi personaggi, rimanda a quel film. L'omaggio di Salvatores è consapevole e trucca la ragazza di modo che somigli a Gwineth Paltrow in quel film, e il ragazzo gioca a tennis come un altro dei fratelli dei Tenenbaum. L'infelicità di partenza, e la riconciliazione finale, provengono anch'esse dai Tenenbaum.
Ma, anche prescindendo dall'assenza di cattiveria (che sarebbe scorretto imputare a difetto del film, ma certo ne è un limite), vorrei che Salvatores mi rispondesse a tre domande, per spiegarmi la tenuta di credibilità del suo messaggio - che resta circoscritto alle classi agiate. Il protagonista scrive. Ma come si paga da vivere? Lo dice: grazie a una grossa eredità. Fortunato. Chi rappresenta? Abatantuono - disegnato come un simpatico adolescente perdigiorno di 50 anni - è una specie di skipper. Chi rappresenta? Bentivoglio, ricco avvocato altolocato, alla fine può beneficiare di una favolosa suite in ospedale A PANAMA, con una impagabile vista sul mare. Chi rappresenta in questo caso lo capiamo bene. Nè per carità gliene vogliamo; siamo anzi contenti per lui; però non tutti potrebbero permettersi quella clinica, decisamente. E allora ecco come, di questo passo, tutto sia un po' troppo facilmente edulcorato.
Molto bella la sequenza del concerto di pianoforte. Il notturno di Chopin, con l'intuizione di abbinarvi le scene mute e in b/n della Milano "nascosta", quella dei lavoratori (gli addetti alle pulizie, i macchinisti delle metropolitane, ecc.) e dei turni di notte, consentono una duplice riflessione nello spettatore. La prima è epidermica: quella musica sospesa, così intima, invita a raccoglierci un attimo, allontanarci dalla frenesia con cui la quotidianità ci allontana dall'autenticità, e recuperare un briciolo di spirito. Ma - e questa è la seconda riflessione - quanto spesso possono - o anche solo pensano - i protagonisti di quella sequenza (e cioè i lavoratori: quelli che puliscono le strade, che guidano i treni, anche di notte) di permettersi il lusso di entrare in un teatro di gente della Milano "bene", per astrarsi dalle loro quotidiane incombenze, e godere anche loro dei benefici per lo spirito di un notturno di Chopin?
Salvatores parla a un pubblico di "borghesi" viziati (un po' tristi e meschini), quali siamo in tanti, e ci consola, e ci racconta che la vita può essere più bella. Mh.