Un barone siciliano, Ferdinando Cefalù, si innamora di Angela, una cugina sedicenne da cui peraltro è ricambiato. L'unico ostacolo è rappresentato dalla moglie di Ferdinando, Rosalia, una donna brutta e petulante. L'arrivo del pittore Carmelo Patané, vecchio amante della moglie, sembra poter mettere a posto le cose.
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"Divorzio all'italiana" è uno dei titoli più famosi del genere Commedia, il lavoro di Germi spopolò ovunque, il film mette infatti in risalto i costumi, le ferree tradizioni della Sicilia, la regia cerca di criticare alcuni aspetti, come il sacrosanto articolo 587, la (presunta) arretratezza dell'Italia, critica che si sviluppa comunque in un clima di massima comicità, a tratti davvero tagliente e beffarda.
In grande risalto per questo film gli attori, su tutti, ovviamente, il famosissimo Marcello Mastroianni in una prova sontuosa, giocando molto sulla sua immagine (nel film) di personaggio raffinato ma sotto molti aspetti scaltro e diabolico. A rendere grande il quadro tecnico delle note positive una bellissima fotografia, da elogiare poi una grande scenografia e le musiche intonate al contesto esilarante de "Divorzio all'italiana". La pellicola si sviluppa su una narrazione molto buona, comunque (purtroppo) c'è qualche punto morto nella trama specie a metà film; in linea di massima non mancano sequenze farsesche e molto divertenti scandite da prodigiose inquadrature. Da prendere in considerazione la scena della riunione politica comunista con la folla che fragorosamente si esprime a dovere sulla moglie di Ferdinando Cefalù; grande la trovata dell'avvocato che fra giri di ridondanza e poesia funge persino (a tratti) da voce narrante e inoltre verso il finale fra le sequenze da annoverare (tecnicamente perfetta) quella del "popolo" che legge i giornali con la notizia del delitto d'onore!
"Divorzio all'italiana" resta un vero e proprio pilastro del Cinema italiano, a tratti davvero entusiasmante, Germi ricalca, riporta su pellicola un popolo, una mentalità satura di onore e rispetto, come quella siciliana, fra classe e caos; eleganza tecnica mescolata con dosi di un'allegra ed affascinante "sguaiatezza" di fondo che magnifica l'apparato narrativo e concettuale della regia.