Michael Moore esamina cosa è successo agli Stati Uniti dopo l'11 Settembre. Inoltre descrive i rapporti tra Bush e Bin Laden e come siano diventati nemici mortali.
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Di solito mi piacciono molto le opere di denuncia, se sono ben fatte. Da circa 14-15 anni mi guardo i Simpson e continuo a vedere altri cartoni come "I Griffin" e, molto sporadicamente, "Southpark". Oltretutto ammiro molto le produzioni di regist chiaramente di parte come Romero o Carpenter. Diciamo pure che ho una passione incontrollata verso questo genere di produzioni. Partendo da questa introduzione devo comunque ammettere che purtroppo questo "Fahrenheit 9/11" non mi ha assolutamente colpito, nè tantomeno coinvolto. A dire il vero, non sono nemmeno riuscito a guardarlo fino al termine, vista la (quasi) stupidità del prodotto finale. Il regista, invece di approntare una critica pungente, inserisce un'orgia di nomi e di immagini che complicano non di poco la scorrevolezza del documentario. Ogni nome, ogni episodio, ogni parola installata nel film sembra una dichiarazione di guerra contro Bush. Il direttore, più che colpire diritto al cuore (stile "Griffin" o Romero), si arrampica sugli specchi, adossando ogni singolo problema dell'America attuale all'operato dei due famosi George Bush. "Lo sciaquone del ces.so ti si è rotto? Non ti preoccupare, la colpa è di Bush!". Quindi, sopratutto nella prima parte, Moore eccede in stupidi processi alle intenzioni che finiscono col far cadere nel ridicolo non tanto il texano più famoso al mondo, quanto lui stesso: in particolar modo, al momento dell'attacco alla seconda torre, quella Sud, l'immedesimazione di Moore nei pensieri di Bush risulta assolutamente ridicola. Capisco che questa dovrebbe essere un'ironia atta a prendere in giro il presidente americano, ma più che risultare satirica, mi pare assolutamente mediocre e fuori luogo. Quindi, si può tranquillamente affermare che quello che doveva essere un documentario destinato a mettere in dubbio, anzi destabilizzare, il governo Bush, altro non si è rivelato che una tenua e alquanto superficiale critica di ogni mossa compiuta da Bush. A mio modestissimo avviso, se si vuole portare un'attaco preciso contro qualcheduno (e anche piuttosto importante come in tal caso), è corretto analizzare ampliamente una singola scelta o azione e non criticare tutto e tutti, inserendo decine di nomi che non dicono assolutamente nulla. In poche parole, Moore non fa altro che rendere i Bush i capri espiatori della situazione. Però devo sottolineare che certe scelte umoristiche adottate dal regista sono assolutamente irresistibili ("Dov'è che una persona va quando è in difficolta? In vacanza!" "Nessuno prenderebbe l'aereo dopo l'11 settembre, tanne BIn Laden!"), anche se risultano piuttosto simili alle uscite umoristiche dei Griffin. Mi duole anche ammettere la pessima edizione italiana che a tratti, traduce con un doppiatore e, in altri, inserisce i sottotitoli. Non era più logico lasciare il documentario in lingua originale e sottotitolato, o, ancora meglio, tradurlo completamente? Infine ammetto che è molto importante la produzione, nonchè la successiva pubblicazione di "Fahrenheit 9/11" (e di altri film di propaganda), in quanto sono simbolo di una certe democrazia, nonchè di una totale libertà di parola che consente (anche alle persone più mediocri) di proferire il loro pensiero circa motivi che trovano loro in disaccordo. Nel momento in cui non sentiremo più parlare persone come Moore vorrà dire che anche il mondo occidentale ha preso una brutta piega.