Fine anni '80 a Parigi: un gruppo di giovani attori è appena stata ammessa a Les Amandiers, la prestigiosa scuola di teatro diretta da Patrick Chéreau. Sono all'inizio della loro vita e della loro carriera. Lungo la strada impareranno, reciteranno, ameranno, avranno paura, vivranno al massimo e affronteranno anche le loro prime tragedie.
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Si lascia seguire in modo molto piacevole per via dell'ambientazione (il continuo fermento degli anni '80) e la cura nella narrazione nel suo complesso e dell'intreccio di storie. La lunghezza non pesa assolutamente: si è proiettati nella realtà della scuola di teatro dove, come nella realtà (ho avuto qualche piccola esperienza tempo fa) può succedere di tutto e di più. Nonostante questi indubbi pregi, non si riesce a provare una reale simpatia/antipatia per i personaggi (in particolare i 2 protagonisti) non viene più di tanto la voglia di sapere come va a finire, forse perchè non scava realmente a fondo nelle loro caratterizzazioni.
La ricetta potrebbe essere un poco questa: mettete in una padella una manciata di Philippe Garrel (beh ovvio ci recita il bellissimo figlio) e Assayas, condite con un tocco "americano" di Chorus Line e magari Sinclair Lewis, aggiungete su una terrina a parte una salsa di Nouvelle Vague, soprattutto Godard ("Band a part" è letteralmente citato), le canzoni di Brel e un "piccante" odore di Esistenzialismo fuori tempo massimo, e avrete il film. Troppo reducismo, troppi personaggi relegati ai cliché della Dannazione ad ogni costo, troppa riflessione sull'arte (il Teatro) come la Vita, o la Morte a cozzare contro tutto e le grandi aspettative e il bisogno d'amare... Già il bisogno d'amare, nonostante l'AIDS degli anni 80", e una parte centrale che gira un po' a vuoto... Eppure nonostante le sue pecche il film della Bruni Tedeschi (certo, il suo migliore) ti mette con le spalle al muro. Perché ha una vitalità disarmante, una sorta di urgenza espressiva che ti fa invidiare i personaggi anche a causa delle loro imperfezioni. Va detto che contiene momenti di buon teatro e che verso l'epilogo supera ogni aspettativa e riserva. Voglio dire, per quanto sfruttata possa essere questa ricerca di Libertà uccisa e derisa dagli Eventi Esterni, questo film mi si è attaccato addosso, e non sono riuscito a frenarmi
Credo che il problema di fondo di questo buon film sia la scarsa empatia che si raggiunge con i due protagonisti. La ricca e fragile Stella intenta a salvare il fin troppo palesemente dannato Etienne in una specie di incubatore che è la prestigiosa scuola di teatro Les Amandiers. Un covo di disperazione, ambizione e frustazione dove l'amore per il teatro è fagocitato dal sentimentalismo, dagli eccessi e dalla promiscuità. Come succede in tutte le scuole di teatro (l'ho vissuto in prima persona). Ciò che veramente contava è la radice dei personaggi che è solo accennata in alcuni dialoghi e che, se invece esplorata, avrebbe dato conistenza a questa dimensione filmica che rimane fin troppo teatrale nel teatro. La Bruni Tedeschi padroneggia il mezzo, ma non è Bertolucci, nonostante la grana della pellicola e un'ambientazione credibile e curatissima. C'è poca famiglia, poca politica. Sprazzi di paura da aids, chernobyl, messi sullo sfondo per contestualizzare ma senza mettere a fuoco. Come alcuni film autobiografici, il film rimane informe, quasi un ripercorrere la memoria cercando una struttura drammaturgicam che sfugge all'autrice. Ma anche allo spettatore.